Costume
La sindrome matematica della Serenissima
Io non sono mai stato un genio della matematica, lo ammetto. Ma di fronte a certi politici mi sento Cartesio. Peraltro Venezia è stata un luogo dove illustri matematici hanno vissuto e prodotto meraviglie, collaborando anche con preziosi architetti e ingegneri, come Palladio. Zorzi, Tartaglia, Pacioli… E sembra che Pacioli, pur non essendo veneziano, a Venezia mise a punto la famosa “partita doppia” che tanto serve ai commercianti! Gloria veneta, va riconosciuto. Ma, naturalmente, c’è di più. L’OCSE ha rilevato nel 2019 che i migliori matematici dell’Occidente sono, pensate un po’, veneti. Quindi non è vero che l’Italia spreca la sua istruzione solo nelle inutili materie umanistiche, che davvero sono così superflue, oramai. Bisognerebbe abolirle e dimenticare Goldoni, Foscolo, Da Ponte (per restare in Veneto)… che tempo sprecato quello dietro alla letteratura. È la matematica il futuro. Soprattutto il futuro della Serenissima.
Il rinomato governatore della Serenissima, che passa anche per essere persona competente e fattiva – lo hanno riconosciuto in molti – ha annunciato che lui vorrebbe realizzare 11.000 tamponi al giorno per identificare i veneti positivi al coronavirus.
Ecco. Fatti non parole, il governo del fare, anziché del dire, anche perché tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare e mai nessuno come a Venezia può essere più esperto della materia. A proposito, il mare, in questi giorni d’immobilità, a Venezia è tornato limpido, si vedono perfino i pesci in enormi quantità, si potrebbe contarli con un modello matematico serenissimo. Sarà un segno che preannuncia l’apocalisse, forse. Dino Buzzati, gloria veneta, da me molto amato, ci avrebbe scritto un racconto: Il ritorno dei pesci a Rialto.
Lo ripeto, io sono la persona più lontana da una mente matematica, e vi chiedo scusa per questo, ma qualche conticino credo di saperlo fare pure io. Almeno la prova del 9… Mi divertiva molto quando ce la insegnarono alla scuola elementare. E ve lo assicuro, non è per polemica, ma semplicemente perché mi sento preso in giro e, come me, vedo presi in giro milioni di persone che in questo momento stanno soffrendo. Soprattutto in Veneto. Ho molti amici che vivono lì, attualmente in grande disagio. Ma torniamo ai conti. “Se mi sbaglio mi corrigerete” diceva il papa polacco. Con tanti matematici veneti purosangue a disposizione il governatore superstar ne avrà consultato almeno uno… o forse avrà fatto da sé, forte di questa specializzazione tutta euganea. Forse basta poggiare la mano sul De Harmonia Mundi (1525) di Zorzi e la scienza si trasferisce automaticamente, forse anche contactless, basta guardarlo.
In un giorno ci sono 1440 minuti. Per fare un tampone ci vogliono – lo so perché ne ho fatti diversi nel tempo – se uno volesse fare le cose per bene – almeno un paio di minuti, tra il preparare il paziente, introdurre il tampone, strofinarlo, assicurarsi che il paziente non abbia conati di vomito, rassicurarlo (ci sono anche soggetti emotivi), introdurre il tampone nella provetta, scrivere sulla provetta il nome del paziente, rimettere il paziente sulle sue gambe (possono esserci pazienti più impegnativi, che non deambulano facilmente, anziani, e con tanti altri disagi, ma nel mondo ideale di Zaia tutto questo forse non esiste), e così via. Due minuti sono pochi, ma facciamo finta che. Allora: 1440:2=720 tamponi al giorno fattibili. 11.000:720 =91.6666666667 Ciò significa che per fare il primo passo della procedura del tampone, ossia il prelievo del muco, 11.000 tamponi al giorno potrebbero essere fatti da 91,6666666667 ambulatori mobili e stabili che lavorassero 24 ore su 24 senza mai fermarsi. In questi ambulatori dovrebbero lavorare almeno 2 infermieri senza mai darsi il cambio; oppure, facendo 3 turni di 8 ore l’uno, gli infermieri diventerebbero 6. Il totale è di 550 infermieri, solo in questi ambulatori. Si dice che il Veneto sia il meglio attrezzato in quanto a livelli essenziali di assistenza (Lea) con 222 punti, seguito da Toscana ed Emilia Romagna, con 220 ciascuna, (la Lombardia è solo quarta e di punti Lea ne ha 215). La popolazione del Veneto è quasi 5 milioni di abitanti (la Lombardia, di 11 milioni di abitanti, così all’avanguardia, in proporzione alla popolazione del Veneto ha la metà di punti Lea…).
5.000.000:11.000=454,545454545 che è il numero di giorni necessario per effettuare i tamponi ambiti su tutti i veneti, ovvero oltre un anno. Iniziando domani si finirebbe di farli, se tutto andasse bene, a luglio del 2021. Questa cifra vale sia che si abbiano a disposizione 91 ambulatori sia 222 Lea, eccetera. Lavorando sempre a pieno ritmo, ossia 24 ore su 24 e dandosi il cambio. Ma Zaia fa di più, ossia parla di 54.000 lavoratori nella sanità e non è specificato se in questa cifra siano compresi i portieri, gli amministrativi, quelli che portano una lettera da una stanza all’altra, le quasi pensionate che ancora non sanno usare il computer o il software fatto in Bangladesh che non funziona mai al CUP, gli addetti alle pulizie, e tutto il personale non medico. Ci sarebbe poi da capire come gli ortopedici o i fisioterapisti, per esempio, dovrebbero fare il lavoro dei microbiologi, esaminando tampone per tampone, col tempo che ci vuole, con il rischio dei falsi positivi e dei falsi negativi. Allestendo dei laboratori unicamente per quello, senza analizzare nient’altro. E una volta che il tampone è lì sotto analisi che si fa? Intanto per cominciare, chi se ne occupa se per 454 giorni tutti i 54.000 operatori della sanità sono occupati a prelevare i tamponi per mantenere la cifra di 11.000 al giorno? E poi, anche quando ci si riuscisse (?), siccome c’è poco tempo, si guarda solo la positività per il coronavirus oppure si dà un’occhiata anche a tutte le altre malattie per cui il tampone faringeo viene fatto, ossia la candida, la difterite, la gonorrea, lo stafilococco… Richiede molto tempo. E quanto tempo ci vuole per 5 milioni di tamponi? E, soprattutto, quanto personale? Ma il Veneto ha un miliardo di abitanti da poter contare su così tanto personale e soprattutto con così poco tempo a disposizione? Anche perché se i 54.000 lavoratori della sanità si occupassero dei tamponi, perfino se non microbiologi o comunque medici, ma la cui specializzazione non è ricercare i virus o i batteri, anche se magari avessero passato un esame di microbiologia complementare e quindi dovrebbero avere il tempo di fare tirocinio e impararlo, chi si occuperebbe dei pazienti con tutte le altre patologie? Ossia, patologie digerenti, respiratorie, reumatiche, dermatologiche, immunologiche, ecc.? Li si lascia in balia dei santi protettori delle singole malattie? Si fa un’importazione di acqua di Lourdes in boccette da aerosolterapia o per frizioni o in forma di sali da bagno? E poi, una volta fatto, il tampone andrebbe rifatto per le conferme, dopo quindici giorni (come ha dichiarato Zaia, ossia come hanno fatto per gli abitanti di Vo’, che sono 3000), e anche dopo il decorso della malattia. Quindi, dal quindicesimo giorno in poi i tamponi che si dovrebbero fare passerebbero da 11.000 a 22.000, dovendo raddoppiare già quelli del primo giorno. E andiamo così all’infinito per l’eternità per fare 11.000 tamponi al giorno unicamente perché si deve recitare la parte del governo che fa? Io capisco che uno possa sentirsi responsabile del suo popolo, soprattutto in un momento difficile come questo, e cerchi di “fare”, ma per “fare” ci vuole un criterio, sennò l’unica cosa che si fa è demagogia. Continuiamo. Una volta identificati tutti i positivi, come si procede? Qual è la strategia? Quella dei cerchi concentrici di Crisanti per cui se s’individua un positivo lo si isola e si ricostruisce il percorso del positivo e di tutti quelli che sono venuti in contatto con lui che magari non sono stati testati? Se nel frattempo chi è positivo e non lo sa e non è stato, mettiamo, ancora testato infetta anche chi era in precedenza risultato negativo al tampone da dove si ricomincia? E il personale per fare tutto questo dov’è? E nel frattempo come procede la vita quotidiana? Esistono modelli matematici paradossali. Il più celebre è studiato alle superiori appena s’inizia la storia della filosofia coi Presocratici ed è il paradosso di Achille e la tartaruga, enunciato da Zenone di Elea. Colui sosteneva che il fulmineo Achille non avrebbe mai superato la pur lenta tartaruga perché il percorso era infinitamente frazionabile e quindi mentre Achille correva per raggiugere il punto da cui era partita la tartaruga, la tartaruga era già un pezzo avanti. Diogene di Sinope, il Socrate pazzo, quello che aveva fatto dell’autosufficienza il suo credo vivendo in una botte, non perse tempo a confutare i deliri di Zenone: si alzò e dimostrò che l’uomo, solamente camminando, si lasciava ampiamente indietro la tartaruga. Si può anche citare il paradosso dell’ascensore, per cui chi abita al primo piano, quando chiama l’ascensore avrà più probabilità che l’ascensore provenga dai piani più alti piuttosto che dal piano terra e chi sta al penultimo piano, viceversa, avrà più probabilità che provenga dai piani bassi piuttosto che dall’ultimo. Chissà quali modelli matematici avranno adottato negli ambienti direttivi della Serenissima, pur modernamente affollata di matematici. Fatti, non parole. Certo si possono fare tante cose, anche le minchiate. Anche dirle pubblicamente. Nessuno glielo spiega al governatore come funziona la realtà? Certo, può anche essere una forma d’irresistibile autoerotismo in un momento difficile in cui i contatti fisici devono ridursi. Ma probabilmente mi sbaglio io, che in matematica sono sempre stato un asino. Insisto, se mi sbaglio mi corrigerete, come disse Giovanni Paolo II; e aggiungo: per favore, fatelo. Ho bisogno di capire. Per quanto riguarda il “fare” dei veneti sicuramente va elogiata la riconversione a tempo di record della Grafica Veneta, che stampava Harry Potter, per lo stampaggio delle mascherine ad uso civile. Meglio impiegato così, ’sto stampaggio, va detto. L’arte della stampa, che ha sempre caratterizzato la Serenissima, non conosce limiti. La matematica, invece, sembra diventare un optional.
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