Partiti e politici

La “fase due” di Giuseppe Conte (del governo forse, del premier di sicuro)

3 Giugno 2019

Una quarantina di minuti totali, di cui trentotto di introduzione e due di ciccia. Poi le domande. Il lungo e del tutto irrituale discorso alla nazione all’inizio della conferenza stampa, infatti, è un ampio affresco programmatico che accarezza a volo d’uccello quanto è stato fatto, quel che resta da fare, quel che bisogna continuare a fare per dare effettività ed efficacia a provvedimenti. Reddito di cittadinanza, autonomie, flat tax, e molti altri ingredienti, declamati con sicurezza e tranquillità da un Giuseppe Conte che, in un anno di governo, ha acquisito evidentemente abitudine alla politica e alle sue pressioni.

Poi, il nodo politico, che Conte ha provato a sciogliere parlando non più alla nazione ma ai due vicepremier, Salvini e Di Maio. Ai quali Conte ha semplicemente chiesto di smetterla di fare campagna elettorale, di smettere di fare casino, di smetterla di postare su Facebook con ogni forza per risparmiare energia e dedicarsi di più al lavoro vero. Ha rivendicato il proprio ruolo di garante, di fatto provando ad obbligare i due dioscuri – uno sulle cresta dell’onda, l’altro nella polvere, dopo le ultime elezioni – a sottoscrivere nuovamente il patto originario per rilanciarlo, oppure ad assumersi la responsabilità della fine dell’esperienza del governo del cambiamento, che altro non sarebbe – ha sottolineato – che “il governo della buona politica che gli italiani aspettano e chiedono da tanti anni”. Ha sottolineato le litigiosità pre-elettorali che hanno distratto dalla vera funzione di governo ma, fondamentalmente, ha confermato il proseguimento dell’esecutivo, “salvo diversa intenzione espressa delle parti”, potremmo dire nella lingua dei legulei.

Quando il discorso si è fatto appuntito, però, l’avvocato del popolo si è fatto concavo per attutire il colpo. Quando gli è stata chiesta la tempistica della verifica, ha detto che si capirà tutto “molto presto”, ma stando attentissimo a non mettere dead line. Quando gli è stato chiesto se la Tav si fa o no, si è spinto in una lunga circonvoluzione sulla credibilità dell’analisi costi benefici e ha coinvolto anche il rapporto con la Francia di Macron: non escludendo però nè la strada che porta il traforo oltre le Alpi, nè quella che lo terrebbe invece tra le tante opere mai realizzate. A chi gli ha ricordato le sue origine politiche a Cinque Stelle Conte le ha smentite con nettezza, dicendo di non essere mai stato iscritto, cercando di rafforzare ancora di più la propria autonomia funzionale, in un discorso iniziato ribadendo fedeltà solo alla Costituzione e finito ringraziando Mattarella per il lavoro, e dichiarando profonda stima per il presidente.

Neanche il tempo di finire la conferenza stampa e arriva la risposta di Salvini, sempre su Facebook: “Noi non abbiamo mai smesso di lavorare, evitando di rispondere a polemiche e anche insulti, e gli Italiani ce lo hanno riconosciuto con 9 milioni di voti domenica. Proprio oggi ad esempio ho inaugurato col governatore Zaia il primo tratto della Pedemontana Veneta, opera fondamentale attesa da quasi trent’anni. L’Italia dei Sì è la strada giusta.
Flat Tax e taglio delle tasse, riforma della giustizia, Decreto Sicurezza Bis, autonomia regionale, rilancio degli investimenti, revisione dei vincoli europei e superamento dell’austerità e della precarietà, apertura di tutti i cantieri fermi: noi siamo pronti, vogliamo andare avanti e non abbiamo tempo da perdere, la Lega c’è”. Insomma, una risposta che non contesta il discorso nei passaggi in cui esso rimprovera i vicepremier e in cui, se non si cita il reddito di Cittadinanza caro ai Cinque Stelle, anche la Tav passa in secondo piano.

Dalle parti del Movimento tutto tace, per un po’, poi arriva Di Maio, sempre su Facebook. “

Il MoVimento 5 Stelle è la prima forza politica di maggioranza e ha sempre sostenuto questo Governo. Lo abbiamo sempre fatto lealmente e crediamo che ci sia ancora tanto da fare e soprattutto un contratto da rispettare.

Noi siamo leali, vogliamo metterci subito al lavoro e crediamo che i fatti siano la migliore risposta in questo momento. Da domani stesso serve subito un vertice di governo in cui vogliamo discutere insieme:

– la revisione dei vincoli europei per abbassare finalmente le tasse agli italiani anche con la Flat Tax;

– il salario minimo orario per i lavoratori italiani;

– il provvedimento sugli aiuti alle famiglie che fanno figli.

Ci sono due cose importanti dal punto di vista umano: chiedo finiscano gli attacchi ai ministri del MoVimento 5 Stelle, rispettando il lavoro di ognuno e, siccome nel contratto c’è ancora tantissimo da fare, non è certamente il momento per proporre temi divisivi mai condivisi fuori dal contratto.

Questa è l’unica maggioranza possibile e che può servire meglio il Paese.

Andiamo avanti con lealtà e coerenza. Dobbiamo cambiare ancora tante cose“.

La sensazione è che le ragioni per continuare siano superiori, nel complesso, rispetto a quelle per avventurarsi nel mare impervio di una campagna elettorale estiva con lo spread a 400. Poi si vedrà, ma se la squadra di governo supererà, in qualche modo, le scadenze del bilancio e le pressione di mercati e Unione Europea, il cammino riprenderà, più o meno spedito, più o meno armonioso.

Poi arriverà la prossima campagna elettorale. Intanto, da oggi, Giuseppe Conte ha messo un piede nella porta. Quando vuole, d’ora in poi, con la parsimonia e l’astuzia che ha mostrato, potrà parlare direttamente con l’opinione pubblica. Non senza il benestare, decisivo, anche oggi, di Sergio Mattarella.

 

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