Partiti e politici

La scheda burla e la vergogna di uno spot illiberale

10 Ottobre 2016

Nel paese del pressappoco, dare un nome alle cose è diventato esercizio quasi impossibile. Prevede impegno, assenza di malafede, puntualità. Troppe cose insieme. Meglio mischiare, confondere con la scusa della lotta politica. Prendiamo la scheda del referendum, che tanto ha fatto parlare. Chi parla di scheda-truffa non sa quel che dice o, peggio, lo sa, ma si è dimenticato di regolare il suo grado di onestà intellettuale. Il quesito è addirittura il titolo della legge, da tempo visibile a tutti. Nessuno sul momento gli ha dato eccessivo peso, poi, vedendolo nero su bianco, dito e luna si sono quasi sovrapposti ed è nato lo scandalo. Una piccola nota, però, il governo la concederà: quella scheda è una scheda-burla. Pare una filastrocca di Rodari («Per colpa di un accento un tale di Santhià credeva d’essere alla meta ed era          appena alla metà…») ne ha la musicalità, attira nella sua rete grandi e piccini, che si abbandonano a corpo morto sul tappeto elastico come tanti elettori sempre-in-piedi. Naturalmente il quesito “dolce” non porterà un solo elettore in più al SI’, nè disturberà        a tal punto da muovere masse di NO in direzione del seggio elettorale più vicino. Ha il pregio, se non altro, d’esser chiaro sino alla spudoratezza con cui è stato concepito.

Allo stesso modo, per restare al pressapochismo di cui sopra, dobbiamo registrare gli alti lai del mondo politico per lo spot istituzionale che sta girando in queste ore per le televisioni. È proprio una filastrocca alla Rodari, morbida voce fuori campo che racconta il corpo della questione, pone le domande del quesito referendario, mostra la scheda e conclude invitandoti a votare SI’ se  vuoi approvare, o a votare NO se vuoi respingere. Chi si oppone a Renzi ha avuto da dire anche sullo spot. Inviterebbe surrettiziamente a votare SI’, stesso ragionamento della scheda. A questo punto, è chiaro che qualunque nuova iniziativa istituzionale applicata al referendum verrà bollata come truffaldina. Anche in questo caso, i nostri eroi hanno sbagliato obiettivo. E della grossa.

Lo spot istituzionale che sta girando in queste ore per le televisioni contiene sì un elemento altamente illiberale, di cui vergognarsi come governo, ma che non è il tono compiacente, nè quel modo peloso di presentare il quesito. Lo spot si chiude con un invito, che potrete apprezzare visivamente nella foto che correda questo articolo. C’è la voce fuori campo che dice: «Il 4 dicembre VAI A VOTARE». Questo spot andrebbe fermato per un motivo preciso, è uno spot che non rispetta i parametri minimi della democrazia, perchè esclude alla radice un’opzione fondamentale in caso di elezioni: l’astensione. Tutti quelli, cioè, che di fronte all’offerta politica sul mercato, non si riterranno soddisfatti e decideranno di non partecipare. Di non partecipare intellettualmente e fisicamente. Una visione che nei veri paesi democratici è perfettamente contemplata e protetta, chi non vota è considerato al pari di chi vota, sia come rilievo sociale, che come incidenza diretta sui governi che si formeranno. Al punto che sono decisi da “minoranze”. E così per l’istituzione referendaria.

Ci sia concessa anche una modesta malizia. Non ricordiamo spot di questo tipo, con invito a votare incorporato, per altri referendum, per esempio l’ultimo sulle trivelle. Che questo sia di emanazione governativa è semmai un’aggravante, dovrebbe rispettare tutte le posizioni in campo, compresa l’opzione – al momento dicono i sondaggi molto corposa – di chi deciderà di non presentarsi al seggio. Il governo non può decidere della moralità del voto, sollecitando in uno spot «a votare» (SI’ o NO ha poca importanza). Non è compito del governo sollecitare l’impegno dei cittadini al voto attivo, come se invece l’astensione non avesse lo stesso valore di profondità, di studio dei programmi, di scelta consapevole. Poi è chiaro, tra chi si astiene ci saranno anche menefreghisti, irresponsabili, superficiali, ma non sono forse forse categorie ampiamente ricomprese all’interno di chi vota?

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