Partiti e politici
La sinistra, la destra e il maggioritario. Così si salva (forse) la democrazia
Non mi sarei mai atteso che delle riflessioni domenicali (anche abbastanza confuse) sui pro e contro della scissione del Partito Democratico generassero addirittura una (quasi) risposta come quella di Flavio Pasotti. Velocissimo riassunto: le primarie nazionali del Pd danno la possibilità all’attuale minoranza di partito di poter tornare maggioranza al prossimo congresso. Sta solamente alla minoranza farsi valere. Quindi sarebbe l’ora di mettersi il cuore in pace e smettere di boicottare l’attuale governo aspettando che venga il momento della rivincita (giudicheranno gli elettori). In alternativa, che si faccia la scissione in modo da avere un panorama chiaro a sinistra, con due partiti, uno più moderato e un altro più sbilanciato a sinistra, alleati, che facciano piazza pulita di partitini e presunti tali (e confidando che la stessa cosa avvenga a destra).
Mi viene giustamente fatto notare come una situazione del genere sia già presente in Europa, non solo, sia più o meno la stessa situazione che possiamo trovare in Germania: con l’Spd da una parte e la Linke dall’altra (a destra regna la Cdu/Csu, ma ci sono anche partiti euroscettici). Ora, il risultato di un quadro politico così chiaro, in Germania, lo conosciamo tutti. E non è la sana alternanza destra/sinistra, bensì la grande coalizione che fu già sperimentata in passato e che ormai anche noi italiani conosciamo bene sotto il nome terribile di larghe intese (che non hanno riscosso alcun successo popolare se non nel primissimo periodo del governo Monti).
Dal momento che la grande coalizione è davvero la sconfitta della democrazia intesa nel senso di “scelgo io chi governa” (in verità però scegliamo noi solo chi siederà in Parlamento) è chiaro come uno “schema a quattro partiti” rischia spesso di trasformarsi in una grande coalizione di comodo tra i due partiti che convergono al centro.
In tutto questo, però, manca un elemento. E cioè la legge elettorale. Certo, se si vota con il sistema proporzionale (solo ed esclusivamente sulla carta quello più corretto dal punto di vista della rappresentanza) il “rischio grande coalizione” aumenta esponenzialmente (e infatti anche in Germania vige una forma particolare di proporzionale); il rischio però non si corre minimamente se si introduce una legge maggioritaria.
Una legge elettorale maggioritaria non solo spinge naturalmente verso il bipolarismo (si spera semplificato rispetto all’orrendo scenario dell’Unione da Mastella a Diliberto), ma impedisce proprio la nascita di grandi coalizioni; perché ci si allea prima del voto e una delle due coalizioni (al limite anche il singolo partito che decide di correre da solo) è “costretto alla vittoria”. È anche per questo che fa un po’ di rabbia sentir parlare del “tempo perso a ragionare di leggi elettorali”, dal momento che una buona legge elettorale (e non è detto che l’Italicum – particolare esempio di proporzionale molto maggioritario – lo sia) è lo strumento migliore per rilanciare la credibilità della politica e toglierci dai piedi determinati squallidi personaggi.
Poi, la migliore legge elettorale, da questo punto di vista, è senza dubbio il maggioritario con collegi uninominali, che infatti è inviso ai partiti. Ma questo è un altro discorso.
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