Partiti e politici
La corsa per il titolo dei 5 stelle
Oggi tocca al Movimento 5 stelle: la mina vagante della politica italiana. Sì, perché anche oggi, come già 2-3 anni quando fecero capolino nelle consultazioni amministrative prima e politiche poi, nessuno è in grado di capirne realmente la portata in termini di consensi di voto. Ai suoi esordi pareva il solito partito-movimento di protesta, esagerata e un po’ illusoria, contro tutto e contro tutti, dalla parte dei cittadini. Molti acuti intellettuali italiani lo snobbarono quasi fosse una bolla di sapone, pronta a scoppiare al primo impatto con il corpo elettorale, quello che vota, non quello che va nelle piazze a divertirsi a gratis con Grillo. Poi (sorpresa sorpresa!) si svegliarono tutti con il M5s primo partito italiano. Ma ancora non si pensava potessero durare: l’impatto con la politica vera, con il parlamento, con l’attività seria di Montecitorio lo avrebbero certamente annientato: gli slogan non potevano prolungarsi a lungo, si diceva. Smascherati!
E invece. Alle europee hanno tenuto sostanzialmente bene, alle amministrative non sono andati così male, anzi. Nei quotidiani sondaggi hanno continuato a crescere, fino a diventare l’unica forza che, si narra, potrebbe realmente battere la petroliera del Pd di Renzi. Davide contro Golia. Molte delle recenti rilevazioni demoscopiche ci raccontano come, in caso di ballottaggio tra Partito Democratico e Movimento 5 stelle, sarebbero questi ultimi a prevalere. Sarà vero? E come potrebbe accadere un risultato siffatto? Tanti sconosciuti personaggi si mettono insieme e riuscirebbero a prevalere sul glorioso Pd, gonfio di un’antica storia di compromessi storici tra comunisti e democristiani di sinistra. Pare inverosimile.
Effettivamente un po’ lo è, inverosimile. Dovrebbero accadere tante cose, tanti avvenimenti e situazioni affatto particolari, per poter arrivare davvero a quel sorprendente risultato. Prima di tutto, come ho scritto ieri, il centro-destra deve annullarsi da solo, incapace di scovare un nuovo leader credibile che riesca ad aggregare tanti elettori potenziali. In secondo luogo, il Pd e Renzi deve dimostrarsi incapace di reggere alla lunga distanza, incapace di portare effettivamente a buon fine tutti i discorsi e tutti i propositi che animano la sua avventura politica, incapace di risollevare la situazione economico-occupazionale del nostro paese, incapace (infine) di comunicare in maniera intelligente le sue eventuali conquiste e le sue nuove proposte.
Se così accadesse, allora, perché l’elettorato italiano non potrebbe tentare una nuova inedita strada, fidandosi di una forza così estranea agli antichi giochi parlamentari e di governo? Sarebbe possibile. A patto che anche il movimento si trasformi un pochino. Dovrebbe abbandonare definitivamente la leadership di Grillo, che è stato utile per molti versi ma che oggi va sempre più stretto allo stesso elettorato pentastellato, per non parlare degli attivisti e degli eletti. Deve poi continuare nella strada intrapresa della forte competenza in tutti i settori politici, economici e sociali: non più slogan (che certo contano) e più analisi approfondite su come cambiare veramente il paese. Non è certo facile, ma è l’unica via che può portare al successo.
Perché oggi i sondaggi ci dicono certo che, tra Pd e M5s, tanti sceglierebbero quest’ultimo, ma in molti non lo pensano realmente. Lo dicono agli intervistatori, certo, ma in fondo cosa rischiano? Votarlo per dargli in mano le chiavi del potere è un altro conto. Occorre più fiducia, occorre che siano davvero convinti della sua capacità di condurre un paese così strano e variegato, così ancora immobile, in molti frangenti, ma anche così pronto a volare, se qualcuno lo asseconda. Saranno i 5 stelle? Sarebbe un grande cambiamento: dai partiti dei leader, che hanno comandato nell’ultimo ventennio, si passerebbe ad un movimento senza leader forti, ma con tante competenze diffuse. Non ci resta che aspettare.
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