Partiti e politici

La farsa delle parlamentarie grilline e il sogno infranto dell’uomo qualunque

18 Gennaio 2018

La favola è finita, ma non tutti vivranno felici e contenti. Tra esclusi eccellenti, candidati a loro insaputa e i tanti delusi del popolo dei senza arte né parte che pensavano di poter sbarcare il lunario ottenendo con qualche clic un posto da deputato o senatore, le parlamentarie del Movimento 5 Stelle (che si sono svolte sulla famigerata piattaforma Rousseau) hanno deluso migliaia di attivisti e simpatizzanti del partito della Casaleggio Associati che si sono visti escludere – senza alcuna spiegazione – dalla loro “corsa al potere”. Il loro sogno era quello di poter diventare ciò che odiano: quei “politici di professione” che – nel loro distorto immaginario – sono persone che non hanno mai lavorato in vita loro e che vivono mantenuti dalla comunità senza far nulla.

La memoria di molti deve essere andata a cinque anni fa, quando con pochi clic e forti di un risultato inaspettato, molti personaggi improvvisati si sono ritrovati a Montecitorio e a Palazzo Madama armati di apriscatole e di slogan letti sul blog di un comico da ripetere a memoria. Qualcuno avrà pensato: «Se ci è riuscita una come Paola Taverna per me sarà una passeggiata». Ma una passeggiata non è stata. Nelle segrete stanze della piattaforma Rousseau è infatti accaduto quello che accade un po’ in tutti i partiti: qualcuno ha operato una selezione. Il motivo di questo intervento, che con l’anarchia della rete c’entra ben poco, è facilmente intuibile e in parte è stato confermato anche da fonti interne allo stesso M5S: si è cercato di evitare candidature imbarazzanti di personaggi sopra le righe, teorici delle scie chimiche e dell’esistenza delle sirene, incalliti haters e disoccupati in cerca del “colpaccio”.

La scelta non stupisce affatto. In questi cinque anni il cartello nato con lo slogan “uno vale uno” è cambiato molto, sia nella forma che nella sostanza. Le nuove regole interne hanno dovuto fare i conti con i tanti guai giudiziari dei pochi sindaci eletti, da Virginia Raggi a Chiara Appendino, da Patrizio Cinque a Filippo Nogarin, per citare i casi più noti. E anche la scelta di designare come candidato premier il meno ortodosso dei parlamentari segna una forte “normalizzazione”. Luigi di Maio sembra più lo steward di un meeting di Comunione e Liberazione più che uno dei tanti urlatori di piazza dei “vaffa day” che furono.

Il fatto è che il Movimento 5 Stelle diventa sempre più un partito azienda e il sogno della “democrazia dal basso” si è ormai infranto sotto i colpi delle troppe figuracce e dei troppi fallimenti di questi anni. La Casaleggio Associati sa che il consenso ottenuto e mantenuto grazie a un abile lavoro di propaganda 2.0 deve ora essere distribuito senza commettere troppi errori e affidato il più possibile a persone fidate. Se poi ci saranno nuove defezioni (e ci saranno), magari dovute a qualche abile hackeraggio, sarà un buon pretesto per limitare ancora di più l’influenza del “popolo della rete” e poter decidere tutto in autonomia, senza ricorrere troppo agli imprevedibili clic.

Sia chiaro. Il problema della scarsa selezione delle classi dirigenti riguarda tutte le forze politiche, a cominciare dai partiti tradizionali. Ma il Movimento 5 Stelle aveva teorizzato e provato a mettere in pratica l’ascesa al potere dell’uomo qualunque, ovvero l’estrema negazione della figura stessa del politico. Ora torna sui suoi passi, ammettendo implicitamente il fallimento di quell’idea e selezionando – seppur con criteri e mezzi improvvisati – una sorta di personale politico.

L’uomo qualunque, che un tempo aveva confidato negli sketch di un comico per ottenere un posto al sole senza averne i meriti e sanare così la sua atavica invidia sociale, si ritrova ora a osservare a testa in su la nascita di una nuova élite a cui magari presterà ancora una volta il voto pur sapendo che non potrà mai far parte di essa, portandosi dentro l’eterna infelicità di chi da adulto continua a credere alle favole…

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