Partiti e politici
Indignazione: valore desueto rimpiazzato dall’assuefazione
Che tristezza. Anzi no, che senso cosmico di desolazione e sconfitta. Questo é ciò che si prova leggendo le notizie sull’ affaire Liguropoli. Dalle indagini, che poi dovranno trovare esito certo attraverso i processi, emergono variegate forme di miseria umana riassunte dal solito, celeberrimo mantra: quello di cucinare affari a quanto pare non leciti. Il rap della corruzione in grado di umiliare le regole in nome del proprio interesse. Penosi rituali di do ut des. Tripudi di disinvoltura con la politica come sodale.
Niente di nuovo. Merce che parte dalla stampa chiama lo scandalo degli scandali mentre la restante parte dell’informazione parla di blitz opaco per condizionare il voto che a breve verrà. Una guerra di poteri e punti di (s)vista. Uno scontro a colpi di accuse e insulti che scalda i talk show, le prime pagine dei giornali, la cantina poco areata dei social ma non la maggioranza della popolazione, anestetizzata da decenni di infamità e quindi ostica da coinvolgere con l’ennesimo orrore. Basta alzare gli occhi al cielo per scorgere una scritta a caratteri maiuscoli ” Chi se ne importa!”.
Ma si, pensano in tanti, in fondo è noto che le cose prendano questo andazzo: chi ha il potere prima o poi ne approfitta per se stesso lo fa per il partito o per i progetti che aiutano gli amici degli amici – e quindi tornano a vantaggio di chi occupa poltrone e poltroncine -. Così ragiona la maggioranza di quella che viene chiamata “la gente” ed è anche per questo che non riusciamo ad uscire dal tunnel dell’illegalità spesso parente di mafie e contromafie.
È lontano e quasi ormai ridicolo il tempo in cui l’Italia degli anni Novanta si eccitava per Mani Pulite. Fa male alla testa e al cuore riavvolgere il nastro dei fatti e ripensare a quando si pensava che il connubio tra politica e ruberie fosse minato da un manipolo di magistrati audaci, forse passando davanti al palazzo di Milano si scorreva oltre il muro della nebbia il sogno di una svolta nel verso della legalità. Niente da fare, siamo ancora incatenati al dolo di chi ci rappresenta e intanto maneggia. Addirittura, in questa progressiva discesa agli inferi abbondano i richiami alle massonerie occulte che tengono assieme imprenditori e nomi delle istituzioni deviate. Come se l’epifania della Loggia Propaganda 2 non avesse mostrato già in abbondanza l’anima torbida dei palazzi che contano.
Passano gli anni, cambiano i nomi e nel frattempo scema la nostra capacità di indignarsi. Che è parte della democrazia, assieme alla costituzione e altre cosine simili, e in quanto tale va tenuta con tenacia viva. Altrimenti dopo il porno-show di Liguropoli, quando ci ritroveremo in faccia l’ennesima secchiata di acque nere, non ci faremo neanche più caso. Morbidamente avvolti nella liturgia del badare ai fatti nostri.
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