Partiti e politici
La campagna elettorale è finita: volete voi votare Pd?
Ora che la legge elettorale è passata, possiamo dichiarare ufficialmente chiusa la campagna elettorale: l’aiutino indispensabile di Denis Verdini negli ultimi passaggi al Senato ha definito in maniera persino troppo limpida gli schieramenti in campo. Da qui in avanti, ciò che incroceranno i leader dei partiti non saranno le spade, come imporrebbe singolar tenzone, ma semplici pernacchi carnevaleschi. La lotta, se mai c’è stata, è finita ancor prima di cominciare. Gli equilibri futuri sono sostanzialmente delineati. A questo punto ne segue la domanda: dato tutto questo, avete intenzione di votare Partito Democratico?
Da parte sua, sin dai primi giorni della sua discesa in campo, Matteo Renzi ha parlato molto chiaro. Ha detto che avrebbe cercato i voti nello stagno della destra, perché quelli di sinistra bastavano al massimo a pareggiare (e a quel tempo era la sinistra tutta). Non un ragionamento così bislacco. Ha tenuto botta per molto tempo, in effetti ha incantato i bagonghi persi dell’ex buona borghesia che lo hanno portato al quaranta per cento di quelle storiche europee. Ha creduto sinceramente che quelli fossero i voti del Pd. Anzi, meglio: che quelli fossero i suoi voti. Distinguere i propri voti da quelli del partito che si governa, non è neppure un errore di ingenuità. È un esercizio di superiorità (morale) che non rende merito all’intelligenza e anche al decoro politico di chi lo propone. Perché se è vero, o almeno credi, che quei voti ti appartengano, che appartengano proprio a te e solo a te come entità fisica ancor prima che politica, allora poi è normale che da quel momento in avanti ogni gesto del leader venga valutato dagli elettori come una disfida personalistica. Un binario morto, senza sbocchi, che porta inevitabilmente a una data fatale. Quella di Renzi è stata il 4 dicembre.
C’è un tempo in cui “essere quel che sembri” può diventare la ragione di una battaglia politica. Mostrarsi davvero per quello che si è. E che cosa sembra oggi Matteo Renzi? Sarebbe spericolato, anche per il più sereno degli osservatori, dover sostenere che l’ex sindaco di Firenze “sembra” un sincero uomo di sinistra. Non tanto per i tratti di una sua antica appartenenza alla Dc, perché allora dovremmo dire che anche Rosy Bindi e tanti altri non sembrano di sinistra, quanto per una predisposizione genetica, e in parte intellettuale, che ne lo rende ingeneroso rispetto ai valori e alla storia di un popolo, esattamente quel popolo che lui ha evocato ai dieci anni del Pd. Restando a questa mutazione genetica, si dovrebbe concludere che quando si riferisce a quel “popolo del Pd”, egli immagini non una comunità di sinistra che su certi valori e certi principi ha costruito la sua identità, ma a un consesso di uomini e donne che sono nati tutti il giorno zero, e che dall’indomani di quei valori possono anche non sapere nulla. È come se dicesse ai suoi, Matteo Renzi: il sentimento che ci lega non è quello di una vecchia storia condivisa, fatta da persone fuori dal tempo, da questo tempo, anche se di grandi battaglie, no. Il sentimento che ci lega è la nostra purissima storia personale, la nostra lotta personale, per l’affermazione delle nostre identità e delle nostre personalità, e in cui l’esercizio del potere è un collante indispensabile. I tragici tentennamenti sui temi etici e la ferocia con cui si è imposta una legge elettorale (peraltro ad minchiam) definiscono in modo sufficientemente chiaro questo crepaccio.
È un cambiamento radicale di prospettiva. Anche rivolgersi direttamente al “popolo”, ultima trovata da bar sport saltando la costruzione delle idee, appare come un malinconico insulto alla storia di un partito che ha fatto di una certa profondità il suo tratto distintivo. Ma che significa “noi con la gente contro le istituzioni bancarie”, vuol dire che da domani il conto corrente lo apriamo a via del Nazareno? Mi piacerebbe proprio capire dal professor Natale, esperto di numeri applicati alla mente umana, quale conseguenza concreta si è prodotta nell’elettore-correntista, se un diffuso stato di smarrimento o, piuttosto, l’immediato tesseramento al Pd di centinaia e centinaia di persone. Ma poi la politica ha anche una sua logica rigorosa, persino matematica: il guerrigliero lo si fa dai banchi dell’opposizione, se critichi il sistema e sei maggioranza il minimo che ti può capitare è che ti confermino Visco.
Ora tocca agli elettori. Chi non ha una storia, chi nasce oggi, nel giorno zero di un partito tutto nuovo, il partito di Matteo Renzi, può serenamente e convintamente votare Pd. A chi considera la sinistra ancora il luogo di una memoria condivisa, senza pedanti nostalgismi, e crede che la modernità possa vivere in sintonia con principi ispiratori e valori, toccherà l’impresa più ardua: soffrire in entrambi i casi. Sia votando Renzi a naso turato, sia abbandonandolo per andare in un altrove che non c’è.
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