Partiti e politici
La caduta dei 5 stelle si arresterà, tra poco
La storia è ormai nota. Come avevo scritto settimana scorsa, dal giorno dell’accordo Di Maio-Salvini, il 1° giugno dello scorso anno, i pentastellati hanno seguito il percorso che già allora qualcuno aveva preconizzato: l’annunciato “bacio della morte”, rappresentato da uno dei murales apparso in quei giorni, non ci ha messo molto a produrre i suoi effetti devastanti sui consensi del movimento fondato da Grillo. Nel giro di nove mesi, il M5s ha perso almeno 10 punti percentuali (virtuali, ma molto di più nelle amministrative) vedendosi oggi avvicinare, e secondo alcuni perfino sorpassare, dal Pd, almeno fino al momento in cui la bolla positiva post-primarie e post-assemblea di Zingaretti non si sarà esaurita. Poi si vedrà.
Ma intanto i 5 stelle si misureranno a breve con il loro risultato del 2014, quando ottennero il 21%, ed è molto probabile che alle prossime Europee non andranno lontano da quel livello di consenso. E’ dunque già evidente un primo dato: stare al governo per i pentastellati non fa bene, dal punto di vista del loro consenso. Ma dove finiscono questi loro consensi, cosa scelgono oggi coloro che soltanto un anno fa avevano fiducia nella loro capacità di cambiare il nostro paese?
Per comprenderlo occorre di nuovo richiamare la composizione del loro elettorato, dove convivono parecchie anime, non sempre con motivazioni di voto simili. Ebbene, l’anima più di sinistra (i “gauchisti”), più vicina alle parole d’ordine rimaste inevase dai partiti che si richiamano a quell’area, è fuggita verso l’astensione, e rappresenta circa il 20% del voto 2018. Così come i delusi del Pd, anche i delusi del movimento, troppo benevolo nei confronti delle politiche leghiste, si rifugia nel non voto, incapaci ormai di trovare qualche forza politica che dia loro garanzie. C’è poi l’area più “qualunquista”, quella contro le caste, contro l’élite (li avevo chiamati i “menopeggio”), che ha deciso di andare direttamente nelle braccia di Salvini, che dà più sicurezza nella sua azione di governo, rispetto al M5s, e rappresenta un altro 15% dei votanti del 2018.
Sommando queste due principali perdite, arriviamo dunque a quel terzo circa del suo precedente elettorato che se ne va verso altri lidi, quell’11% che rappresenta dunque il calo generale dei suoi consensi, dal 33% dello scorso anno al 22% circa attuale. Il probabile risultato delle prossime elezioni europee.
Ma dopo? Continuerà ancora questa emorragia di voti, andando ad intaccare anche ciò che rimane del suo elettorato, dopo le consultazioni di fine maggio? Credo di no. Perché le altre anime che popolano il Movimento 5 stelle non riusciranno a trovare altri sbocchi, altre forze politiche che possano rappresentarli in maniera più adeguata alle proprie motivazioni di voto. I militanti storici, nonostante qualche perplessità, resteranno lì; così come coloro che credono comunque all’importanza del M5s per cambiare radicalmente la politica italiana, e daranno loro ancora un po’ di tempo per crescere anche a livello governativo. Certo, sono un po’ in fibrillazione, a causa di alcune prove non certo positive di alcuni esponenti. Ma non trovano altre case cui affiliarsi, e quindi sostano in quella che al momento desta maggior fiducia, sperando in un loro miglioramento futuro.
Dunque. I 5 stelle sono in discesa, ma questa discesa è destinata a fermarsi nei prossimi mesi, in attesa che il Reddito di cittadinanza funzioni, in attesa che le altre promesse giungano a destinazione. Perché, in definitiva, altre forze politiche di cui fidarsi non se ne vedono ancora, all’orizzonte, almeno per un paio d’anni. Poi, si vedrà.
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