Partiti e politici
Tortuosità italiana e trasparenza tedesca nelle elezioni del Capo dello Stato
Nel prossimo mese, Parlamento e delegati regionali in Italia e Assemblea Federale tedesca eleggeranno i Capi di Stato dei rispettivi paesi. Mentre in Germania ci si avvia verso la riconferma del presidente uscente Frank Walter Steinmeier, in Italia viviamo l’ennesimo dramma di un’elezione in balia di un Parlamento frammentato, di un gruppo misto strabordante di peones, e dei franchi tiratori che potrebbero affondare qualsiasi accordo. Questo accade perché le procedure per l’elezione del Presidente della Repubblica sono significativamente diverse nei due Paesi, a dimostrazione che i sistemi elettorali non sono solo materia per pochi adepti ma che, al contrario, incidono profondamente sulla qualità della democrazia.
In Germania l’elezione del Presidente Federale si risolve in giornata, nell’arco di tre votazioni.
In Germania l’elezione del Presidente Federale si risolve in una sola giornata, nell’arco di tre votazioni, con una procedura semplice e trasparente. Ciascun membro dell’Assemblea federale (Bundesversammlung), composta in numero uguale dai membri del Bundestag e da delegati scelti dalle assemblee degli stati federali (Länder), può proporre una candidatura che sarà valida solo dopo essere stata accettata dai diretti interessati, prima di ciascun scrutinio. I componenti dell’Assemblea possono votare soltanto uno dei candidati proposti, mentre ogni altro nome risulterà in un voto nullo. Se nessun candidato ottiene la maggioranza assoluta entro il secondo scrutinio, al terzo scrutinio è eletto il candidato che, con una maggioranza relativa, prende un voto in più degli altri. È una procedura semplice, trasparente e veloce: si inizia al mattino, si finisce prima di cena.
In Italia, invece, come annotava Paolo Mieli sul Corriere, si affida “la selezione delle più alte cariche dello Stato… a qualcosa che assomigli[a] al bimbo di Paolino o a Betta, la mula di Sant’Ambrogio”, perché “qui da noi non ci si candida ad essere eletti capo dello Stato. Anzi, ci si sente in dovere di negare persino l’aspirazione al soglio quirinalizio”. Il sistema elettorale usato, derivato per larga parte da quello in uso per l’elezione dei presidenti delle Camere, non prevede infatti candidature da proporre e accettare: ciascuno dei “grandi” elettori, ad ogni scrutinio, scrive un nome, qualsiasi nome. Saranno poi la Divina Provvidenza a cui si appella Castagnetti, o lo Spirito Santo invocato da Mastella, o il più prosaico degli accordi presi nelle segrete stanze dei bottoni, a indicare alle matite degli elettori il nome del Prescelto, sperando che resista agli agguati dei franchi tiratori. Insomma, tutto ciò ricorda molto più il conclave della Chiesa Cattolica che non un normale processo elettorale di una moderna democrazia parlamentare.
Proprio il sistema tedesco suggerisce come porre rimedio a questo processo tortuoso.
Eppure, proprio il sistema tedesco suggerisce come porre rimedio a questo processo tortuoso: 1) i grandi elettori dovrebbero poter esprimersi solo sulle candidature formalmente presentate e accettate dai diretti interessati, considerando nullo ogni altro voto; 2) la maggioranza (assoluta) dei componenti richiesta dal quarto scrutinio andrebbe sostituita con la maggioranza (semplice) dei voti validi, unita ad un quorum strutturale (numero legale). Due piccole differenze tecniche che spiegano perché la rielezione di Steinmeier si completerà in poche ore mentre l’elezione del successore di Mattarella potrebbe impiegare molti giorni o settimane, seguendo un copione che, dal 1948, brucia candidati e leaders, con le sole eccezioni delle elezioni di Cossiga (1985), Ciampi (1999), Napolitano (2006) e Mattarella (2015). Del resto, se il bipolarismo della seconda repubblica ha leggermente accorciato i tempi delle elezioni del capo dello stato, non è riuscito a migliorarne la trasparenza. Proprio quando le forze parlamentari si presentano fragili e frammentate, come accaduto nel 2013 e come promette di ripetersi oggi, questo sistema di voto mostra tutti i suoi limiti.
Una democrazia avanzata deve essere efficiente e, soprattutto, trasparente. Non può nascondersi dietro “imperscrutabili e tortuose modalità” che, in compenso, contribuiscono a rafforzare l’idea di una democrazia fragile, condizionata da manovre di palazzo insieme con l’immagine, sbagliata e pericolosa, di una casta autoreferenziale lontana dal popolo che invece dovrebbe rappresentare. E visto che basterebbe davvero poco per provi rimedio, non si capisce perché nessuno vi abbia mai pensato.
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