Partiti e politici

L’intervista di Casaleggio è una sfida: stracciarsi le vesti non serve

23 Luglio 2018

Ho letto con attenzione e interesse l’intervista a Davide Casaleggio, pubblicata stamane sul quotidiano La Verità. Richiamato alla lettura dai soliti strali lanciati da quel che resta della sinistra italiana, mi sono imbattuto invece in un lungo, pacato e approfondito ragionamento che esprime qualcosa che i partiti oggi tendono a non avere più: una visione di società. Questo è la prima cosa che salta all’occhio, e fa impressione il confronto con le decine di interviste politiciste lette nei mesi e negli anni, in cui si capiva (poco) delle diatribe interne ai partiti, e niente di che paese si immaginava di aiutare a vivere nel tempo. Il problema semmai è quale visione soggiace alle parole di Casaleggio. Parliamone.

Il punto su cui molti critici si sono concentrati, e che offre ovviamente il titolo al quotidiano di Maurizio Belpietro, riguarda il “superamento del parlamento”, cioè della democrazia rappresentativa per come la intendiamo, grazie a nuove forme di partecipazione e decisione diffuse e agevolate dalla rete e dalle tecnologie. Casaleggio racconta di un processo “inevitabile” che porterà, a causa dell’innovazione tecnologica, a quel nuovo ordine di governo che nessun malcontento e ruberia dei politici era riuscito a produrre prima. Il punto è sicuramente interessante e sfidante, e la difesa del parlamento non può non passare da un’accettazione del cambiamento che la rete ha definitivamente imposto alla “psicologia politica” collettiva. Quindi: non stracciarsi le vesti ma pensare, davvero, a come la democrazia rappresentativa deve trasformarsi e arricchirsi nell’era della rete, senza essere superata.

Sempre sul tema della rappresentanza della volontà popolare, una nota la merita il passaggio sull’Europa. Casaleggio definisce l’Unione una risorsa preziosa, ma sottolinea la perdurante (e crescente) distanza tra l’istituzione e i popoli europei. Propone, ancora, una formula di maggior partecipazione alle decisioni, è una rivisitazione dei parametri di bilancio che supervedono al funzionamento dell’Unione. Anche su questo, i partiti tradizionali, qualunque cosa siano, e non solo in Italia, dovrebbero raccogliere la sfida.

Altro tema decisamente interessante, riguarda il rapporto tra diritti dei lavoratori e immigrazione. Mario Giordano fa la domanda giusta, troppo spesso evasa nelle discussioni di questi anni: “non si rischia, attraverso l’immigrazione, di importare condizioni di lavoro da terzo mondo in Italia?”. In realtà si potrebbe dire che sono comunque alcuni imprenditori italiani quelli che, eventualmente, preferirebbero condizioni da terzo mondo per il lavoro nelle loro imprese, e non gli immigrati lavoratori. Ma il tema c’è, e Casaleggio dà una risposta da “imprenditore puro”, o da ideologo di una forza della destra moderata. “In Italia abbiamo tutele tra le più alte d’Europa, un adeguamento sul punto è necessario, ma non certo come conseguenza dell’immigrazione”. Ma quindi, quando il Movimento parla di superamento del Jobs Act intende che è necessario ripristinare tutele che sono state tolte dal Governo Renzi, o che è necessario piuttosto toglierne della altre? No, per capire. Ecco, queste sarebbero contraddizioni da provare a far esplodere, anche per il bene del dibattito pubblico e della politica italiana. Ma bisognerebbe ragionare in termini politici, invece che stracciarsi le vesti. Lo stesso vale per la questione spinosa del rapporto tra l’associazione Rousseau di cui è presidente e il movimento di cui è presidente. Come si fa a denunciarne il rischio padronale, avendo da anni gestito gli organi dei partito e le liste elettorali come fossero liste della spesa scritte dal capofamiglia?

Molte sarebbero le questioni poste da un’intervista che – ripeto – andrebbe letta e raccolta come una sfida da tutti. Ma per concludere, piace sottolineare un’aporia. Posto di fronte alla celeberrima citazione di Nenni – “a forza di fare i puri, arriverà uno più puro di te che tu purifica” – Casaleggio fa lo gnorri: “la purezza è un valore, quindi speriamo che qualcuno più puro arrivi”. Ma subito dopo, richiesto di dare un giudizio sul giustizialismo, una delle linfe vitali del movimento e del consenso che lo accompagna, risponde con parole sacrosante: “il giustizialismo è un’aberrazione che trova spazio dove mancano cultura ed educazione civica”.

Delle due l’una: o speriamo che qualcuno più puro ci purifichi, oppure il giustizialismo è un’aberrazione. Sarebbe interessante che “gli altri” ponessero la questione in modo netto, senza stracciarsi le vesti, ma avendo deciso una volta per tutte con quale dei due Casaleggio stare. Quello anti-giustizialista è decisamente meglio.

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