Partiti e politici
La “maledizione”delle primarie
Leggendo e ascoltando qua e là in questi giorni le dichiarazioni dei vari leader politici, ho questa sensazione, che non è originale, anzi sta diventando quasi un luogo comune : mentre a destra, per usare il linguaggio di Bossi, i conflitti trovano sempre una “quadra”, consentendo a Berlusconi e ai suoi alleati di andare compatti alle elezioni, nel centro-sinistra quasi tutti i leader sembrano più appassionati alla demarcazione dei confini tra loro che al risultato.
Grande errore del Pd, che però continua a mantenere uno zoccolo duro e quindi avrà anche dopo, pur sconfitto, un suo potere contrattuale.
Grandissimo errore della sinistra alternativa in cui praticamente chiunque ritiene di potersi alzare la mattina e fondare un movimento mettendo in atto due azioni che sono ormai diventate un clichè :
1) inventarsi un nome di battaglia evocativo (Liberi ed Uguali) oppure fantasioso ( esteticamente apprezzo molto “La mossa del cavallo”).
2) chiamare a raccolta il cosiddetto ceto debole
Sforzi lodevoli : peccato che, come dimostrano da tempo le analisi dei flussi elettorali, il cosiddetto ceto debole abbia già scelto i 5 stelle o la Lega.
A quelle formazioni dal nome fantasioso aderiranno con il voto alcune illuminate minoranze di garantiti.
Ma se la premessa è ovvia – insieme si vince, separati si perde – com’è che assistiamo ancora una volta a questo film?
Semplice, perché esistono le primarie.
Come? dirà qualcuno, quello è il maggiore e più significativo passo avanti fatto in Italia da sempre per far partecipare alla vita di un partito simpatizzanti e iscritti e adesso salta fuori che sono una specie di peccato originale, una “maledizione”?
Difficile sostenerlo senza fare la figura degli elitari e dei retrivi.
Ma è difficile anche non ricordare che quello strumento- le primarie – non è nato per “cercare” una soluzione al problema della leadership del Centrosinistra.
Quella soluzione già c’era, ce lo ricordiamo tutti, era Prodi. Ed era stata decisa dall’alto, cioè dai maggiorenti del partito.
Fu Prodi ad esigere quella consultazione.
Memore di quanto accaduto nel 1998, voleva un mandato popolare, il più possibile esteso ed inequivocabile.
E lo ebbe.
La “maledizione” (insisto con le virgolette per avere la certezza che si capisca che sto facendo dell’ironia) qual è stata allora?
E’ stata questa: che quello strumento, nato per incassare una conferma alle decisioni prese davanti al caminetto da alcuni leader (sempre gli stessi) si trasforma in qualcosa di diverso, diventa con gli anni il grimaldello per dare la scalata al partito dal basso.
E il giorno in cui questo strumento consegna, in maniera del tutto imprevista, le chiavi del partito a qualcuno che non ha mai partecipato ai caminetti, scoppia il dramma.
E inizia il balletto che conosciamo, la guerra, prima sotterranea, poi sempre più aperta ed esplicita, tra i signori dei caminetti e il vincitore inaspettato delle primarie.
Alcune discussioni all’inizio sembrano più che legittime.
Che tra vecchie e giovani leve di un partito ci possano essere visioni diverse sulle scelte da fare e sulle soluzioni da prendere, ci sta. Anzi è segno di vivacità, di rinnovamento.
Ma, poi, poco alla volta, prevalgono, da una parte e dall’altra, i rancori.
I conflitti interni diventano sistematici, sconcertano l’opinione pubblica, che assiste, di continuo, al lancio di progetti importanti per la vita del paese e alla contestuale campagna di de-marketing di questi progetti condotta dalla minoranza del partito che esprime il Presidente del Consiglio.
Il referendum del 4 dicembre è il momento clou di questa offensiva. La sconfitta del fronte del Si sembra aprire la strada al risultato auspicato: Renzi a casa e partito restituito ai signori dei caminetti, missione compiuta.
Macché…Esistono ancora le “maledette” primarie. Il partito ha passato una vita ad esaltarle come strumento di democrazia avanzata e adesso non può rinnegarle, nemmeno i signori dei caminetti osano farlo.
E, purtroppo per loro, Renzi rivince le primarie.
E continua a fare…il Renzi, cioè quello che, per filosofia di vita o per attitudine di carattere, genera più conflitti che armonie, più antipatie che simpatie, insomma quello che, come si dice in gergo, non è “farina da far ostie”
A questo punto scatta il Piano B: i signori dei caminetti creano un nuovo partito, si guardano bene dal renderlo contendibile (non lo dicono a nessuno, ma le primarie ormai li terrorizzano), scelgono e acclamano loro il nuovo leader, che è il presidente del Senato Pietro Grasso.
Il secondo passo è scontato: niente accordo di coalizione con il Pd, paese consegnato alle Destre.
Dopo di che forse si renderà possibile il terzo passaggio : Renzi colpevolizzato della sconfitta (al di là dei suoi demeriti e dei suoi errori che pure ci sono) e disarcionato dalla guida del Pd con rientro nella stanza dei bottoni del partito dei signori del caminetto.
Sul terzo passaggio, però, qualche dubbio continuo ad averlo. Come faranno i signori dei caminetti a allontanare da sé l’amaro calice, la “maledizione” delle primarie?
Cosa si inventeranno per spiegarci che non sono più uno strumento di partecipazione avanzata?
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