Partiti e politici

La banalità del mare

13 Aprile 2021

Vincenzo De Luca, arcinoto presidente della Regione Campania, ha appena comunicato alle stampe il proprio disappunto per le linee guida del piano vaccinale varato dal governo. E lo ha fatto alla sua maniera. Da animale mediatico qual è. Con dottorato in zoologia mediatica. Senza mezzi termini. Categorico, netto: “Bisogna abbandonare la vaccinazione per fasce d’età e seguire l’esempio della Grecia”. Vaccinando prioritariamente gli abitanti delle isole e delle zone costiere. Perché, a conti fatti, il turismo è un asset strategico per l’economia regionale, costituendo circa il 15% del PIL, e gran parte del flusso turistico, viene da sé, predilige le aree balneari.

Senza isole e coste Covid free, sostiene De Luca, un intero settore produttivo rischierebbe di rimanere in debito d’ossigeno, con i competitor di tutta Europa pronti ad azzannare fette consistenti di potenziali visitatori in virtù di condizioni epidemiche favorevoli.

Ancora una volta, dunque, su base locale, si paventa l’adozione di un criterio economico in un ambito di pianificazione in cui gli unici criteri degni di rilievo sarebbero, in teoria, di ordine sanitario. Un po’ come accadde agli albori delle siringate di massa, prima del panico da AstraZeneca, delle dosi sperperate e dei riservisti incalliti in attesa di regolamentazione. Quando la Moratti, assessore al welfare della Regione Lombardia, propose di dare la precedenza ai ricchi nella campagna vaccinale, cioè alle regioni più virtuose, per poter permettere all’economia italica di ripartire con maggior slancio. Proposta che, ironia della sorte, fu definita, all’epoca, “a un passo dalla barbarie” da De Luca medesimo.

Nelle aree interne della Campania, dove, a quanto pare, il turismo non esiste e non deve esistere, dove un’economia del territorio, a quanto pare, non esiste e non deve esistere, dove la massima ambizione non è la crescita ma l’accanimento terapeutico, nel mentre, si prega per l’inverarsi della “linea Figliuolo”, integerrima sull’uniformità nella distribuzione delle dosi, senza discriminazioni geografiche. Si prega affinché il Titolo V si riveli, d’abitudine, poco performante.

D’altronde, agli ultimi tra gli ultimi, cioè agli abitanti delle periferie del Mezzogiorno, rimane solo la preghiera. Abituati come sono a dividere il proprio tempo tra disoccupazione cronica, noie piovose, reti clientelari, feudi politici, strade dissestate, pendolarismo strutturale, decremento demografico, fossili d’imprese e investimenti pubblici latitanti, possono solo affidarsi all’intervento divino. Persino i professionisti del meridionalismo sembrano cacarseli poco, nella salute e nella malattia.

Altrove, ad esempio, in un altrove remoto, esotico, vedi l’Indonesia, si decide di aggredire il virus togliendogli il serbatoio, vaccinando prima i giovani nella speranza che anche le altre fasce d’età possano avvantaggiarsene in via collaterale. La stragrande maggioranza dei paesi, al contrario, segue il criterio anagrafico intuitivo, quello decrescente, mettendo in sicurezza coloro che più rischiano dal contatto col SarsCov2 nella speranza di decongestionare nel breve termine gli ospedali e così porre fine all’emergenza sanitaria, vera origine dei lockdown e dei conseguenti danni economici.

In Campania, come in Grecia, la vaccinazione collettiva finalizzata alla cessazione della morsa epidemica dovrebbe seguire, invece, criteri non epidemiologici, ma produttivistici, nella speranza che le categorie produttive in assetto protestatario (causa zona rossa perpetua) respirino finalmente a pieni polmoni incuranti dei destini generali dei campani disavvezzi al rumore delle onde. Perché chi opera al di fuori del settore turistico o chi opera nel settore turistico ma nell’entroterra, secondo le possibili implicazioni del De Luca pensiero, resta sacrificabile sia sul piano sanitario che sul piano economico.

Realpolitik sbadata, in sintesi cinica. Populismo d’arredo, in sintesi radical-chic. Immunità di gregge riveduta e corretta, in sintesi misericordiosa.

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