Partiti e politici
I Radicali rischiano di sparire: pensiamoci ora, invece di rimpiangerli dopo
Per sua stessa ammissione, Marco Cappato – presidente dei Radicali Italiani, consigliere comunale e oggi candidato sindaco a Milano – è “l’ultimo eletto con una lista di emanazione radicale che ci sia in Italia”. A dire il vero, sul sito ufficiale del partito viene citato anche Achille Chiomento (consigliere comunale di Bolzano) e una manciata di iscritti ai Radicali eletti in altre liste. Tra loro, c’è anche il candidato sindaco di Roma e segretario dei Radicali Italiani Riccardo Magi, consigliere comunale eletto nella lista civica di Ignazio Marino.
Al di là delle precisazioni, il quadro complessivo non cambia: per i Radicali è un momentaccio. In questo, il partito fondato da Marco Pannella sta seguendo lo stesso destino dei tanti partiti storici finiti nel dimenticatoio, aggrappati a poche migliaia di voti e alla benevolenza di altre liste per garantirsi la sopravvivenza: i Verdi, i Socialisti, i Liberali, i Repubblicani.
Per la precisione, nel 2013 i Radicali hanno ottenuto il loro peggior risultato elettorale (0,2%) dal lontano 1968, quando con soli 1.540 voti conquistati ottennero un tondo 0,0%. Ma si tratta di due estremi, in mezzo ai quali troviamo 45 anni di permanenza nelle istituzioni, referendum vittoriosi e qualche picco elettorale notevole, tra cui il massimo storico raggiunto nelle Europee del 1999, quando la Lista Bonino conquistò un sorprendente 8,5%, rimasto però un caso unico. “Ma se prendiamo mille persone e chiediamo loro ‘che cosa ha combinato di buono la politica da quando hai memoria’ ricorderanno molto probabilmente qualcosa fatto da noi. E questo perché non abbiamo mai affidato al solo strumento elettorale le speranze di conquistare i nostri obiettivi”, spiega Marco Cappato. “È chiaro che mantenere una presenza dentro le istituzioni sarebbe significativo, ma non può essere questo il nostro obiettivo, non lo è mai stato”.
Nonostante questo, può essere utile capire cos’abbia causato l’impressionante calo del consenso per i Radicali. Solo nel 2009, alle Europee i Radicali conquistavano 740mila voti. Alle Regionali dell’anno successivo questo numero crollava a 120mila. Nel 2013, alle Politiche, il partito non andava oltre i 60mila voti: meno di un decimo di quanto conquistato solo quattro anni prima. Cos’è successo nel mezzo?
In queste situazioni non c’è mai una sola causa, ma è evidente come gli anni della crisi dei Radicali coincidano alla perfezione con l’avvento e la crescita di una nuova forza elettorale: il Movimento 5 Stelle. E se si vanno a vedere le parole d’ordine che accomunano le due forze – democrazia diretta, trasparenza, rispetto delle regole e anche un certo ruolo di “cani da guardia” della casta all’interno delle istituzioni – si capisce meglio in che modo il M5S potrebbe aver svuotato il bacino elettorale dei Radicali, portando via l’elettorato più giovane e meno legato alle ideologie.
“Noi non abbiamo una logica proprietaria”, prosegue il candidato sindaco. “Magari alcune delle nostre proposte o dei nostri metodi vengono utilizzati da altri, non è certo un problema. Il problema è invece capire se queste cose vengono utilizzate contro le istituzioni o per le istituzioni. La differenza tra noi e i populisti è che loro sperano che il potente faccia il più schifo possibile, per fare la migliore figura possibile. Noi invece dal potere cerchiamo di far venire il meglio. Poi, certo, sappiamo quali sono le conseguenze elettorali di tutto ciò, causate anche da un certo tipo di informazione. Ma la nostra alternativa è più pericolosa della loro, perché la loro opposizione è già pronta per essere integrata”.
Ma le differenze tra M5S e Radicali non si esauriscono qui: “Loro dicono di voler fare democrazia diretta, di volere la trasparenza, ma fanno tutto ciò solo per gli iscritti del blog. Per il resto, dicono, ‘la rivoluzione inizierà quando governeremo’, che è proprio un’idea rivoluzionista classica, da Palazzo d’Inverno”, prosegue Cappato. “Io dico una cosa molto diversa, e cioè che le mie proposte per Milano le porteremo avanti sia se per miracolo sarò eletto sindaco, sia se saremo in uno o due consiglieri comunali e persino se non ci saremo. Perché noi i nostri obiettivi li portiamo avanti comunque: con le denunce, la non violenza, i referendum. Chi è che ha scoperto e denunciato la truffa elettorale di Formigoni? Chi è che ha pubblicato tutti i beneficiari dei biglietti gratis per San Siro, per i teatri comunali, dei pass Area C?”.
La questione della rivalità con il M5S si arricchisce di un nuovo capitolo con la notizia che due deputati eletti nel Movimento 5 Stelle – e che hanno poi abbandonato il partito – saranno presenti nella lista Radicale: Luis Orellana e Mara Mucci: “Si sono candidati in fondo alla lista, pur non essendo di Milano, perché hanno trovato in noi le ragioni per le quali si candidarono inizialmente con il Movimento 5 Stelle. Non si candidano per fare i consiglieri, ma per portare avanti delle battaglie e dare un’indicazione politica a livello nazionale: le ragioni dei Cinque Stelle in questo appuntamento elettorale vivono con la candidatura di Cappato sindaco e con i Radicali”.
Visto da fuori, sembra quasi un corto circuito: i Radicali che si sono visti sottrarre parecchi voti dal M5S adesso si rivolgono agli ex pentastellati nel tentativo di recuperare un po’ di visibilità. Una lettura che Marco Cappato rifiuta: “Noi abbiamo sempre offerto lo strumento radicale a chiunque. La campagna contro lo sterminio per fame nel mondo l’abbiamo fatta con la Democrazia Cristiana, i referendum per la Giustizia del 1987 li abbiamo fatti con i Socialisti, con Martelli; sul sistema elettorale abbiamo lavorato con Segni. Abbiamo anche sperato, per sei mesi, che davvero Berlusconi puntasse a una rivoluzione liberale e abbiamo collaborato persino con Prodi. Anche in questo siamo metodologicamente opposti al M5S: per raggiungere i nostri obiettivi noi cerchiamo aggregazione con chiunque”.
Per quanto riguarda i referendum milanesi, però, trovare qualche aggregazione si sta dimostrando davvero difficile: “Abbiamo proposto un’alleanza basata sui nuovi referendum, ma nessuno ci ha risposto”, spiega Cappato. “Il Comune ha sabotato i referendum non dando il giudizio di ammissibilità in tempo, e nessuno – nemmeno da destra o dal M5S, nemmeno in polemica con l’amministrazione – ha ritenuto valesse la pena muovere un dito per darci una mano”.
Al secondo turno – e se i Radicali avranno ottenuto un buon risultato – ci sarà modo di strappare qualche impegno a uno dei candidati sindaci, alle prese con delle elezioni che potrebbero giocarsi al photofinish. “Noi sicuramente saremo interessati, ma non a ogni costo. Non abbiamo bisogno di avere il nostro posto all’interno della partitocrazia milanese. Quello che però deve essere chiaro è che oggi Milano la puoi cambiare solo con i referendum. Sala e Parisi sanno benissimo che le loro idee più innovative non si potranno mai realizzare. Oggi dicono che bisogna fare ‘funzionare meglio la macchina’, ma allora perché non l’hanno fatta funzionare meglio quando erano direttori generali del comune di Milano? Perché non si può, perché queste cose si smuovono solo con la politica che coinvolge l’opinione pubblica, con il metodo referendario”.
Oltre ai quattro referendum su riapertura dei Navigli, alloggi sociali, verde pubblico e mobilità, i Radicali stanno raccogliendo le firme a Milano per la loro battaglia storica sulla legalizzazione della cannabis. Mentre a pochi mesi dal lancio della proposta, è già finita nel dimenticatoio l’idea di aprire in città le stanze del buco, luoghi pubblici in cui i tossicodipendenti possano trovare siringhe pulite, assistenza e aiuto.
“A Zurigo è stata un’amministrazione di destra a dare vita alle stanze del buco, all’eroina sotto controllo medico, con risultati ottimi. Tutto viene fatto in modo legale, dalla produzione al consumo, con controllo medico, con un crollo dei tassi criminalità e un crollo del tasso di Aids; in più, grazie agli assistenti sociali, si aiutano i tossicodipendenti a informarsi e a trovare lavoro. Ma da noi il dibattito viene sempre marginalizzato. Quando abbiamo parlato delle stanze del buco i titoli dei giornali erano tutti sui ‘Radicali che vogliono che ci buchiamo’. La destra parla di ordine e sicurezza, ma la sicurezza si fa togliendo le fonti dei finanziamenti criminali. Quelli di Molenbeek vengono tutti dal Rif marocchino: sono due generazioni che lavorano con il traffico di cannabis dal Marocco, da dove parte la piattaforma di spaccio per tutta Europa. La sicurezza, allora, si fa togliendo i finanziamenti criminali che poi diventano reti di armi gestite dai terroristi”.
Cannabis e stanze del buco. E ovviamente zone a luci rosse, amnistia, eutanasia e tutte le battaglie libertarie che i Radicali hanno portato avanti in questi anni, arrivando anche a subire le critiche di chi ha visto nel loro modo di fare politica una sorta di “marketing elettorale delle nicchie”; cercare voti là dove i normali partiti non arrivano e non sono interessati ad arrivare: familiari dei carcerati, tossicodipendenti, prostitute e giovani attratti dalla legalizzazione delle droghe leggere.
Ma se in questa critica c’è qualcosa di corretto, la sensazione è che i Radicali non stiano individuando tutte le possibili nicchie, mancando l’appuntamento con la fascia più giovane e meno politicizzata dell’elettorato. Tra le proposte di Cappato, per esempio, non sembra esserci traccia della querelle tra diritto al sonno e diritto al divertimento – disputa nella quale le ragioni dei giovani non vengono difese nemmeno dalla sinistra radicale che ha candidato Basilio Rizzo – e della necessità di dare nuovi spazi per la creatività a Milano, sull’esempio di Base, il nuovo polo sorto in zona Tortona che al momento è un caso più unico che raro.
“Io ho un pregiudizio positivo per il diritto al divertimento. Non perché valga di più, ma perché nella politica il diritto al sonno è stato organizzato, mentre quello al divertimento no. Certo, i problemi esistono e bisogna esigere delle forme di autoregolamentazione del divertimento, ma una città che caccia gli eventi musicali sempre più in periferia fino a quando non se vanno del tutto, poi diventa una città deserta culturalmente”.
D’altra parte, l’energia che è scaturita dalla New York degli anni ’70, dalla Londra degli anni ’80 o dalla Berlino degli anni ’90 non è arrivata da città asettiche e silenziose, e certo non dalle discoteche in stile Corso Como. “Si devono prendere tutti gli accorgimenti, però si può immaginare una città in cui gli orari non siano rigidi e in cui la notte non sia un momento di morte, ma di vita”.
Sono decenni che i Radicali in Italia rappresentano la testa d’ariete di molte battaglie di civiltà e di rispetto delle regole: dal divorzio al matrimonio gay, dalla legalizzazione delle droghe leggere alla stanza del buco, dai referendum contro il finanziamento pubblico ai partiti fino alle questioni più piccole, ma di un certo valore istituzionale, della correttezza nella raccolta firme e della lotta alle affissioni abusive. Battaglie e denunce portate avanti senza mai scadere nel populismo e pagando anche un alto prezzo in termini di marginalizzazione dalla discussione politica. Con le tante difficoltà che stanno attraversando i leader storici, Marco Pannella ed Emma Bonino, e con una visibilità mediatica ormai prossimo allo zero, il rischio è che a breve l’Italia dovrà fare a meno dei Radicali; e forse in quel momento si comincerà a rimpiangerli.
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