Partiti e politici

la profezia di Giorgetti

12 Giugno 2018

Qualche giorno fa, il neo sottosegretario leghista Giorgetti ha consigliato ai suoi colleghi di governo di “tenere sulla scrivania la foto di Matteo Renzi” per ricordarsi di quanto è facile ascendere velocemente e poi precipitare nel consenso degli elettori.

Il monito sembra particolarmente appropriato per il leader del Movimento Cinque Stelle: la parabola politica di Di Maio somiglia infatti parecchio a quella dell’ex enfant prodige del Partito Democratico. Entrambi hanno conquistato la fiducia degli italiani denunciando le malefatte della classe politica precedente e promettendo un rinnovamento radicale (il vaffanculo è una versione appena più colorita della rottamazione); entrambi hanno scelto di allearsi con la destra per accedere al governo (Renzi con quella soft di Alfano, di Maio invece con quella più hard di Salvini); entrambi hanno abbandonato le istanze di sinistra della propria proposta politica originaria e hanno finito per appiattirsi sull’agenda dell’alleato. E’ così che il Pd renziano ha perso il suo elettorato tradizionale; forse di Maio farebbe bene a riflettere su come evitare lo stesso destino…

Ma l’avvertimento è altrettanto valido per il pirotecnico Salvini che, proprio come il Renzi degli esordi, sta impostando la sua comunicazione sul paradigma Io contro Resto del Mondo:  oltre che con l’Unione Europea, se l’è presa con la Tunisia e con Malta; si è lamentato dei giornalisti, dei poteri forti e delle opposizioni; ha persino riesumato l’appellativo di rosiconi… insomma: gli manca solo di stigmatizzare i gufi per completare il dejà vu. Un altro tratto comune tra il Matteo del 2014 e quello del 2018 è l’iperattivismo: Salvini non perde occasione per esternare su qualunque tema, dal servizio militare alle sanzioni contro la Russia; moltiplica le promesse di riforme mirabolanti, dalla revisione della “Fornero” alla flat tax (per far risparmiare di più chi guadagna di più), passando per le espulsioni di massa, con un piglio che ricorda il Renzi di una riforma al mese. Il rischio è di alzare a dismisura il livello delle attese, con continui rilanci che servono a nascondere la modestia dei risultati effettivamente ottenibili, ma di finire per deluderle tutte, pagando un prezzo notevole in termini di consenso perduto.

Infine, tutto il nuovo governo dovrebbe sforzarsi di evitare un altro grave errore compiuto da Renzi: l’isolamento politico dell’Italia. Malgrado le suggestive photo opportunities, l’ex Presidente del Consiglio non è mai riuscito a creare alleanze con altri partner europei né sulla gestione dell’immigrazione (dove Minniti ha finito per fare da sé), né su una reale svolta nelle politiche di austerità imposte ai Paesi indebitati (tanto che ancora oggi abbiamo sopra la testa la spada di Damocle delle clausole di salvaguardia). Purtroppo, però, uno dei punti sui quali Salvini e di Maio sembrano andare più d’accordo è il sovranismo, cioè il principio per il quale ogni Paese deve badare ai fatti suoi e imporre i propri interessi a spese dei Paesi più deboli: è in base a questa logica che il governo minaccia il veto contro le sanzioni alla Russia (perché danneggiano gli esportatori italiani) o  alza la voce per affibbiare a qualcun altro la patata bollente dell’ennesimo carico di migranti. Occorre però considerare che in questa strategia del tutti contro tutti l’Italia rischia di essere il classico vaso di coccio in mezzo ai vasi di ferro e i proclami bellicosi, che suonano così bene in campagna elettorale, rischiano di ritorcersi contro chi li ha pronunciati.

Solo il tempo ci dirà  se è stata saggia la scelta del Movimento Cinque Stelle di trasformare una coalizione “di larghe intese” con la Lega in una strettissima alleanza politica, analogamente a quanto accadde tra Renzi e Alfano; se l’aver rinverdito il vittimismo e l’annuncismo del Renzi prima maniera avrà portato fortuna a Salvini; se l’introversione sovranista avrà avuto effetti benefici sull’economia del nostro Paese. Altrimenti, il consenso dell’attuale maggioranza di governo svanirà con la stessa rapidità con la quale è cresciuto e il consiglio di Giorgetti, che oggi sembra più che altro un’espressione scaramantica, si rivelerà essere stato una vera profezia.

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