Partiti e politici
La sfida è tra Pd e 5 stelle, ed è più aperta che mai
Stanno iniziando i preparativi per la volata finale, nella disfida elettorale, sia quella amministrativa che quella, molto più importante, a livello nazionale. Le prossime elezioni politiche, come si sussurra da più parti, verranno celebrate molto probabilmente nel 2017. Le ragioni sono abbastanza evidenti.
Se il Pd renziano riuscirà a vincere qualche importante città in bilico (Milano e Torino, soprattutto) e poi il referendum costituzionale di ottobre, è possibile che voglia capitalizzare questi successi (una sorta di rinnovata “luna di miele”) con consultazioni anticipate, anziché aspettare un altro anno ancora, dove il nuovo inevitabile logorio potrebbe rivelarsi esiziale.
Se al contrario i candidati democratici dovessero prevalere soltanto a Bologna e in qualche centro minore, è molto probabile che la conflittualità dentro al partito si accentui ulteriormente; i malumori interni, sommati a quelli dell’opposizione, potrebbero portare ad una sconfitta al referendum. In quel caso, le elezioni anticipate sarebbero richieste a gran voce un po’ da tutte le parti.
Quali sono dunque oggi i rapporti di forza tra i maggiori contendenti, a livello nazionale? Dai molti sondaggi usciti in queste ultime settimane, una cosa emerge con grande evidenza: il distacco tra Democratici e 5 stelle è ormai ridotto al minimo, si e no un paio di punti, per alcuni ancora meno. Già al primo turno. Il Pd viaggia con circa il 30% o poco più, mentre il M5s insegue con il 28%. Tutto si giocherà quindi al ballottaggio, se ci sarà davvero l’Italicum, dove risulterà essenziale il comportamento degli elettorati sconfitti al primo turno. E non è detto che la situazione di Parma, dove tutto il centro-destra votò poi per il candidato pentastellato, non possa venir replicata anche a livello nazionale.
Già, il centro-destra. Sarà comunque la grande incognita delle prossime elezioni. Il duo Salvini-Meloni, come sappiamo, ha intenzione di prenderne le redini, estromettendo Berlusconi e ciò che resta di Forza Italia, per farlo diventare una sorta di partito lepenista all’italiana. Ma una destra disunita non può essere competitiva, e dovrà accontentarsi del diritto di tribuna, in un prossimo parlamento. Oggi Lega e Forza Italia viaggiano entrambe tra i 12 ed i 14 punti, mentre Fratelli d’Italia supera di poco il 4%. Se si unissero in un’unica lista potrebbero, forse, addirittura diventare competitivi per il secondo posto, in via teorica. Ma non nella pratica politica, dove diventerebbe dirimente la scelta del candidato-premier. Che non può essere Salvini, ancora parecchio malvisto nel meridione. Un bel rebus, da risolvere entro un anno.
Fuori dai giochi la variegata sinistra, con Sel, Civati, Rifondazione, Sinistra Italiana e altri ancora. Anche unendosi, superando le cocenti micro-confluttualità interne, tutti insieme potranno rappresentare la consueta forza politica d’opinione, tipo l’antica Sinistra Arcobaleno o quella di Ingroia, votata dal 4-5% degli italiani. Ininfluente.
Una parola sulla nuova legge elettorale. Se ci sarà, al di là di ogni considerazione di merito, il paese avrà comunque una maggioranza stabile, tramite il ballottaggio. Se non ci sarà, qualsiasi altro sistema di voto porterà inevitabilmente ad uno stallo, alla impossibilità di formare un governo. E’ quello che sta accadendo proprio ora a Bolzano, dove non c’è premio di maggioranza, ed è quasi impossibile trovare una soluzione di governo. Si è votato lo scorso anno, ieri si è rivotato dopo mesi di commissariamento, ma la situazione è ancora identica alla precedente. Probabile si vada al voto ogni anno, in attesa che qualche forza politica, sfiancata, si ritiri. Succederà così anche a livello nazionale?
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