Partiti e politici
La razionalità è un’utopia
Chiamiamo utopie dimensioni che in realtà sono razionali. Utopia vuol dire luogo che non esiste – ma che potrebbe esistere. Il luogo non c’è ma è razionalmente perseguibile, è concretamente qualcosa che si può ed è vantaggioso realizzare.
L’ideologia no. L’ideologia è un’utopia illusoria, una finta utopia: è il luogo che non esiste perché non può esistere, è un’idea finzionale incompatibile con la realtà e l’unico modo per renderla reale è creare artificialmente una realtà falsa in cui l’idea ha ragione sulla realtà.
Il comunismo, il nazismo, il fascismo e ora il putinismo, l’erdoganismo, il trumpismo, il salvinismo, il grillismo non sono costrutti logici (utopie) ma realtà manipolate per essere sempre popolari, sempre dominanti, sempre l’unica realtà – una realtà verosimile ma falsa. Sono ideologie. L’ideologia porta inevitabilmente alla coercizione violenta – perché non è compatibile con la fattualità, non la puoi contestare in punta di ragione, dati, evidenze fattuali.
L’ideologia si blinda preventivamente all’interno di un bunker narrativo, logicamente coerente al suo interno. Una realtà virtuale, ideologica appunto, in cui si decidono quali debbano essere i propri confini statuali – Hitler cominciò con la Polonia, Putin con la Crimea – e quali i propri nemici, ovvero chiunque si opponga al popolo, chiunque non difenda la patria – patria e popolo che vengono narrativamente definiti e concettualmente esauriti all’interno di una stessa persona, il Capitano (nelle sue diverse varianti linguistico-nazionali).
Se la politica fosse utopica – utopica nel senso di un mondo che non c’è ma sarebbe razionalmente auspicabile creare – sarebbe fondata sulla persuasione. Le idee sarebbero ancorate ad argomenti fattuali, l’efficacia della propaganda sarebbe misurata sulla forza logica del messaggio, le politiche sarebbero elaborate a partire dai dati e dalle evidenze scientifiche. Non sarebbe la politica acefala, inerziale, “contraria al popolo” che attribuiamo agli establishment dal pensiero unico. Sarebbe l’opposto: avrebbe una testa, non avrebbe timore di agire, darebbe alla democrazia il calibro sostanziale di trade off tra responsabilità e libertà, in cui i poteri non sono persone ma regole. Le regole che definiscono i poteri istituzionali, i contro-poteri che impediscano ai primi gli abusi, le regole che garantiscano la responsabilità della decisione e il potere di controllo.
In questa utopica dimensione, i partiti farebbero a gara a intestarsi programmi evidence-based. I parlamenti voterebbero l’abolizione del proibizionismo sulle sostanze stupefacenti perché ne è scientificamente provata la dannosità, e invece di proibirle farebbero leggi che ne regolino il mercato, tutelino il consumatore e garantiscano a tutti la conoscenza e la coscienza.
I partiti competerebbero sul numero di carceri da chiudere, perché è scientificamente provato che il carcere non crea più sicurezza ma più criminali irrecuperabili, e sulla conversione del maggior numero possibile di pene detentive in pene riparative, assicurando così un risparmio enorme per il cittadino comune, il contribuente – che se conoscesse i costi astronomici di un carcerato al giorno, e se sapesse quanto sprecati siano quei suoi sudatissimi soldi, sarebbe probabilmente più incline a superare il tabù che la politica ideologica si arricchisce nel coltivare.
Se l’utopia – cioè la possibilità di creare qualcosa di oggettivamente, scientificamente positivo che al momento non c’è – prevalesse sull’ideologia, inoltre, l’argomento delle prossime elezioni europee sarebbero gli Stati Uniti d’Europa – la disintegrazione-rigenerazione dell’attuale non-Europa negli Usa europei. Ovviamente questo non avverrà. Gli Stati Uniti d’Europa sono sempre stati considerati una specie di ideologia – un’utopia negativa, illusoria, ingannevole, che non si può fare in natura. Una cosa da intellettuali, un’ossessione di Pannella che non a caso adesso ha ripreso Cacciari, un filosofo.
Non mancano mai nella retorica elettorale gli Stati Uniti d’Europa, e anche stavolta alle europarlamentari saranno evocati dagli europeisti, che di consueto lo fanno senza convinzione né capacità di convincere, senza crederci, senza mai pensarci davvero. Senza mai rappresentare quello che significherebbero in concreto, per i cittadini, gli Stati Uniti d’Europa. Senza la curiosità di capire se quella cosa potrebbe piacere alla gente – e potrebbe piacere alla gente un’Europa talmente diversa dall’attuale da essere Europa, una patria comune. Converrebbe agli ungheresi come ai francesi, gli italiani, i tedeschi, a tutti – mi riferisco ai popoli non alle leadership.
Stati Uniti d’Europa vuol dire che non ci sarebbero più grigi vertici dei 27 a porte chiuse, dove uno vale uno e insieme non si vale niente. Ci sarebbero gli Stati Uniti nella versione europea e in concreto vorrebbe dire molte cose su cui i cittadini dei diversi paesi europei sarebbero d’accordo eccome: la sicurezza comune è più sicura di 27 sicurezze nazionali distinte; un solo esercito costa meno di 27, una politica estera comune ci rafforza anche economicamente rispetto al resto del mondo. Come gli Usa poi avremmo un Presidente dell’Europa e sarebbe un Presidente eletto dal popolo europeo. Un programma già scritto da Spinelli & co. basterebbe affidarlo ad un capace team di creativi.
Il sospetto invece è che gli europeisti pragmatici punteranno allo scontro culturale, alla guerra di civiltà “aperto vs chiuso” – la dicotomia del lucchetto. Chi vuole restare fuori dal mondo globale e chi invece vuole restarci in mezzo. Che la mettano sulla difesa della “Democrazia liberale” contro la “Autocrazia popolare”, merkelismo-macronismo-renzismo contro putinismo, orbanismo, salvinismo. Combatteranno il disegno ideologico del nazionalismo plebiscitario con la forza dell’utopia realizzata – la democrazia in Italia.
La democrazia liberale in Italia è quella che mette la tv al servizio del governo (si chiama museruola), fa leggi elettorali un minuto prima delle elezioni, fa giustizia sui media a furor di audience (lo fanno magistrati, lo fanno gli imputati), mantiene i detenuti in un regime reclusorio da tortura e produce nuovi reati, inasprisce pene, introduce sempre nuovi divieti – cioè limita le libertà civili e individuali, riduce le opportunità di partecipazione democratica, sterilizza l’informazione libera, dirimente nelle democrazie liberali. C’è ovviamente anche molto di buono nella nostra democrazia, solo che a furia di rinunciare alla ragione, di escludere l’utopia, si è finito con il consegnare la democrazia all’ideologia del popolo, cioè alla sua negazione.
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