Partiti e politici

L’ABC della politica e del voto, di Adriano Teso e Fabio Cesaro

21 Dicembre 2020

L’ABC DELLA POLITICA E DEL VOTO è il libro intervista di Fabio Cesaro ad Adrianto Teso, edito da Libertates Libri con la prefazione di Francesco Forte e i commenti di Giovanni Guzzetta, Giancarlo Pagliarini, Claudio Martelli e Fausto Bertinotti. Per gentile concessione dell’editore, pubblichiamo l’intervento di Claudio Martelli, originariamente pubblicato sull’edizione dell’Avanti! di luglio e agosto del 2020, dal titolo “Un centro di potere politico e clientelare controlla il CSM”.

Adesso c’è anche il corpo del reato. Una microspia denominata Trojan (come il celebre cavallo) piazzata nel telefonino dell’ex presidente della ANM, Palamara, ha registrato gli indicibili accordi e gli intrighi contrattati tra i capi corrente della magistratura e tra loro e alcuni politici. Sono centinaia le intercettazioni ormai pubbliche e coinvolgono senza eccezione alcuna tutte le correnti della magistratura. Saranno loro il sudario non solo di alcune brillanti carriere ma anche di un modo infame di praticare l’associazione tra magistrati?

Un anno fa, al primo divampo dello scandalo, il presidente della Repubblica davanti al CSM denunciò “l’evidenza della degenerazione del sistema correntizio e l’inammissibile commistione tra politici e magistrati”. Le parole di Mattarella erano senza precedenti, invece la situazione di precedenti ne aveva molti e la gravità del fenomeno nota da gran tempo. Trent’anni fa da ministro della giustizia sollevai la questione e ne scrissi ampiamente a Cossiga presidente della repubblica e del CSM. Da allora non si contano le denunce di giuristi, giudici e pubblici ministeri tra i più stimati per non dire di quelle di avvocati, di politici, di giornalisti e di una vasta pubblicistica. Lo dico per testimoniare che non tutti in Italia avevano perso il senso dello Stato, ma anche a riprova della tetragona arroganza della magistratura politicizzata schierata a difesa di un groviglio di interessi, di clientele personali e di gruppo, di cordate di potere pronte ad usare tutte le armi sino alla diffamazione e alla calunnia, sino a muovere azioni penali per eliminare dalla concorrenza un collega meglio piazzato.

Le correnti della magistratura oggi balzate al disonor delle cronache hanno ormai poco a che vedere con gli originari raggruppamenti di opinione che negli anni sessanta si cristallizzarono in tendenze ideologiche e nelle relative organizzazioni. Quelle correnti storiche e l’ANM che le conteneva erano parte del vasto processo di democratizzazione delle istituzioni che con la nascita della Repubblica investì l’ordine giudiziario come, in misura molto minore, altri corpi dello Stato – dalle Forze Armate alle Forze dell’Ordine. Con la Costituzione la magistratura ha conquistato l’autonomia e l’indipendenza che le erano state sottratte dalla dittatura fascista e insieme il diritto ad autogovernarsi attraverso il Consiglio Superiore. I vecchi modelli gerarchici e la subordinazione al Governo furono spazzati via e al loro posto, gradualmente, si è insediata una forma particolare di democrazia giudiziaria o magistratura politicizzata ricalcata sull’esempio della partitocrazia. La maggioranza dei membri del CSM è infatti eletta dagli stessi magistrati in libere elezioni cui partecipano tutte le correnti associate nell’ANM più o meno come fanno i partiti politici quando eleggono il Parlamento. E proprio da qui, da questa cruna d’ago elettorale, sono passate la democratizzazione e la politicizzazione della magistratura italiana e anche la degenerazione dell’associazionismo. Per conquistare i voti dei colleghi ogni corrente spende promesse di incarichi, promozioni, distacchi. Tot voti alle correnti uguale tot seggi nel CSM uguale tot percentuale di incarichi per i propri militanti.

All’inizio si trattò dell’emergere di faglie culturali, di un confronto ideologico tra concezioni del diritto e della deontologia professionale. Confronto per certi aspetti salutare ma non privo dei rischi connessi alla ideologizzazione del diritto e dei diritti. Poi, i contenuti ideali, la dialettica giudiziaria e quello specifico pluralismo di culture e di sensibilità vennero fagocitati e travolti dalla logica di appartenenza a schieramenti politici e a correnti organizzate. E dalla smania di potere. Parallelamente, gli sviluppi e le necessità della società complessa sommate all’entropia di un corpo come quello giudiziario hanno espanso le competenze e i poteri della magistratura fino a farla esondare ben al di là dai confini della giurisdizione.

Di particolare rilievo l’impiego sempre più frequente di magistrati distaccati dal loro ruolo e impegnati in quello di dirigenti e consiglieri di ministeri e di tante altre amministrazioni pubbliche. Nel solo Ministero della Giustizia sono distaccati 130 magistrati.

Col tramonto delle ideologie politiche e giudiziarie il reclutamento dei giovani, la spartizione delle nomine, delle promozioni, dei distacchi e delle sanzioni divenne la ragione principale e lo scopo dell’esistenza delle correnti interne alla magistratura e le correnti, sbiaditi i colori ideologici, assunsero sempre più carattere politico e clientelare.

Come si è sempre saputo e come provano le conversazioni intercettate, la principale attività e il vero potere delle correnti e dei loro capi nell’ANM e nel CSM son quelli di decidere le nomine, le promozioni, i trasferimenti, ma anche le sanzioni disciplinari attraverso un negoziato permanente fatto di scambi elettorali, di favori, di influenze ma anche di minacce, di ricatti e persino di campagne di denigrazione e di delegittimazione dei candidati sgraditi anche azionando l’iniziativa penale.

Il principale inquisito, l’ex presidente dell’ANM, Luca Palamara, ha dichiarato: “questo è il sistema e io non sono certo l’unico responsabile”. Per una volta non me la sento di dargli torto. Ma, se questo è il sistema, il sistema va cambiato. Non è accettabile che la vita e la professione, l’autonomia e l’indipendenza dei singoli magistrati siano condizionate da un’associazione privata, l’ANM, a sua volta in balia di quello che le più alte istituzioni dello Stato hanno bollato come “correntismo degenerato” e altri magistrati hanno bollato come “il cancro della magistratura” (Cantone) o come gruppi che agiscono con “metodi mafiosi” (Di Matteo).

Come uscirne? Come cambiare un sistema in cui sono proprio queste correnti degenerate riunite in un’associazione privata – l’ANM – a comporre e a tenere in ostaggio un organo costituzionale – il CSM – che deve decidere in modo imparziale sulla base di criteri il più possibile oggettivi?

Partiamo da un principio, credo, condiviso: che i magistrati si riuniscano, discutano di problemi di comune interesse, si associno in forme e per scopi sindacali, che esprimano pareri pubblici su questioni pubbliche, costituisce un diritto democratico e una garanzia della loro e delle nostre libertà. Ma le correnti reali non sono quelle, non cantano messa in cielo. Come abbiamo letto e imparato, queste correnti, l’Associazione che tutte le raduna, il CSM che tutte le rispecchia e le rappresenta sono un tutt’uno, hanno creato un centro o un sistema di potere del tutto anomalo. Il sistema decide il destino professionale di tutti e di ciascun singolo magistrato. Lo stesso sistema – correnti, ANM, CSM – si occupa anche di contestare decisioni dei governi o dei parlamenti intervenendo con eccitati pronunciamenti anche in materie che non concernono la magistratura. Dunque, il sistema giudiziario oltre alla politica spicciola, sindacale, clientelare e corporativa, partecipa anche alla grande politica. Con i magistrati che guidano gli uffici cruciali dei ministeri il sistema è coautore di atti di governo, con quelli in servizio nelle commissioni parlamentari partecipa all’attività legislativa, di controllo e di ispezione delle Camere infine con l’ANM e il CSM quell’anomalo centro di potere contratta e contrasta – a torto o a ragione – atti di governo e del Parlamento. Si badi bene: a questa effervescenza politica partecipa un’esigua minoranza di magistrati. La grande maggioranza oltre che svolgere il proprio lavoro si limita a votare i suoi rappresentati di corrente/partito/clientela e a loro delega la tutela degli interessi personali oltre a quelli di categoria. L’ampia partecipazione alle elezioni interne è dettata dal desiderio di essere tutelati e si spiega con il carattere misto di una delega che è sindacale, politica e clientelare al tempo stesso. Infine a prevalere anche in questo ambito è la paura. La paura di restare senza protettori cioè soli di fronte agli incidenti di una professione rischiosa e competitiva o quando il CSM tratterà qualcosa direttamente o indirettamente ci riguarda.

Se il sistema rimane quello vigente o ci si limita a correggere i meccanismi elettorali non c’è speranza di emancipare il CSM dai condizionamenti e dal mercato delle poltrone. Pur attraente come embrione di separazione delle carriere anche l’ipotesi di scindere l’attuale CSM in due tronconi, uno per i giudici l’altro per i pubblici ministeri, non reciderebbe i nodi con cui le correnti terrebbero prigionieri i due CSM. Ammesso che superasse il vaglio di costituzionalità.

Che fare dunque?

Come avevano capito gli antichi quando l’esperienza vissuta mostra che malcostume, clientelismo e indicibili accordi corrompono l’elezione e l’attività di un organo dello Stato quale è il CSM meglio, molto meglio, affidarsi alla sorte o meglio al sorteggio che allora appare come l’unica soluzione purificatrice perché libera tutti dall’utilità di malfare, cioè al sorteggio che Coloro che obiettano che la Costituzione parla di elezione del CSM e che il sorteggio non è un’elezione sembrano ignorare sia la lingua italiana sia le leggi vigenti. Per la lingua il sorteggio è anche un metodo di scelta o di elezione cui si ricorre nei casi di parità di merito tra i candidati. In Italia le leggi in vigore già prevedono il sorteggio almeno in due casi: per scegliere i giurati popolari e i giudici del Tribunale dei Ministri che, infatti, vengono sorteggiati ogni due anni nei distretti giudiziari.

Tanto basta per concludere che nulla osta a scegliere di sorteggiare i futuri membri del CSM da un albo cui possano iscriversi tutti i magistrati. O si cambia sul serio o l’ondata di fango che ha colpito la magistratura politicizzata non si fermerà.

Claudio Martelli

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