Partiti e politici

La sicurezza è di sinistra, ma Salvini proprio no

3 Maggio 2017

In quella piazza ci passo spesso. Perché è la piazza della Stazione Centrale di Milano, la mia città, e perché è il cuore del quartiere – meglio del quadrante – di Milano in cui vivo da dieci anni esatti. L’ultima volta che sono passato in piazza Duca D’Aosta, proprio attraversando il “bivacco” (ormai lo chiamano tutti così, anche il Corriere della Sera in prima pagina, stamane) oggetto della mastodontica operazione di Polizia di ieri, è stato poche ore prima dell’operazione stessa. Come molte altre volte ho pensato che, in quel preciso punto, la situazione era problematica, e che rischiava di diventarlo molto di più. Non ho capito come sia stato possibile permettere, in tutti questi mesi, che la porta d’ingresso principale della città diventasse, giorno dopo giorno, un concentrato di puzza di birra, urina, nuvole di marijuana, e dell’umanità che tutto questo produceva. Per definizione, quando quelli sono gli aromi, l’ambiente attorno è quello che è. Mi è sembrato assurdo, passandoci per settimane e mesi con grande regolarità, non vedere mai controlli di polizia, e quella lenta e costante dissuasione che lo Stato, attraverso i suoi rappresentanti, può e deve esercitare. Mi è sembrato strano – fino a pensare che sicuramente c’era qualche strategia di controllo che a me sfuggiva – che si facesse ingrandire l’onda fino a far diventare quel luogo, stabilmente, il ritrovo di almeno qualche decina di migranti, in cui svettavano sempre diverse unità ubriache e dall’aria oggettivamente poco affidabile.

Ieri, con la mega-operazione ordinata dalla questura, con tanto di elicottero in volo nel cielo per ore e la Polizia a cavallo, con Salvini arrivato col suo smartphone a documentare quel che accadeva con l’aria soddisfatta del cittadino che finalmente è stato ascoltato, non dico che ho avuto una risposta, ma certo qualche idea in più me la sono fatta. Infatti, sicuramente non intenzionalmente, figurarsi, ma colpisce la sequenza degli eventi. Prima si trasforma, noncuranti dell’evidenza dei fatti, un luogo per definizione “esposto” (le stazioni di tutto il mondo sono luoghi esposti, suvvia) in un luogo evidentemente pericoloso, o quantomeno chiaramente percepibile come tale. Si evita di agire con la dissuasione puntuale. Si evita di fare controlli regolari poco eclatanti, in modo da disincentivare assembramenti così grossi. Si evita anche di intervenire portando via qualche ubriaco e/o fumato e/o spacciatore in flagranza, in modo da fermare un eventuale crimine e da dissuaderne molti altri. Si evita tutto questo, prima, per settimane e mesi, e poi si arriva con la Polizia a cavallo e gli elicotteri. Con Salvini trionfante col suo smartphone, e con la magra figura di aver portato in questura qualche decina di soggetti che poi son stati tutti rilasciati perché – sai com’è – in uno stato di diritto non ti posso ancora trattenere in questura o peggio metterti in galera se non me lo permette – meglio: me lo impone – la legge.

In compenso, però, il triste episodio di muscoli sfoggiati a caso (e sarebbe assai bello capire per chi, perché, lungo quali assi decisionali e percorsi la questura ha deciso, la prefettura era e come informata), ha anche mostrato – prendiamolo dal lato utile – una serie di cortocircuiti che ci interessa molto avere a mente per il futuro. Il primo: in Comune non sapevano niente. Va bene, evitiamo di farci spiegare da Salvini che esiste la divisione dei poteri. Lo sappiamo. Epperò, visto che fortunatamente non votiamo i poliziotti, votiamo apposta i sindaci, e vorremmo che sapessero cosa sta per succedere nel centro delle nostre città, quale immagine viene propagata a turisti (sempre di più a Milano, e ci fa piacere, giusto?) e cittadini, e soprattutto quale immagine negativa viene diffusa se non è strettamente indispensabile alla soluzione di un problema. In questo caso – repetita iuvant – il problema andava sicuramente affrontato prima, per tempo, con pragmatismo e polso fermo, ma senza arrivare a fare tutto sto casino. Poi, oltre ai muscoli in queste ore abbiamo visto in azione i cervelli, attraverso le parole. Quello dell’assessore Pierfrancesco Majorino, critico e indignato per l’improvviso sfoggio di forza simbolica, con la fila di stranieri di pelle scura circondati da cordoni della polizia e portati verso le camionette della polizia. Quello di un sindaco Beppe Sala giustamente infastidito, che ha spiegato che, appunto, l’istituzione che guida non è stata informata per tempo e che i controlli vanno bene, servono, ma devono essere concordati e gestiti insieme. E quello – però membro della stessa giunta, ed è evidentemente una questione – di Carmela Rozza, assessore alla sicurezza, che neanche il tempo di capire cos’era successo e stava già esultando sguaiatamente perché la sicurezza è di sinistra.

E figurarsi, ci mancherebbe. Ci permettiamo sommessamente di ricordare, però, che negli stati di polizia vige grande sicurezza, ad ogni livello. No no, tranquilli, non gridiamo al fascismo: ricordiamo a tutti, tuttavia, che la sicurezza è di tutti, quindi anche di sinistra. Ma non tutti i modi per raggiungerla o, peggio, per esibirla come se fosse raggiunta, sono di sinistra. Se serve, per spiegarci, facciamo anche un disegnino.

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