Partiti e politici

La riforma costituzionale piace, Renzi no

13 Luglio 2016

Nelle indagini di mercato, è prassi usuale l’utilizzo di due indicatori, per comprendere il livello di apprezzamento per un certo prodotto: il primo fa riferimento alla cosiddetta “soddisfazione analitica”, il secondo alla “soddisfazione sintetica”. In pratica, l’indice analitico prende in considerazione il prodotto nel dettaglio, facendo valutare ai consumatori tutti i suoi vari aspetti, dalla qualità al costo, dal rapporto prezzo-qualità al packaging, e così via.

L’indice sintetico ci informa invece sul giudizio generale, il grado di apprezzamento (sintetico, appunto) che il consumatore ha del prodotto stesso, tutto considerato. Il rapporto tra questi due indici è uno degli elementi principali che si tiene in considerazione per individuarne la performance finale.

Se la soddisfazione sintetica è più alta di quella analitica, significa che la comunicazione funziona, che il messaggio che viene veicolato è positivo, che il prodotto viene percepito bene, nell’immaginario di chi lo utilizza, a dispetto di qualche suo difetto.

Se viceversa accade il contrario, se cioè è l’indice analitico che si comporta meglio di quello sintetico, appare ovvio che quel prodotto non funziona, porta con sé una potenzialità inespressa che lo fa valutare più negativamente di quanto i suoi elementi costitutivi lascerebbero intendere. Come dire: non trovo specifici difetti in questa persona, però non mi piace molto.

Questo secondo caso è ciò che accade per la riforma costituzionale. Interrogati su ciascuno dei suoi principali aspetti, gli italiani ne danno un giudizio positivo (e su alcuni elementi molto positivo), ma non tramutano poi questa loro buona impressione “analitica” in una propensione “sintetica” a votare sì, a dare il loro appoggio complessivo alla riforma.

Gli ultimi sondaggi ci informano che gli elettori (escludendo gli incerti) giudicano positivamente, nell’ordine: la riduzione dei senatori e l’abolizione del Cnel (75%), la trasformazione del Senato (65%), la nomina dei senatori durante le regionali, la cancellazione delle province e le nuove norme referendarie (60%). Anche gli altri elementi meno dibattuti vengono accolti con giudizi positivi, con percentuali sempre comprese tra i 60 ed i 70 punti.

Dunque, pare una riforma che possa piacere agli italiani. Ma, infine, alla richiesta conclusiva su cosa voterà al prossimo referendum, la corsa del sì diventa improvvisamente molto molto difficoltosa, ed il risultato appare in bilico, se non addirittura a favore del no: il giudizio sintetico rimette in chiara discussione la buona performance di quello analitico. E oltretutto il mitico “winner”, vale a dire la percezione diffusa di chi vincerà, premia di nuovo la vittoria del no. Questa riforma, secondo gli elettori, non passerà.

Quale sarà il motivo? Non è difficile scoprirlo: è il presidente del consiglio. Il parere degli italiani è che la maggioranza della popolazione voterà pensando non tanto ai contenuti della riforma costituzionale, quanto piuttosto a Renzi ed al suo governo. E sappiamo bene che, da ormai molto tempo, una forte quota di elettori giudica negativamente l’esecutivo attuale, ed il suo presidente in particolare.

Si è molto parlato, in queste ultime settimane, di una concreta ipotesi di “spacchettamento” del voto sulla riforma costituzionale. Non a caso, suppongo. Allo stato attuale, pare l’unico modo per farla passare, da parte del governo.

0 Commenti

Devi fare login per commentare

Login

Gli Stati Generali è un progetto di giornalismo partecipativo

Vuoi diventare un brain?

Newsletter

Ti sei registrato con successo alla newsletter de Gli Stati Generali, controlla la tua mail per completare la registrazione.