Partiti e politici
La politica degli insulti
Non so se l’ultima battutaccia di Salvini sulla Boldrini, paragonata ad una bambola gonfiabile, sia stata un infortunio, in pratica “una voce dal sen sfuggita”.
A me sembra piuttosto il frutto di una messinscena ideata a tavolino.
Uno si domanda: perché sul palco di un comizio dovrebbe all’improvviso spuntare una bambola gonfiabile? E fa molta fatica a darsi una risposta sensata…
Comunque sia, infortunio o copione ben costruito, quella battuta è un segno di debolezza.
La marcia di Salvini, che sembrava inarrestabile, si è fermata da un pezzo.
Per due motivi.
Il primo è che, ovviamente, per incrementare il bacino dei suoi sostenitori, Salvini può puntare solo sugli elettori di destra (che non sono infiniti) e che tra questi – che lui ci creda o no – ce ne sono molti che non amano la politica degli insulti.
Il secondo motivo è questo: esiste un altro”forno”per gli amanti della politica degli insulti e delle provocazioni, di cui Salvini è campione indiscusso, ma non monopolista.
Ricordiamo tutti che un paio d’anni fa, nel suo blog, Beppe Grillo chiese ai suoi sostenitori : “Cosa succederebbe se ti trovassi la Boldrini in macchina?”, dando automaticamente il via ad una gara di battute una più squallida dell’altra.
La mia impressione è questa.
Grillo ha avuto la accortezza di capire che, avendo fatto il pieno degli aficionados della politica degli insulti, per ampliare ulteriormente i suoi consensi, doveva farsi un po’ da parte e sperare che gli eletti del Movimento fossero in grado di puntare anche sui contenuti.
È così che l’elettorato potenziale dei 5 stelle è arrivato al 30% ed ha anche conquistato città importanti come Roma e Torino.
Salvini, invece, è tetragono.
È partito con gli insulti e, aumentando il volume della voce e la beceraggine dei contenuti, spera ancora di conquistare nuovi spazi.
Ragionamento miope.
Nel centrodestra cominciano a capirlo in molti: per avere qualche speranza di rimonta serve un leader pensante, in grado di proporre soluzioni.
Il risultato di Parisi a Milano ne è la prova: non ha vinto, ma ha aggregato molti più consensi del previsto ed è stato in partita fino alle fine.
Ma forse è vero quello che molti hanno fatto notare a Salvini: un politico ricorre agli insulti quando ha difficoltà a formulare i contenuti.
E questa battuttaccia sulla bambola gonfiabile rischia di essere non solo un temporale di mezza estate, ma anche la prima tappa dell’inevitabile declino di un leader che ormai non ha più molto di nuovo da dire.
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