Partiti e politici
La preferenza della signora Rita
Ripropongo su Gli Stati Generali un articolo che pubblicai su Europa Quotidiano il 24 luglio del 2012, dove attraverso l’immagine di un’elettrice denominata “signora Rita”, cercavo di far emergere tutte le storture derivanti dalle tanto discusse preferenze, argomento che ritorna ciclicamente ogni volta che in Italia si discute di leggi elettorali, ovvero a ridosso di ogni fine legislatura. La geografia politica del paese nel frattempo è radicalmente cambiata, ma quanto scrissi allora torna oggi molto attuale, vista la polemica in corso sulle liste e sui capilista del cosiddetto sistema tedesco. A rafforzare i miei dubbi di allora sul voto personale (non previsto in nessuno dei sistemi elettorali dei grandi paesi europei) si sono aggiunte decine di inchieste che anche nel passato più recente hanno coinvolto consiglieri comunali e consiglieri regionali in tutta Italia. Amministrazioni locali governate da un personale politico eletto con le preferenze, che per ottenerle si è talvolta macchiato di corruzione e voto di scambio. Un “effetto collaterale” che ha colpito tutti, persino i presunti onesti del Movimento 5 Stelle che pur governando in pochi comuni hanno già accumulato un notevole numero di inchieste a carico per reati derivati dalla ricerca del consenso, tantissimi se si considera il rapporto tra numero di eletti e indagati e soprattutto la loro così recente affermazione sulla scena politica. Indicativo il caso di Quarto, dove sono state accertate influenze sul voto da parte di esponenti della camorra. Insomma, in mezzo a quei pochi elettori (neanche il 10%) che desiderano scrivere un nome sulla scheda elettorale, ci sono molti che per scrivere quel nome vogliono qualcosa in cambio. Ciò rende e renderà sempre le preferenze un vettore di corruzione, a meno che non aumenti radicalmente il numero di elettori che le esprimono, ipotesi oggi alquanto remota.
Un’ultima riflessione. È davvero più “democratico” poter esprimere i nome del politico più gradito quando si vota? In termini assoluti forse sì, ma visto l’esiguo numero di preferenze espresse si rischia sempre di eleggere candidati espressione di minoranze organizzate insite negli stessi partiti. Ciò che dovrebbe realmente interessare l’elettore è invece una sorta di “tracciabilità del candidato”, ovvero poter sapere – al momento del voto – quale o quali saranno gli eletti in caso di vittoria del partito scelto nel proprio collegio elettorale. Più saranno chiari i nomi collegati alle varie liste e più i partiti saranno di fatto costretti a non candidare figure impresentabili
La preferenza della signora Rita
Come ormai abitudine, a pochi mesi dalle elezioni ci si affretta a cambiare la legge elettorale. Dopo il criticato Mattarellum e l’odiato Porcellum, ecco che da più parti si sente dire che la soluzione di tutti i problemi è il ritorno al proporzionale e soprattutto il super democratico voto di preferenza, che finalmente restituirà la sovranità al popolo dopo la dittatura dei “nominati”. Io non credo che la preferenza unica (perché quando si parla di preferenze va specificato) sia un sistema di rappresentanza democratica.
Lo sarebbe nel caso ipotetico in cui la maggioranza dei voti assegnati alle liste contengano la preferenza, ma così non è. Ad oggi – e verosimilmente anche in futuro – solo una minoranza dei voti di lista esprimono la preferenza e ne consegue che i “più bravi” a far scrivere il loro nome sulla scheda si dividono l’ipotetico “piatto” che è la quota di rappresentanza del partito. Ma i “più bravi” sono sempre i più capaci e i più onesti? Ovviamente no. I “più bravi” spesso sono personaggi un po’ rozzi, che non hanno dimestichezza con la lingua italiana e persino il loro dialetto appare sgrammaticato e poco comprensibile. Personaggi che dalla politica cercano solo quel valore aggiunto derivante dalla gestione del potere.
Il caso del consigliere comunale romano Samuele Piccolo – arrestato e accusato di aver usato fondi illeciti per finanziare cene elettorali e call center – non è certo isolato e non è limitato a un solo partito. Si pensi che uno dei consiglieri più votati a Roma è un esponente della nota famiglia che gestisce gli ambulanti in tutta la città, i Tredicine. I “più bravi” investono tanti soldi nella politica e non certo per beneficenza. Quei soldi “rientrano” attraverso quei canali che la politica può muovere, quei canali che dovrebbero servire ad erogare servizi alla comunità e che con questo sistema diventano voti di scambio.
I “più bravi” hanno dei grandi alleati che non sono come tutti pensano i grigi capi dei partiti che li mettono nelle liste. Gli alleati dei “più bravi” sono gli italiani – certo non tutti – ma buona parte di essi. Perché i “più bravi” sono l’esatta rappresentazione di ciò che oggi è il popolo italiano. Un popolo fatto di tante signora Rita col capello cotonato che inveiscono contro tutti i politici ladri che “si mangiano tutto”. Ma la signora Rita dal capello cotonato è la prima a non chiedere la ricevuta dal discutibile parrucchiere in cambio dello sconto. La signora Rita sotto elezioni parteciperà a qualche cena elettorale gratuita organizzata da uno dei “più bravi” e scriverà sotto la scheda il nome del benefattore come da santino accuratamente disposto sotto il flûte del prosecco… “perché la pasta era un po’ scotta ma il polpettone era buono”
Ma la signora Rita dal capello discutibilmente cotonato in fondo è il male minore, perché alla cena gratuita i veri problemi sederanno al tavolo centrale insieme a uno dei “più bravi” e fra un boccone di pasta scotta e un pezzo di polpettone saranno lì a dividersi i proventi del dopo elezioni, forti delle buste paga dei figli e dei nipoti delle tante signora Rita dal capello discutibilmente cotonato alle loro dipendenze. Famiglie da mobilitare nel gran giorno della festa della preferenza.
E più andiamo a Sud e più il fenomeno si fonde con quel cancro che è il controllo del territorio da parte della criminalità organizzata. Viene da chiedersi perché nessuno capisca che la politica è la punta dell’iceberg di qualcosa di assai più vasto e articolato: la regressione morale, culturale e civica di un popolo, un popolo per quasi 20 anni che ha votato a maggioranza un clown e ora paga quella scelta a suon di tasse. Che poi la soluzione sarebbe semplice. Basterebbe tornare a quei collegi uninominali che inchiodavano l’eletto al territorio dove era candidato e al dovere di rappresentarlo. E inchiodavano i partiti a scegliere candidati presentabili per vincere nei collegi. Una cena in meno per la signora Rita dal capello discutibilmente cotonato e qualche colluso in meno in parlamento.
(da Europa Quoridiano, 24 luglio 2012)
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