Partiti e politici

La solitudine della disintermediazione. Livorno e la politica dei rifiuti

11 Dicembre 2015

Sarà che la parola disintermediazione non mi è mai piaciuta -io con le parole ci lavoro e questa ha un brutto suono. Sottigliezze di fonetica, le mie: se disintermediando, ossia superando i corpi intermedi tradizionali di comunicazione tra cittadini ed enti o tra cittadini e cittadini, tutto diventa più semplice, ben venga. Ma il prefisso dis-, in greco, vuol dire difficile, e le parole, riportate al loro significato vero al netto dell’ipertrofia del significante (storytelling!), raramente mentono.

Sono di Livorno, ho vissuto e sto vivendo la questione rifiuti. Sono io, insieme ai miei concittadini, a chiedermi se oggi avrò modo di gettare la mia immondizia in modo consono, domani chissà: avrei avuto tutto il diritto di esprimermi in queste settimane e invece ho preso tempo, ne avevo bisogno. La vicenda Aamps mi ha insegnato molte più cose di quanto mi aspettassi -da cittadina e da professionista di comunicazione. 

Che la gestione di Aamps, la municipalizzata che si occupa dello smaltimento rifiuti a Livorno, fosse un serio problema per le casse comunali non è stata certo una sorpresa- “metafisica finanziaria”, così definisce Simone Lenzi nel suo magnifico Lungomai la principale occupazione dell’Aamps, che da anni ha esternalizzato i servizi a cooperative -sono proprio i lavoratori di queste cooperative a scioperare oggi nel timore dei licenziamenti, dopo la decisione del sindaco Nogarin di portare i libri contabili di Aamps in tribunale. Sciopero, e dunque nessun cassonetto svuotato: ecco l’emergenza rifiuti di Livorno. (Drammatica quasi come l’emergenza del Colosseo chiuso per qualche ora per riunione sindacale -anche lì lavoratori contro un servizio dovuto ai cittadini, ma quella è cultura, questa nostra è monnezza)

 

Non sono interessata a formulare ora valutazioni politiche né sul PD né sul M5S, che hanno subito chiamato, a loro reciproca difesa e accusa, il passato e il presente. Quelli che godono nel rimestare nel passato si sentono eterni: non finiranno mai, perché di passato ce n’è sempre, e finche ce n’è, loro sempre ci saranno. Quelli che godono nell’urlare allo scandalo per il presente, dovrebbero poi trovare un credibile modo di cambiarlo se non gli va bene. Insomma, politicamente parlando, a Livorno sembrano avere tutti le loro ragioni, ma nessuno sembra voler trovare una strada: è su quella strada, però, che vivono i cittadini, in questa vicenda lasciati ai margini, anzi, proprio sull’uscio dalla politica. 

Ciò che più mi ha colpita della vicenda rifiuti è stata, appunto, la disintermediazione di cui parlavo sopra. Il problema è stato condiviso con la città in modo così disintermediato da diventare solitudine -la solitudine, politica e civica, dei cittadini con il loro sacchetto dell’immondizia in mano davanti al cassonetto. 
Quando ho appreso dell’emergenza rifiuti, ero fuori città: al mio ritorno, temevo di non trovare nemmeno più la via di casa tanto drammatica mi era sembrata la vicenda sui social -già, lo stato di emergenza della mia città l’ho appreso dai social: perché nessuna amica, nessun vicino, nessun’anima buona mi ha chiamata in tale condizione di pericolo per la mia incolumità? Appena rientrata, non solo ho ritrovato la mia di casa, ma ho capito cosa stava accadendo a Livorno vivendo, da cittadina, gli sviluppi della vicenda, dalla tragicomica seduta fiume del consiglio comunale del 30 novembre fino al corteo dei lavoratori Aamps di ieri.

Corteo lavoratori Aamps, Livorno, 10 dicembre
Corteo lavoratori Aamps, Livorno, 10 dicembre

Ed ecco cosa ho capito: disintermedia e disintermedia, i piani della realtà si sono separati. Due realtà diverse con finalità diverse.

La politica nazionale ha voluto fare di Livorno uno spin per le prossime amministrative: volete votare il M5S? Ecco cosa vi accade, #monnezzaacinquestelle. Volete votare il PD? Ecco cosa vi accade, #iononpagoperilpd. Sia chiaro, la politica nazionale ha tutto il diritto di farlo, dai selfie con l’Unità davanti ai cassonetti al Sacro Blog di Grillo che chiama in aiuto i rinforzi.
Da amante di Livorno avrei preferito che, per una volta, “la meno toscana delle città toscane“, per definirla con il magnifico Caproni, saltasse agli onori delle cronache per il mare o per un qualcosa di minimamente bello -che so, un mercatino natalizio nelle due fortezze, Vecchia e Nuova, sempre vuote a uso gabbiani. Livorno ne ha passate tante, ma proprio tante, e tante ne passerà, vista la miseria che noto sempre più nera in città (gente che fa pesare ogni michetta di pane per averne il più possibile con gli unici due euro che ha in tasca, vecchie che contano le fette di prosciutto che si possono permettere dal salumiere, sfratti ogni settimana).

Ma tant’è, monnezza abbiamo da offrire noi livornesi e che di questo si parli sui social, nelle tv e sui giornali nazionali -che, appunto, avendo un target politico nazionale, sono meno interessati a trovare una strada per la città, ma determinati a emettere una condanna politica in un quarto d’ora, prima della pubblicità.

In toscano ci sono due avverbi di luogo che rendono bene l’idea: costì e qui. Costì indica il luogo dove si trova la persona cui ci si rivolge, qui indica il luogo dove si trova il parlante. Ecco, la politica ha parlato della vicenda di Livorno costì -altrove, non qui, a Livorno.

Livorno? L’impressione che ne ho avuto io, da professionista della comunicazione e anche un po’ della livornesità, è che di questa ribalta nazionale grazie alla monnezza non se ne sia nemmeno accorta. O, se pure se n’è accorta, non le è importato poi molto –ciò che importa è il cassonetto sotto casa, non le sorti delle prossime amministrative altrove (da Milano a Grosseto, dove i sondaggi danno il M5S comunque vincente) grazie al bell’esempio di Livorno.

Di certo, chi ha veicolato idee politiche sui social, non parlava alla città di Livorno, che i social poco li usa, i giornali nazionali pure, la tv altrettanto. C’è stato e sempre ci sarà il Tirreno a seguire e a raccontare alla città cosa stava accadendo -per me il più bel giornale del mondo ma, appunto, un giornale, il cui fine è documentare e non dare risposte politiche o trovare soluzioni amministrative. 
Quindi chi è ha condiviso opinioni, spiegato, dato risposte, trovato strade oltre che ragioni con i livornesi? Nessuno. Da un lato il sindaco, dall’altra i cortei. Disintermediazione è diventata solitudine. E, da soli, è difficile ragionare. L’analisi politica più comune e più fine che ho sentito tra i miei concittadini è stata:

tu stai con il sindaco o con gli spazzini?

Ho sempre risposto che non sapevo che sindaco e spazzini giocassero nel Livorno Calcio. La politica della solitudine che diventa politica da stadio –per chi tifi? Difficile, da soli, ragionare, dicevo. Difficile, a questo punto, ricordare che gli spazzini sono cittadini e il sindaco è il primo cittadino, che Livorno è la nostra città e quindi è al suo bene che dovremmo puntare -ambire no, questa città non conosce ambizione- o almeno al meno peggio.

L’amarezza, in questa vicenda rifiuti, è che non ci sia stato un corpo politico medio, intermedio, piccolo o grande, di qualunque colore, che abbia parlato alla città con l’obiettivo di trovare una soluzione.

Se ha un dono, Livorno, è quello di anticipare certe tendenze -una città Cassandra sulla sua pelle, e non è una fortuna. Le elezioni di un anno e mezzo fa restano a memoria.  Anche la solitudine politica che è seguita in città resta a memoria -a luglio c’è voluto Salvini a metterci felpa e faccia davanti al Melo (un centro per donne in difficoltà), perché di facce locali non se ne sono viste. Spero restino a memoria anche i risultati della Lega alle ultime Regionali, ma dubito -come finge di dimenticare Livorno nessuno mai, sempre zitta a tirare avanti come può.

Nella solitudine politica, il passo dal tifo al populismo è breve -il primo che ti fa la grazia di ascoltarti e proporti qualcosa di nuovo, seminuovo o restaurato, corri a votarlo. E il rischio è che Livorno, lasciata sola davanti al cassonetto, anziché l’immondizia, ci butti dentro tutta la politica. 

 

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