Costume

Isee e nostalgia democristiana: la società (in)civile

6 Ottobre 2016

E’ passata molto sottotono nel dibattito pubblico la notizia di come la riforma del nuovo Isee (indicatore della situazione economica equivalente) abbia stroncato le dichiarazioni non veritiere degli italiani, facendo crollare il tasso dei nullatenenti dal 70% al 14% nel primo anno di applicazione, il 2015. Questo è stato dovuto dal fatto che non valgono più le autocertificazioni, ma vengono incrociate varie banche dati con cui lo Stato verifica le informazioni ricevute. Lo strumento dell’Isee viene usato per stabilire chi abbia reale bisogno e quindi opportunità di servizi sociali come case popolari, asili nido, mense scolastiche gratis, rette universitarie agevolate, etc. Oggi, con la riforma, viene rispecchiata una realtà più equa e veritiera, che può permettere di rispondere efficacemente all’esigenze effettive dei cittadini.

Ma è anche spia di quanto la tanto decantata società civile italiana sia strutturata, con comportamenti, retaggi e costumi che indicano come in realtà sia molto distante dalla illibata verginità morale e pubblica per cui è stata descritta negli ultimi anni di j’accuse contro qualsiasi tipo di “caste” che l’affamano. La furbizia è un valore, l’interesse personale e familiare vengono prima del bene comune, se si può ingannare lo Stato è sempre giusto farlo. Il disvelamento  prodotto dalla riforma dell’Isee ci mostra tutto ciò con agghiacciante calcolo e misurazione.

Altro sintomo di questo velo squarciato di ipocrisie e contraddizioni  – taciuto incredibilmente anche esso dal circo mediatico informativo –  è stata la posizione assunta pubblicamente da un autorevole esponente del Movimento 5 Stelle,  Andrea Cecconi, in una recente intervista al Corriere della Sera su argomenti come la struttura istituzionale italiana, referendum costituzionale e legge elettorale. Secondo l’ex presidente del gruppo parlamentare grillino alla Camera, la Prima Repubblica (quella in cui la Democrazia Cristiana ha tenuto le redini del potere in Italia dal 1948 al 1992) era un assetto politico efficace ed efficiente, e che un sistema elettorale proporzionale è quello che ci vuole oggi per il Paese. Quando il giornalista giustamente gli ha fatto notare la necessità obbligatoria così di dover dar vita a governi di coalizione se non di larghe intese, lo statista ha definito i possibili futuri partners politici come “serpi” e “schifo di partiti” con cui non si alleeranno mai. Ragionamenti evidentemente e logicamente contraddittori, che la foga populistica e propagandistica non ha fatto neanche cogliere al suddetto portavoce intervistato. E neanche, forse, la decenza di resuscitare un passato politico  – su cui molti per anni si sono scagliati con volgarità ed insulti – solo per attaccare l’avversario di turno.

Spesso si è parlato di come la classe dirigente di un Paese non è altro che lo specchio della società che rappresenta. Ecco dei casi che delucidano un tale assioma.

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