Partiti e politici
La sinistra disprezza la Meloni come gli italiani disprezzano i migranti
Si sono incarogniti in questi anni quelli di sinistra. Si sono incarogniti perché la marginalità in politica è un sentimento troppo distante da quella superiorità morale ch’essi hanno esercitato per decine e decine di anni e che oggi, rimodellata nella contemporaneità, spinge a non accettare il diverso da sé. È più o meno lo stesso meccanismo mentale che anima molti italiani quando guardano con sospetto, se non con disprezzo, l’immigrato che è riuscito a sbarcare in Italia. Ecco, con gli stessi occhi, oggi quelli di sinistra guardano e disprezzano quelli di destra che ce l’hanno fatta. E che sono (quasi) sbarcati al Potere. Naturalmente, in piena fase nostalgica, oggi il signor
B. da quelli di sinistra non è più considerato un caimano, ci mancherebbe. L’attentatore maximo dei nostri principi costituzionali, rispetto ai “fasisti” che oggi scorrazzano liberi per il paese, è ritornato un sincero democratico, un uomo buono, che potrebbe fare ancora molto per la sua Italia se solo avesse (ancora) qualcuno che lo vota. Ma è vecchio e anche stanco, per cui lo tengono fuori dai giochi che contano veramente. L’ultimo, in fondo, che gli ha voluto veramente bene è stato Matteo Renzi, che con il Nazareno gli ha consentito una seconda, seppur brevissima, vita. I veri “fasisti” oggi odiati dalla sinistra sono Salvini e Meloni.
Qualche giorno fa, mi è capitato di condurre Prima Pagina a Radio 3. È un avamposto di un qualche rilievo, non uno specchio fedele del Paese, ma certo ancora un ragguardevole sguardo sulla sinistra che c’è (che c’era). È capitato che per fine d’anno, i giornali, com’è prammatica, abbiano tracciato i soliti bilanci, corredati dai nomi che in qualche misura avevano inciso nel tessuto sociale. Il Mattino, in prima, aveva scelto di definire il 2019 come “l’anno della donna”, racchiudendo in un grande riquadro fotografico le signore che lo avevano vissuto da protagoniste. C’era Liliana Segre, c’era Christine Lagarde, c’era Ursula von der Leyen, e diverse altre. E nel mazzo, mal gliene incolse, compariva anche Giorgia Meloni. Titti Marrone, l’autrice del pezzo, ne parlava non certo in termini celebrativi, rilevandone semplicemente una certa padronanza politica che ne aveva fatto una delle protagoniste dell’anno che stava per chiudersi. Avevo letto quel pezzo del Mattino senza particolare enfasi, ma con la sottolineatura di un aspetto, quello sì, per me rilevante: si poteva davvero concludere, alla fine di un anno come il 2019, che le donne avessero sensibilmente ridotto quel gap che le separava dai signori uomini, i quali abitualmente abitano il Potere senza farsi la minima domanda? Sollecitavo gli ascoltatori, che di lì a poco avrebbero telefonato in diretta, a dirmi la loro, su quote imposte, su cose ancora da fare, eccetera. E concludevo che certo, Giorgia Meloni, nell’asfittico panorama politico, si era guadagnata uno spazio di un certo rilievo, arrivando al 10%, a mani nude, solo con le sue forze, in un mondo, quello della politica, ad altissima gradazione maschile.
Apriti cielo. Per giorni, sono piovuti in redazione decine e decine di messaggi contro Giorgia Meloni e il sottoscritto che le aveva dato spazio. I messaggi argomentavano assai poco, ma convergevano sostanzialmente su un unico punto: che diritto aveva Giorgia Meloni a essere considerata come una personalità politica dal momento che “non ha fatto assolutamente nulla” per essere ricordata. Non ha fatto assolutamente nulla, questo l’assunto riassuntivo dello scempio d’averla inserita tra le donne del 2019. Non ha fatto nulla da ministro, non ha fatto nulla per il Paese, ha votato che Ruby era la nipote di Mubarak (sì, hanno scritto anche questo), è fascista, e una serie di altre non-motivazioni. Questo accadeva l’ultima giornata dell’anno.
Poi è arrivato anche il VentiVenti. E con l’anno nuovo, per un gioco beffardo del destino, anche una classifica stilata dal Times, non proprio l’ultima gazzetta della Val d’Ossola, con cui definiva le 20 personalità che “potrebbero dare forma al mondo nel 2020”. Per dire delle coincidenze tragiche: tra quei venti, compariva il generale Qassam Soleimani, “il Machiavelli del Medio Oriente”. Unico italiano della lista, un’italiana: Giorgia Meloni. Nei venti scelti dal Times! Un’esagerazione? Possibile. Ma quello che appariva chiaro è che a persone estranee al conflitto sociale che lacera la piccola Italia, quella donna era apparsa come una personalità di enorme carattere. E come tale meritevole di stare in quel piccolo olimpo.
Il Times ha naturalmente scatenato gli istinti meno nobili. Di cui, il peggiore, è il non- riconoscimento sociale. È un tratto tutto italiano. Tu hai una storia, un decoro, una professionalità, un curriculum, eppure il paesello ti guarda con sussiego e sembra dirti: “E tu, chi cazzo sei?” Nel caso della Meloni, ma nel caso di molti. La sinistra impazzisce se vede un riconoscimento fuori dal
suo stagno. Lo contesta in radice, dice che non è possibile. Che tu sei un ignorante, che non hai studiato, che sei un fascista, che vuoi togliere le libertà che abbiamo conquistato con il sangue dei nostri partigiani. Ecco. “Loro” ci vogliono togliere le libertà. Sono fuori perciò dal contesto democratico. La sinistra ti dice che ha paura di quegli individui. Sparge il terrore. Non combatte sul terreno delle cose da fare, non oppone le sue politiche, punta il dito sui nuovi terroristi e imbastisce trame per non vederli al governo.
Il contrappasso sin troppo crudele è che la sinistra ha smarrito proprio la sua superiorità morale, che nel tempo ha tenuto in piedi l’impianto di base: che solo le sue ricette, le sue visioni, le sue politiche, potessero restituire al Paese la serenità e il prestigio di cui aveva bisogno. Un impianto folle, naturalmente, ma che poteva vivere grazie a una consapevolezza e una necessità: che per mantenere il primato, si dovesse studiare moltissimo, conoscere moltissimo, immaginare moltissimo. Da qui, l’assunto che le idee di sinistra fossero evidentemente le migliori di tutte le altre. Smarrendola, quella superiorità morale, la sinistra ha giocato semplicemente di rimessa, ha puntato solo il dito contro gli altri. Non avendo più idee, ha demonizzato regolarmente quelle degli altri. E siamo arrivati a questo punto, dove se il Times mette la Meloni tra le venti personalità politiche del mondo, tu ti incazzi come una bestia, invece di chiederti il perché.
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