Partiti e politici

La sinistra e l’elaborazione del lutto

1 Giugno 2017

L’Italia sta precipitando verso il voto anticipato per l’ansia dei principali partiti di assicurarsi un ruolo nella prossima legislatura, prima che i nodi di un quadriennio del tutto inconcludente arrivino al pettine della prossima legge di stabilità.

Nell’eterno ritorno dell’uguale della politica italiana, lo scenario del 2017 si presenta fin qui identico a quello del 2013: tre poli (Pd, centrodestra e Cinque Stelle) si dividono equamente il 90% del consenso per cui, con qualsiasi legge elettorale, l’unica possibile maggioranza di governo sarà l’ennesima grosse Koalition che escluda il polo “antisistema”. Una prospettiva poco entusiasmante, che infatti – stando ai sondaggi – lascia sul campo dell’astensione il 40% degli aventi diritto al voto.

Lo spazio politico più sguarnito è al momento quello della sinistra, abbandonato da un Pd sempre più proiettato verso destra e malamente presidiato da una miriade di partitini e movimenti neonati (o poco più). Basterebbe davvero poco – qualche incontro per stilare un programma elettorale comune, primarie per selezionare i candidati parlamentari, un minimo di organizzazione per gestire la campagna – e una semplice aggregazione di sigle potrebbe facilmente raggiungere un consenso a due cifre…

Eppure, misteriosamente, questo non avviene. Si moltiplicano gli appelli all’unità, ma ognuno echeggia il precedente senza rispondervi; spuntano iniziative “fondative” – a volte lo stesso movimento ne propone più di una – ma c’è sempre qualcuno che non viene invitato perché sgradito a qualcun altro e, alla fine, l’unificazione della sinistra appare più irrealizzabile del banchetto di nozze di Romeo e Giulietta.

Sono convinta che alla base di queste difficoltà ci sia un vero travaglio psicologico che è vissuto da tutti i protagonisti, sebbene in modi diversi: la faticosa elaborazione del lutto della rottura con il Partito Democratico, giunta a uno stadio diverso per chi era “solo” un alleato e chi invece è fuoriuscito dal Pd e, tra questi, per chi ha compiuto il passo da tempo e chi lo ha fatto solo di recente.

La psicologia insegna che la prima fase dell’elaborazione del lutto è la negazione: questo è il gradino su cui si collocano coloro che ancora rimangono nel partito, pur vivendo una dolorosa sensazione di distacco e di estraneità e vagheggiano  un irrealistico “ritorno a sinistra” del Pd, come se la rielezione di Renzi alla Segreteria non fosse mai avvenuta.

La seconda fase è la rabbia: a questo stadio si trovano quelli che, consapevoli dell’impossibilità di tornare nel Pd, rivolgono continuamente i loro pensieri al passato, polemizzano con Renzi e si chiudono in un guscio di rancore che traspare in ogni loro dichiarazione pubblica; è il caso di molti esponenti di Mdp e, in generale, di chi ha lasciato il partito da pochi mesi.

La fase successiva è la negoziazione: l’hanno raggiunta coloro che hanno interrotto un rapporto meno stretto con il Partito Democratico, tipicamente ex dirigenti di Sel come Giuliano Pisapia o Arturo Scotto. Nei loro discorsi si intuisce la speranza di potersi coalizzare con il Pd (se non prima, dopo le elezioni) o, quantomeno, l’ambizione di condizionarne le scelte presenti e future.

Alla fase della depressione è già approdata invece quella parte dei militanti del Pd che, lasciato da tempo il partito, non ha ancora trovato la forza di reagire alla perdita. Costoro avevano meno interessi personali in gioco rispetto ai dirigenti: per questo hanno preso atto più velocemente della situazione, ma hanno anche meno risorse per fronteggiarla; coltivano un malinconico senso di distanza dalla politica e si rifugiano mentalmente nella prospettiva dell’astensione.

La fase finale dell’accettazione è il traguardo cui sono giunti gli ex iscritti del Partito Democratico che per primi hanno stracciato la tessera e quelli di Sel che avevano, sin dall’inizio, un rapporto più tenue con il partito del Nazareno, come (rispettivamente) Civati e Fratoianni. Il loro distacco dal Pd è ormai compiuto, perciò sono disponibili a creare una forza politica nuova e autonoma, priva di reducismo nostalgico e di pulsioni revansciste; ma appaiono disorientati dalle ambiguità e dai tormenti dei loro potenziali alleati e per questo faticano ad affrancarsi del tutto dal passato.

A tutti questi compagni di strada vorrei dire che superare il lutto è doloroso, ma è indispensabile per ricominciare a vivere. La sconfitta e la perdita sono ormai parte incancellabile della nostra esperienza; ma dobbiamo al più presto imparare a conviverci e scoprire nuove ragioni di vita politica, ritrovando la gioia e la passione che sembravano smarrite per sempre

(immagine dal web)

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