Partiti e politici

La dittatura dell’immaginario

25 Luglio 2020

Fa orrore, giustamente, leggere su Libero che Salvini insinui il dubbio che il Governo diffonda SARS-CoV2 nella popolazione italiana («sparge infetti»). Viene da pensare: «È impazzito!», che significa ritenere il suo uno scostamento davvero importante rispetto alla sua norma consueta; oppure «Il solito sciacallo!», che vuol dire ritenere simili affermazioni organiche al suo modo di fare politica. Il punto è che “sciacallo”, “somaro”, “vergogna” o “pazzo” sono parole-totem, simulacri del malcontento democratico che non permettono, però, di cogliere il problema: perché se vogliamo comprendere Salvini, come prima cosa dobbiamo avvicinarlo.

 

 

Salvini, come ogni politico, esprime una relazione del soggetto con il vuoto; significa che, prima di lui, il posto che oggi occupa era vacante, non rappresentato o irrappresentabile. Chi si sia avvicinato alla Politica piccolina, quella dei circoletti che, ostinatamente, cercavano di riportare un po’ di Comunismo, di sano Comunismo nel mondo, si sarà accorto che il discorso leghista assomiglia a quello che si ritrovava in quel circolino. Antifascismo, anticapitalismo, lotta dura, rivoluzione, ma anche “Che c’entrano i negher?” e “Non si fa politica per gli invertiti”. Quando la Sinistra ha iniziato a interessarsi di diritti civili e migrazioni, si è aperto un varco: non c’è stato internazionalismo che tenesse, molti vecchietti e molti discepoli duri e puri si sono trovati disorientati, scontenti e si sono sentiti traditi.

Salvini ha dato forma a un sistema che ha attratto tutti gli scontenti e i diseredati della Sinistra, a cominciare da se stesso: giovanotto della generazione X, liceale milanese spaesato, maschilista col caschetto á la Fantaghirò, sancarlino al Leoncavallo, comunista bramoso di apparire nelle TV di Berlusconi; insomma, un coacervo di dissonanze cognitive che lo hanno cucinato in un brodo di tensioni, finché non è arrivata un’idea madre: il rosso-brunismo, cioè la possibilità di giustificare filosoficamente e ideologicamente le sue stesse incoerenze, di essere così di Sinistra da diventare populista di Destra. Se la Sinistra ascolta la gente, e se la gente è razzista, essere razzisti è stare con la gente, mentre fare discorsi anti-razzisti è da radical chic.

 

Salvini non riempie solo i vuoti ideologici, ma anche quelli di metodologia politica. Già Berlusconi capì che ricorrere agli strumenti che già usavano gli uffici marketing delle sue aziende, e applicarli alla politica, gli avrebbe dato uno scarto interessante sui suoi avversari; ed ecco che, per almeno due decenni, focus group e interviste in profondità gli hanno dato parole d’ordine, argomenti, persino le barzellette giuste al momento giusto. Pare poco, ma oggi Gaber sarebbe d’accordo sul dire che “i sondaggi sono di Sinistra, i focus group di Destra”, dal momento che personaggi come D’Alema, Bersani e Prodi si sono sempre ostinatamente concentrati sui metodi quantitativi, finché non hanno scoperto sulla loro pelle che i sondaggi d’opinione e i censimenti non riescono a penetrare gli strati profondi del senso comune, e si sono trovati così esposti all’inatteso urto. Salvini non ricorre ai focus group, ma a un altro metodo del marketing: il Social Media Management.

Salvini ha capito che la pancia delle persone non va interpretata a suon di Sociologia, ma di Psicologia Sociale. La Sociologia come teoria critica della società oggi impazzisce nel cercare di interpretare la contemporaneità alla luce di categorie quali classe, o ceto, tanto che le versioni più recenti parlano di liquidità proprio come testimonianza della difficoltà di rilevare gli aspetti dinamici e contraddittori di ciò che ci rende così come siamo: cosa definisce la fragilità oggi? Il fatto di essere disoccupato da una vita, magari con un lavoro nero, e percepire sussidi? O di essere un imprenditore separato che riesce a malapena a permettersi un monolocale? E i NEET, che possono permettersi di non lavorare e non studiare in quanto mantenuti, sono fragili? E gli anziani pensionati che sognavano una vecchiaia da Boom economico e invece si ritrovano con uno stipendio da ricercatore?

Salvini lo sa, che la fragilità non è definita da condizioni socio-economiche strutturali ma da un modo di sentirsi nel mondo, e quindi alimenta costantemente l’idea di essere poveri cristi, mentre la Sinistra cavalca l’onda (ormai esauritasi, ma nessuno se ne è accorto) del borghese illuminato. Ha capito che la rabbia è un mercato, che è sufficiente un mood per creare un sistema di credenze e di valori, che basta un’euristica per sdoganare un’idea, che una rappresentazione sociale vale più di mille dati; che leggendo slogan schifosi ogni giorno dopo un po’ non li si trova più tanto schifosi, che il razzismo è in tutti, anche in chi lo ha addomesticato e negato; sa che il simbolico – e ancor più l’emozionale – possono travalicare e sommergere il reale senza difficoltà.

Salvini ha compreso che nel quotidiano di tutti noi ci sono immagini dell’inefficienza, della frustrazione e dell’assurdo, che hanno la forma dell’impiegato delle poste che non sa gestire la fila, dell’assistente sociale che non conosce l’empatia, dello sportellista della Banca che non rilascia il mutuo a una famiglia; la sua magia non è solo di riuscire a metterti contro ciascuno di loro, ma anche di mettere ciascuno di loro dalla tua stessa parte, riconoscendo contemporaneamente sia il diritto di essere serviti degnamente come clienti, sia quello di essere poco formati e lavorare male. Il comun denominatore è sempre lo stesso: il sentirsi – non l’essere – poveri cristi.

 

 

Insomma, questa Destra populista è abile a cavalcare le dinamiche psico-sociali del senso comune. Ciò che la rende pericolosa è che, sebbene nella prima fase la bolla ideologica si crea al di fuori della realtà, in una seconda fase quella stessa bolla crea realtà. Lo abbiamo visto tutti nel 2019: anche se i migranti non rubano davvero il lavoro, possono trovarsi a morire annegati; anche se i Servizi Sociali non portano via i bambini, possono diventare bersaglio dell’indignazione collettiva. Il sogno leghista (perché di sogno si tratta: onirico, angoscioso, carico di fantasmi e di condensazioni) ha iniziato a diventare realtà.

La Psicologia Sociale è finita nelle mani sbagliate, e la controparte è totalmente e scientemente disarmata; per la Sinistra, credere che il pensiero arrivi prima della realtà fa troppo poco materialismo. Così, la Sinistra si affanna a interpretare sul piano strutturale ciò che accade sul piano immaginario; e siccome non riesce, continua ad alimentarsi di letture, che forniscono categorie, che si rivelano inefficaci, obsolete, poco credibili. Da quanto tempo non si sente un discorso di Sinistra potente, uno di quelli che ti fa dire “È proprio come mi sento io!”?

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