Partiti e politici

Inutile girarci attorno, lei ci manca Cavaliere

28 Settembre 2016

Mancano ancora un sacco di cose da sapere, e le più delicate probabilmente le seppellirà nel mausoleo cascelliano di Arcore inguainato in un doppiopetto Caraceni (dove preparò anche il loculo Montanelli, rifiutato in vita dall’interessato), ma ve n’è una – quella che per anni ha agitato le conversazioni dei peggiori bar della Penisola – cui urgerebbe risposta chiara, netta e immediata, adesso che soccorre il genetliaco più nobile e definitivo degli 80, se non altro perchè in un’epoca assai tormentata di inquietudini sessuali, di interiora disperate e deviazioni assurde, oggi la sua linea, che allora scandalizzò i benpensanti, appare davvero come la più retta (non in senso squisitamente moralistico, ma come via breve tra due punti). E dunque Cavaliere, perdoni l’invadenza ma alzando i calici, ecco il semplice quesito: «In questi suoi ultimi anni sessualmente agitati, produttivi e anche molto raccontati, ha potuto davvero contare solo sull’erezione naturale da cene eleganti o, come si racconta in giro, si è pregiato di un complesso e straordinario impianto idraulico di leonardesca potenza?» Leggiucchiando questi tempi, l’espressione che più compare applicata a Silvio Berlusconi è «morto politicamente». Il che, in apparenza, con il sesso avrebbe ben  poco da spartire, se non fosse che la morte politica del Cavaliere sembra aver  cinicamente coinciso con la sua morte sessuale. Dei due decessi, inutile che io vi illustri il più doloroso (per l’interessato), ma per spiegarlo meglio vi pregherei di immaginare prima una seratina con Fitto e Brunetta e poi una controseratina-olgettina con Marysthell Polanco, per poi lasciarvi liberi di decidere, al netto di tutti i pipponi moralistici del caso, quale delle due poteva eventualmente creargli dipendenza.

«Dipendenza» è forse una delle parole-chiave del tempo politico di quest’uomo straordinario. Sulla gestione delle sue urgenze sessuali si può tracciare la riga definitiva di un prima e di un dopo, una demarcazione netta tra l’equilibrio consapevole delle sue scorribande al tempo di Fininvest, quando il pacchetto di mischia degli amici-dirigenti marciava compatto tra sgavazzi e fatturati, e l’ossessione senza misura, malata, senza controllo di sè, nè la minima resipiscenza istituzionale, vera e propria patologia dell’ultimo decennio politico. E la scenografia più identificativa e terribile di quella dipendenza non furono i carri allegorici pieni di bagasce che riempirono gazzette e confessionali del Paese, no, quanto piuttosto il malinconico abbandono delle persone care, che non riuscivano più a gestirlo, a disciplinare il cerchio impazzito dei lenoni magici che gli portavano draghesse in dote per avere in cambio lavori e favori. Fu così per l’adorata Marinella, persona di rara saggezza, fu così in fondo per Bonaiuti, ci rimise le penne (nel suo caso le pennette tricolori, piatto della casa inferto agli invitati) persino il cuoco Michele e poi il maggiordomo Alfredo, caduti uno dopo l’altro sotto i colpi dei nuovi e delle nuove arrivate. Un ricambio socio-generazionale che definì anche la fine di Forza Italia per come l’avevamo conosciuta.

Al tempo di un bilancio, come imporrebbero gli 80, lui probabilmente scarterà come un cavallo davanti all’ostacolo. Un bilancio generalmente impone di girare la testa almeno di qualche grado, volgendola delicatamente indietro anche di un pelo per vedere che ne è stato di tutti gli anni precedenti, per sentire cosa ne dicono gli altri, per sapere di te qualcosa di più disincantato della versione ufficiale che ne darebbe l’interessato, che di sè, come sapete, ha sempre avuto una certa considerazione. È forse il tormento più grande non avere la forza di voltarsi indietro come invece spetterebbe di diritto a un anziano importante come lui, ma la paura di scorgere soltanto macerie umane e politiche e il terrore di non aver (più) nulla davanti, spingono il nostro caro, vecchio, e anche amato Berlusconi a vivere soltanto ogni secondo del suo tempo come fosse l’ultimo. È il paradosso dei geniali egoisti, che in vita non hanno mai saputo guardare lontano, se non quando la visione più generale collimava e si sovrapponeva perfettamente alle esigenze personali e allora in quel caso sì, che il Cavaliere “aveva visione”, capiva il mondo, squarciava l’esistente. Che intuizione funambolica fu Forza Italia, capolavoro coltivato in laboratorio, e sarebbe mai stato immaginato e concepito se, in parallelo, non fosse esistita la Grande Paura comunista, l’esproprio delle aziende a un passo da lui, le porte di San Vittore che si spalancano per accogliere l’ospite mai tanto atteso? Arrivato a Roma, poi si trattò di pensare per il Paese e quelle “visioni” si persero nella nebbia, non collimando più con  un suo preciso destino personale (un bagliore, ma solo un bagliore, fu l’evocatissima riforma della giustizia su cui riponeva molto interesse ma neppure quella gli riuscì).

Oggi che Silvio Berlusconi è destinato a vivere un solo giorno alla volta, vogliamo almeno far parte di questo 29 settembre. Crediamo di averne diritto. Dicendogli semplicemente che come la Settimana Enigmistica, anche lui e solo lui “vanta innumerevoli tentativi di imitazione”. L’ultimo è di questo tempo, non è neppure una pallida copia, ma un giorno che ci incontrammo in gelateria a Milano – ricorda Cavaliere –  lei disse: “Teniamocelo stretto, è il meno peggio in circolazione”.

Allora, auguri presidente.

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