Partiti e politici
La morte del centrodestra
A parlare di morte di un soggetto politico si rischia di subire la vendetta di quanti riescono a sopravvivere o anche a resuscitare; ma al momento il quadro complessivo del centrodestra fa proprio pensare che in Italia sia prossimo un cambio di assetto radicale, pari a quello avvenuto nel passaggio dalla prima alla seconda Repubblica. Per provare a immaginare questo radicale cambiamento non si può che partire dalla crisi di Forza Italia: spaccata da mesi e mesi, sempre più irrilevante per l’elettorato (nonostante il ritorno al vecchio “brand” che avrebbe dovuto garantire il rilancio dopo la crisi del Pdl), segnata da una leadership ancora in grado di incidere sulla politica nazionale ma in declino irreversibile, messa in un angolo dalle mosse di Renzi e oggi davanti a un dilemma: continuare ad appoggiare il Pd sulle riforme in modo da avere un ruolo (e di far sopravvivere politicamente il suo leader) o abbandonare tutto senza sapere quale possa essere la nuova strada da percorrere?
Forza Italia, stando ai sondaggi, vale ormai per il 13/14% dei voti, costantemente superata dalla Lega Nord. Ma soprattutto si sta realizzando dopo più di due decenni quelli che si è sempre pronosticato: la fine della leadership di Silvio Berlusconi lascia il deserto dietro di sé. E per un partito (soprattutto se di destra) ritrovarsi senza un valido successore, senza gli strumenti per sceglierlo senza arrivare al tutti contro tutti (un congresso vero o addirittura le primarie) e senza nemmeno la materia prima per affrontare questo passaggio (ovvero una nuova classe dirigente) significa l’esplosione in una miriade di piccole correnti impazzite che non saranno mai in grado di stare assieme nel momento in cui il capo lascerà o sarà spodestato.
I partiti in grado di rinnovare la propria classe dirigente sanno risorgere come l’araba fenice anche nei momenti più difficili della loro esistenza: la Lega Nord sembrava morta dopo lo scandalo che l’ha travolta e la fine politica di Bossi; oggi la ritroviamo più in forma che mai. E anche il Partito Democratico non sembrava molto in forma dopo la “non vittoria” del 2013; oggi è saldamente il partito che orienta e determina tutto lo scenario italiano.
Ma la fine a cui sta andando incontro Forza Italia porterà con sé altre vittime: il Nuovo Centrodestra (fuso con l’Udc) ha le sole prospettive di ritornare in Forza Italia nel momento peggiore della sua esistenza oppure di sciogliersi all’interno del Partito Democratico ritrovandosi nella più assoluta irrilevanza politica. L’unica chance di sopravvivenza del centrodestra è quella di rimettere assieme i cocci in una coalizione (che se l’Italicum rimane così com’è deve addirittura diventare una lista) che tenga assieme Lega, Fi, Ncd e Fratelli d’Italia. Partiti tra loro ormai così distanti che da parte del centrosinistra potranno finalmente vendicarsi delle ironie sulla “armata Brancaleone” che hanno subito ai tempi de l’Unione di Prodi e non solo.
Una coalizione che avrebbe ben poche chance di vittoria e una credibilità ancora minore. Tanto che pensare che Salvini abbia intenzione di imbarcarsi su una nave che rischia di affondare portando con sé anche la sua Lega nuova di zecca è davvero azzardato. E quindi?
Al momento la cosa più probabile è che tutto il centrodestra arrivi al capolinea. Forza Italia è una pentola in ebollizione che nel momento in cui esploderà si trasformerà in innocuo vapore; l’Ncd entro breve potrebbe essere relegato a un breve paragrafo di un libro di storia dei partiti; la Lega Nord se ne starà per conto suo all’estrema destra dello spettro politico, magari con grande successo popolare ma senza chance di governo (cosa che a Salvini potrebbe andare benissimo).
E il Partito Democratico, in tutto questo? Potrebbe davvero cambiarsi d’abito nella cabina telefonica e uscirne con il mantello e lo scudo crociato della Democrazia Cristiana sul petto. La prateria che sta per aprirsi alla sua destra sarebbe un territorio di caccia troppo vasto per Renzi per non approfittarne e lasciare che sia qualcun altro, prima o poi, a raccoglierlo (come fatto da Berlusconi a suo tempo). A quel punto, però, sarebbe inevitabile la sua scissione con la nascita di un nuovo soggetto a sinistra che, auspicabilmente, raggruppi attorno a sé i mille rivoli della diaspora ex comunista.
Lo scenario fantapolitico a questo punto sarebbe drasticamente simile a quello della prima Repubblica: con gli scissionisti della sinistra Pd nei panni del Partito Comunista Italiano; il Partito Democratico nei panni di una Dc modernizzata (soprattutto sui temi etici e dei diritti civili) e la Lega Nord isolata, là in fondo a destra, nei panni di un nuovo Msi. E il Movimento 5 Stelle? Chissà, al momento sembra destinato a finire come l’Uomo qualunque di Giannini.
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