Partiti e politici
La rimonta del NO arriva troppo tardi
Ad una settimana dal voto referendario e delle sei consultazioni regionali, qualcosa sembra essere ancora in bilico, sulla base dei sondaggi pre-blocco e delle sensazioni che si registrano nell’opinione degli esperti. Per quanto riguarda le sei regioni al voto, quattro paiono ormai acquisite, tre a favore del centro-destra (Veneto, Liguria e Marche) e una per il centro-sinistra (Campania).
Nelle altre due (Toscana e Puglia) il risultato è al contrario piuttosto in dubbio, e le ultime indagini demoscopiche disponibili attestano un leggero vantaggio per i candidati di centro-destra (Ceccardi e Fitto). Come finirà ovviamente ancora non lo sappiamo, benché si possa ipotizzare che alla fine la coalizione di centro-sinistra possa vincere, magari al fotofinish. Vediamone le ragioni.
In Toscana non ci sono in corsa, come noto, presidenti uscenti, sicché è assente il consueto effetto “incumbent” che favorisce solitamente chi è stato in carica nell’ultimo mandato, se non ha governato male, come è accaduto per Bonaccini in Emilia-Romagna. È quasi sicuro che non si arriverà al ballottaggio, a causa della debolezza del terzo candidato (dei 5 stelle), stimato sotto il 10%, e la possibilità dunque che almeno uno dei contendenti superi il 40% (soglia minima per non andare al secondo turno) è praticamente una certezza. La mia previsione è che alla fine Giani ce la possa fare, dal momento che gli elettori toscani non sono forse ancora convinti di poter sostituire la “gloriosa” tradizione rossa con l’ipotesi di governo dal futuro più incerto di stampo salviniano.
In Puglia l’effetto “incumbent” è invece presente in un certo senso per entrambi i candidati (Fitto è stato Presidente nel 2000-2005 ed Emiliano dal 2015 ad oggi), ma la migliore capacità comunicativa di Emiliano, rispetto a Fitto, potrebbe convincere ex-elettori pentastellati ad adottare almeno un voto disgiunto in suo favore, dandogli quei consensi che ancora gli mancano. Anche in questo caso la mia personale previsione è che la vittoria possa dunque arridere al centro-sinistra, e anche qui con margini piuttosto ridotti. Avremmo alla fine un risultato di pareggio (3-3), che significherebbe comunque la conquista di una regione da parte del centro-destra, rispetto al risultato del 2015. La geografia elettorale italiana vedrebbe, se così accadesse, il centro-sinistra ridotto piuttosto male, al governo soltanto in 4 regioni su 19. Una situazione alquanto negativa, se si pensa che soltanto cinque anni fa aveva invece ben 16 presidenti dalla sua parte.
Per quanto riguarda il referendum costituzionale, si è assistito nelle ultime settimane ad un deciso incremento del partito del NO, stimato tra il 30 e il 40%. Una rimonta significativa, rispetto alle ipotesi di risultato del periodo precedente, ma certo iniziata un po’ troppo tardi per impensierire realmente i sostenitori del SI. Il paragone con il referendum renziano, da alcuni ipotizzato, con il possibile rush finale della posizione partita in svantaggio, non appare in questo caso realmente replicabile. Allora, nel 2016, il consistente vantaggio del SI risaliva a diversi mesi prima della consultazione, mentre nelle 4-5 settimane decisive appariva già abbastanza chiara la vittoria anti-renziana.
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