Partiti e politici
In politica l’identità è veleno
La premier il governo autorevole lo voleva per l’Italia o piuttosto per mostrare che la Destra investita dal popolo, oltre al sentimento di rivincita, ha una cultura di governo e una idea dell’Italia che non sia di una minoranza identitaria? In una parola, come si coniugano i valori della destra con la modernità della nostra vita? Il Governo nasce con l’ancoraggio occidentale ed europeo senza il quale sappiamo che l’Italia sprofonderebbe nel Lato oscuro della Forza ma questa era la parte facile: c’è una guerra e non si scherza col Lambrusco e finché ci sarà odore di polvere da sparo il governo sarà al sicuro. Il Governo della svolta storica per essere autorevole lo si immaginava ricco di tecnici di assoluto livello perché la Destra si è presentata all’appuntamento con un deficit di qualità al punto da dover cercare quei “Tecnici”. Sappiamo che quei tecnici hanno risposto “lusingato, no grazie, buona fortuna” e non è stato un bel segnale. Dovrà affrontare le bollette energetiche di famiglie e imprese perché … primum vivere. Sarà poi la volta del bilancio strattonato dalle follie salviniane che sono ai nastri di partenza e insieme la gestione della fiducia sul debito pubblico, prima ancora della entità del debito pubblico, perché un declassamento internazionale non si legge spread ma splash.
Ma infine inevitabilmente ci si domanderà più o meno apertamente quale sia la cultura di governo, quale sia il ruolo dello Stato che la Destra, far-right per tutta la stampa internazionale, declinerà nella sua azione nei singoli ministeri giorno dopo giorno; la traccia più evidente e meno rassicurante per ora è quella del ricorso alla “identità” che, ammesso che esista, è di per sé la negazione della Politica. Ci sono due modi per guardare al Paese: guardare l’oggi con la testa a ieri o guardare l’oggi con la testa a domani. Per quanto si è visto, e sarebbe bello sbagliare, l’Identità è frutto diretto della propria avventura politica e della propria storia, ad esempio come la legittimazione reciproca destra-sinistra degli eventi degli anni ’70 ma anche una idea della religione quasi pre-conciliare. Il dramma del rivendicare una Identità è quando si è convinti di averla persa nella Modernità e di volerla restaurare trasformando il Sentiment da conservatore a reazionario: un conservatore sa interpretare la modernità, da Reagan alla Thatcher per passare da Churchill. Se la Modernità la senti estranea e rivendichi l’identità, se guardi l’oggi con la testa rivolta a ieri invece sei solo reazionario e mi appare molto evidente quanto strida una identità reazionaria rispetto a un Paese in continuo cambiamento con una società civile viva; un Paese che nei confronti delle donne, della immigrazione e del sesso non arriva allaWoke Culture americana o al multiculturalismo britannico ma che nella propria vita quotidiana tocca con mano, magari con fatica, e accetta i cambiamenti nella sfera affettiva e sociale.
Cosa è la Modernità se non esserne protagonisti o saper comprendere i cambiamenti avendo la capacità politica per guidarli? La mediazione e non l’identità è l’arte di vivere il conflitto insito nei cambiamenti tenendo tutti a bordo. Io temo una cultura di governo dove dallo Stato Monarca di sinistra si passi ad uno stato intrusivo nelle libertà personali ispirato da una “Identità” pluri-citata ma probabilmente mai nemmeno esistita. Per questo si torna alle antiche domande rivolte alla Destra (e alle quali la Destra rimaneva afasica): quale è l’idea dello Stato nella cultura di governo di una Destra che non nasce né dal tronco cattolico conciliare né da quello liberale? Quale è la sua idea del rapporto col cittadino? Risposte che valgono per le politiche fiscali, per i diritti individuali, per l’idea di un welfare che non sia l’elemosina incivile e degradante dei 5S. Lo chiedo anche per i diritti delle minoranze proprio perché siamo tutti minoranze. Insomma, io non chiedo alla destra di dirmi che non sia più fascista; chiedo quanto è cambiata da allora.
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