Partiti e politici

La nostalgia di quel partito che non c’è

18 Novembre 2018

La mancanza della politica all’interno del sistema democratico continua a generare danni forse irreparabili. In questo bel commento c’è tutta l’amarezza di chi ha tentato l’esperienza di Liberi ed Uguali (LeU) e si trova oggi con un pugno di mosche. (https://www.glistatigenerali.com/partiti-politici/leu-e-morto-viva-leu/). Ma quello di LeU non è stato un caso isolato.

Da decenni, in prossimità delle elezioni, spuntano alcune liste apparentemente chiare nell’analisi e nella proposta, e che sono invece pure operazioni “estetiche”, il cui chiaro obiettivo è coprire nicchie di elettorato che, se potessero, voterebbero una certa offerta politica. In quel modo di punta a raschiare qualche voto in più e, se possibile, a garantire un posto in Parlamento agli “amici degli amici” che, nelle liste dei partiti principali, rischierebbero troppo. In questo senso +Europa e LeU non solo si equivalgono, ma sono la sintesi della stessa rinuncia alla politica di quella che una volta avremmo potuto chiamare “sinistra”.

 

Mi spiego. In Italia esiste una percentuale consistente di cittadini che sono apertamente e lealmente favorevoli ad una crescita del peso dell’Unione Europea nelle decisioni non solo economiche, ma anche (e soprattutto) sociali, militari, giuridiche. Esiste anche una percentuale importante di cittadini che, dopo che la Democrazia Cristiana ha risucchiato ed annullato ciò che restava del PCI, rimpiange alcuni temi ed alcune tesi proprie della sinistra classica. Sta di fatto che LeU e +Europa, dopo aver garantito alcuni posti in Parlamento, hanno esaurito il loro compito e non hanno né la dirigenza, né i quadri, né la tradizione, né lo spessore (ma soprattutto non ne hanno la voglia) per combattere certe battaglie di principio e rendere credibili le tesi che avevano propalato durante la campagna elettorale. Ed il PD non è certo in una situazione migliore.

 

 

Ho ascoltato Francesco Boccia, Marco Minniti e Nicola Zingaretti in diverse trasmissioni TV. Su una cosa concordavano tutti. Alla domanda su quale fosse “in soldoni” il programma politico con cui il PD intende ricreare un minimo di credibilità nell’elettorato, tutti e tre svicolano, tranne Boccia, che alla fine, incalzato, risponde candidamente: Non lo so, vedremo dopo il Congresso. Il che significa che il Congresso non verrà tenuto su programmi politici, ma su intrighi di palazzo, ed il PD è condannato all’inutilità. Continuerà a sopravvivere perché le forze spontanee della “società civile”, come fu Fermare il Declino, e come sono le signore che hanno organizzato le due manifestazioni a Torino e Roma, non hanno i soldi, né la capacità, né l’organizzazione per convergere in un nuovo partito, di cui tutti sentiamo fortemente l’esigenza.

Da questo partito non ci si aspettano miracoli, ma semplici posizioni salde e progressiste. Progressiste non significa “tendenti alla dittatura staliniana”, ma altro: il recupero (urgentissimo) del dissesto idrogeologico; l’uso delle risorse a disposizione per il welfare a favore delle categorie più sfavorite (anziani, malati, bambini, donne, poveri), ma soprattutto l’uso di quelle risorse in modo da rendere produttivo ciò che oggi produttivo non è; la soluzione dei problemi affrontandone la radice, e non fingendo di aggredirne gli effetti (immigrati in testa); misure finanziarie e strutturali a sostegno delle aziende; aumento delle strutture dell’istruzione e della giustizia, in modo da migliorarne l’efficienza; partecipazione attiva ad un profondo e totale rinnovamento dell’Unione Europea.

 

Da questo partito ci si aspetta che combatte le battaglie politicamente, non che aspetti che la magistratura lo faccia al suo posto. Che combatta anche le posizioni che (apparentemente) sono di forte minoranza, ma che sono necessarie alla coerenza di un quadro generale chiaro e definito. Un partito che non insegue (né i like di Facebook, né gli umori della parte più rabbiosa e meno istruita della popolazione), che non pretende di essere seguito (come voleva il paternalismo renziano), ma che discute, che crea forme vere ed efficienti di partecipazione della base, che ovviamente sono una minaccia alle pastette delle correnti, perché allargano la base di chi collabora con l’azione politica.

Per ora LeU muore, e +Europa si arma, nella speranza di portare un paio di scagnozzi, senza avere nessuna vera linea politica e connessione con la popolazione, nel Parlamento di Bruxelles. L’Italia che tace, che non è più la “maggioranza silenziosa” di mezzo secolo fa (quella è divenuta la base latrante del M5S e della Lega), ma è l’Italia di coloro che, visto il tramonto dell’intelligenza, si rifugiano dentro casa e cercano solo di sopravvivere al diluvio.

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