Partiti e politici
La giustizia sommaria contro Paragone
Il processo -se vogliamo impropriamente così definirlo – che ha subito Paragone tradisce l’effettiva anima dei Cinque Stelle: non sono un Movimento, non sono un partito politico uniformato al metodo democratico ed al rispetto del dissenso e delle garanzie per la salvaguardia dei diritti delle minoranze.
Siamo al cospetto di una giustizia sommaria.
Come insegna il Costituente, anche i partiti politici o i Movimenti si devono comunque attenere al metodo democratico (art.49), soprattutto sul piano formale per il rispetto delle garanzie procedimentali.
E questo non è avvenuto nel caso di Paragone.
1-Nella notte del 31 dicembre 2019 (già scegliere questa data la dice lunga) gli è stato notificato il provvedimento di espulsione. Si tratta della sanzione più incisiva e pesante che possa subire un iscritto ad un partito. Ma qui è la prima grave violazione dello Statuto del Movimento Cinque Stelle: il procedimento contro Paragone non nasce in ragione di una denuncia formale, ma come si dice, d’ufficio, come se si trattasse del peggiore delinquente da scovare e catturare perché è fatto notorio che sia tale. Nel caso dell’espulsione, come insegna la migliore dottrina e giurisprudenza, trattandosi della sanzione più grave, deve essere assicurato all’incolpato un contraddittorio ed il processo non può nascere d’ufficio, ma su sollecitazione, denuncia che contenga la descrizione dell’imputazione. Dunque non è stato neppure sentito il senatore Paragone, ma direttamente espulso.
Non rispettando il principio del contraddittorio, ma avviando d’ufficio il detto processo, si può ritenere, senza ombra di dubbio che esso già nasca nullo, perché è lo stesso Statuto dei 5 Stelle che impone una denuncia che non c’è stata, non si riscontra. Espressamente l’art. 11- rubricato procedimento per l’irrogazione delle sanzioni disciplinari- prevede che il processo può essere avviato previa denuncia del Capo Politico, del Comitato di Garanzia o di qualunque iscritto. Il collegio dei Probiviri, invece, si è mosso motu proprio, nessuno ha denunciato il senatore Paragone.
2-Il collegio dei Probiviri deve essere costituito da tre membri, eletti mediante la consultazione in rete, scelti e designati dal Garante in una rosa di cinque.
La norma statutaria prevede che i Probiviri non debbono ricoprire altri incarichi. Nel caso di Paragone, uno dei probiviri è il Ministro Dadone che perciò non può far parte del detto collegio. Invece la medesima, anche se si è astenuta in sede decisionale, comunque ha partecipato alla costituzione del Collegio assicurando che la maggioranza del quorum fosse quella deliberativa, quando, essendo in conflitto di interessi, non avrebbe potuto. Ecco allora che anche per questa ragione l’espulsione di Paragone è nulla. E si tratta di una gravissima violazione, perché il collegio non poteva proprio formarsi, costituirsi. Esso, infatti, non ha l’essenza della terzietà, dell’imparzialità.
Opportunamente nel 2018 Riccardo Fraccaro, nominato Ministro, lasciò la carica di probiviro, cosa che non è avvenuta nel caso della Dadone.
3- Sul piano del merito la decisione è infondata, dal momento che è Paragone, colui che non ha tradito la politica originaria e dei principi del Movimento: la testimonianza è stata resa autorevolmente da Di Battista, uno dei Capi politici dei Cinque Stelle. Egli ha dichiarato in modo netto, sicuro ed esprimendo la sua preziosa solidarietà: “Gianluigi è infinitamente più grillino di tanti che si professano tali. Non c’è mai stata una volta che non fossi d’accordo con lui. Vi esorto a leggere quel che dice e a trovare differenze con quel che dicevo io nell’ultima campagna elettorale che ho fatto, quella del 33% per cento”.
Paragone va reintegrato: se così non fosse, il Movimento Cinque Stelle non è democratico e le sue decisioni saranno sbugiardate e dileggiate dalla giustizia ordinaria.
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