Partiti e politici
“Ladri ! Ladri !” . Curare il populismo con l’omeopatia
I sostenitori delle riforme costituzionali raccontano da sempre lo scontro tra Sì e No al referendum come un conflitto tra la speranza e la paura, tra la fatica di chi prova a costruire un futuro migliore per tutti, e la resistenza di chi vuole rimanere ancorato ad un passato ricco di privilegi privati e personali.
La recente vittoria di Trump ha aggiunto un nuovo argomento: votare Sì sarebbe l’unico argine, nel nostro paese, al trionfo di un personaggio analogo, con il suo carico di razzismo, sessismo, violenza, eccetera, eccetera.
Insomma, da una parte la determinata ragionevolezza dei riformisti, dall’altra la rabbiosa reazione dei populisti.
Solo che, a guardarsi attorno, questa limpida distinzione sembra venire meno. Porto ad esempio il capoverso iniziale di un post sul sito del Comitato per il Sì, condiviso con gioiosa soddisfazione da un mio contatto Facebook, esponente del PD, impegnato nelle istituzioni.
Un bottino di 30 milioni l’anno, dritto dritto dalle tasche degli italiani a quelle dei politici. È a difesa di questo tesoro che consiglieri regionali di ogni parte d’Italia si stanno mobilitando per dire No alla riforma costituzionale, alla faccia della trasparenza e del risparmio.
Nel seguito dell’articolo, si accenna al fatto che grazie alla riforma proposta, sono aboliti i rimborsi ai gruppi consiliari regionali. Non so bene quali siano i meccanismi attraverso cui questo dovrebbe succedere, e immagino che per evitare gli abusi di spesa nei Consigli regionali ci fossero altri strumenti, meno invasivi che cambiare la Costituzione, ma confesso di non aver approfondito, perché non è questo il punto.
Il punto è il linguaggio, quello che dice, e quello che lascia intendere. Si usa la parola “bottino”, che è notoriamente quello che mettono da parte i ladri, o i truffatori; quindi, i politici quello sono: ladri. E infatti, si ribadisce, è proprio per quello che molti si oppongono alla Riforma Costituzionale: è semplice, vogliono continuare a rubare, e a gozzovigliare alle spalle dei cittadini. Se qualcuno ancora non avesse capito – ma è difficile – a introdurre il testo un’immagine piuttosto evocativa: l’ex Consigliere Regionale del Lazio Fiorito, divenuto tristemente famoso qualche anno fa per una sordida storia, appunto, di denaro sottratto alle istituzioni per fini personali; “Batman”, questo era il suo soprannome, è lì che si giustifica, sprofondato nella poltrona di uno studio televisivo, grondante laidità, corruzione e disprezzo per noi poveri fessi che lo guardiamo, e paghiamo i suoi conti.
Il post in questione non è il primo di questo tono, e fa parte strategia argomentativa che è facile immaginare diventi più pressante nelle settimane che mancano al voto: “vota Sì per diminuire i politici”, “Chi vota No è la casta”, fino alla recente scelta di eliminare la bandiera dell’Unione Europea alle spalle di Renzi in alcune occasioni pubbliche, sono i primi esempi che vengono in mente.
E’ possibile che nel breve periodo queste scelte paghino, considerando quanto l’opinione pubblica sia ricettiva nei confronti di messaggi simili. Viene qualche dubbio in più se si sposta lo sguardo sul periodo medio-lungo: fare propri gli argomenti, le retoriche, e spesso le soluzioni dell’avversario, in molti casi finisce per rafforzarlo.
Parafrasando la citatissima frase di Giorgio Gaber – “Non temo Berlusconi in sé, temo Berlusconi in me” – si potrebbe consigliare al Presidente del Consiglio di avere qualche cautela in più nel nutrire il “Grillo in sé”. Perché a illudersi di cavalcare il populismo e poterlo dirigere dove si vuole, si rischia di essere disarcionati, o di essere portati a spasso contro la propria volontà. “Mosche cocchiere”, avrebbe detto Togliatti; ma lui era uno della casta, lo ammetto.
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