Partiti e politici
La vergogna della politica che tutela interessi privati e sessisti
“C’era una volta un re, seduto sul sofà, che chiese alla sua serva, raccontami una storiella. La serva incominciò. C’era una volta un re, seduto sul sofà, che chiese alla sua serva, raccontami una storiella. La serva incominciò”
Le teorie più bislacche avanzano nel fare nomi che potrebbero sostituire Mattarella al Quirinale.
Candido, o l’ottimismo, è un racconto filosofico di Voltaire che mira a confutare le dottrine ottimistiche quale quella leibniziana. Lo scrittore francese fu stimolato sicuramente dal terremoto di Lisbona del 1755 che distrusse la città, mietendo migliaia di vittime. Voltaire scrisse prima un poema sul cataclisma e successivamente redasse il Candido; egli scrive il Candido in un periodo successivo a numerose persecuzioni nei suoi confronti che l’hanno portato sulla via di una visione disincantata del mondo.
Candore dovrebbe essere la qualità che un presidente della Repubblica possiede oltre alla conoscenza di trame e fatti politici. Dovrebbe essere una persona sensibile alle politiche giovanili, favorire politiche per le famiglie, essere sensibile alle difficoltà ancora vissute dalle donne in una società che paventa dietro il progresso e l’emancipazione, una mentalità ancora bigotta e retrograda.
Viviamo in una società ancora patriarcale, una donna è realizzata se è sposata ed è madre, se è stata capace di generare figli. Diversamente nell’immaginario collettivo, è una donna che spreca il suo tempo a curare l’aspetto fisico, a mostrarsi avvenente, a divertirsi, a cercare l’uomo che possa permetterle una vita agiata. Certo la televisione non aiuta. Facendo zapping, si incappa in una serie di trasmissioni televisive che sicuramente rallegrano l’animo per la leggerezza e la comicità con cui la donna è ancora rappresentata. Una donna alla ricerca di un fidanzato, che è disposta a usare tutte le armi della seduzione per poter accalappiare un uomo.
Le competizioni elettorali democratiche, organizzate da un controllo rigido di media sempre più poveri di idee e pluralismo, non riescono a sottrarci dalla stretta di questo sistema. Politiche che un tempo avremmo rigettato, oggi sono l’oggetto di tribune elettorali, se ne discute sui social, con gli amici, creano fazioni. L’accettazione di questa competizione trova giustificazione nel fatto che la competizione è divenuta il pilastro stesso della nostra società; quello che accade in un’aula scolastica non è altro che la riproduzione di quello che accade nel mondo. Si compete, si fa a gara a chi riesce ad ottenere un voto migliore, che non sempre corrisponde al fatto di essere una persona più capace in intelligenza o doti umane. Siamo parte di un sistema che vuole competere per arricchirsi, che si pensa come imprenditore di se stesso.
Un atteggiamento simile è rintracciabile nella politica assunta da Vittorio Emanuele III nel momento in cui affidò il potere a Mussolini dietro la minaccia della rivoluzione, il non averlo congedato in seguito all’indignazione sollevata dal delitto Matteotti e l’avergli riconfermata la fiducia accettando la sostituzione dei ministri dimissionari, quando il capo del fascismo prese su di sé la responsabilità dell’assassinio Matteotti. Vittorio Emanuele acconsentì a tutte le riforme fasciste che gradualmente demolirono le libertà garantite dallo Statuto, a cui aveva giurato fedeltà salendo al trono, e che trasferirono la maggior parte dei poteri a Mussolini creando quel sistema della “diarchia” che lasciava al re solo il primato nominale. Una codardia che replicherà il 9 settembre, il giorno seguente l’annuncio dell’armistizio, quando lascia Roma e fugge abbandonando il suo popolo, pensando solo a salvare se stesso.
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