Partiti e politici

In Germania e Austria, KO a sinistra

14 Maggio 2017

Se la sconfitta nella Saarland e la doccia fredda in Schleswig-Holstein erano state un utile avvertimento, la batosta in Nord-Reno Vestfalia è l’allarme rosso definitivo per la SPD di Martin Schulz. La marcia trionfale inaugurata a gennaio 2017 dall’ex Presidente del Parlamento Europeo, inizialmente trainata da un effimero boom nei sondaggi, si è arenata in pochi mesi. Se prima la sfida alla Cancelliera in carica Angela Merkel suonava temeraria e quasi appealing (con i suoi insistenti richiami alla giustizia sociale), oggi si rivela invece drammaticamente velleitaria.  E se a Berlino la sinistra piange, a Vienna non ride: la SPÖ del Cancelliere Kern si è vista infatti recapitare un avviso di sfratto dal giovane leader in pectore dell’alleato di governo, i Popolari della ÖVP. Più che probabili le elezioni anticipate ad ottobre, un anno prima della scadenza naturale di una legislatura caratterizzata da continue lacerazioni e ultimatum tra i due rissosi partner della coalizione. Un KO, a Berlino e a Vienna, che si inserisce perfettamente nel trend discendente già imboccato dai socialisti olandesi e francesi e dal Labour di Jeremy Corbyn.

Partiamo dal contesto tedesco. In Nord-Reno Vestfalia (peraltro il suo Land di origine), Schulz sapeva di giocarsi una partita fondamentale per il partito e per la credibilità della sua stessa candidatura alla Cancelleria. Nel Land più popoloso di Germania (18 milioni di abitanti) il sentore di test nazionale era chiaramente nell’aria: contro la governatrice uscente della SPD Hannelore Kraft la CDU schierava il combattivo Armin Laschet, mentre i liberali della FDP (focalizzata sull’obiettivo di rientrare in Parlamento il prossimo autunno) puntavano tutto sullo stile accattivante del loro leader nazionale, Christian Lindner. I risultati delle urne (ancora provvisori mentre scrivo) sono stati un terremoto per la SPD, franata di otto punti a poco più del 31%. La CDU di Laschet ha invece messo a segno un’inaspettata rimonta toccando il 33,5%, mentre i liberali scalavano le posizioni con un ottimo 12,1%. Solo al 7,6% l’estrema destra dell’AfD, seguita dai Verdi e dalla sinistra radicale della Linke, che probabilmente non riuscirà ad entrare nel Parlamento regionale. Crollati sotto l’1% i Pirati, che da oggi non sono più rappresentati in nessuna assemblea dei Länder. Schulz non ha nascosto la sua profonda tristezza per la debacle della compagna di partito, che si è immediatamente intestata la responsabilità della sconfitta dimettendosi da ogni carica all’interno della SPD. Se le percentuali verranno confermate, la strada è aperta per un nuovo governo a guida CDU, con i liberali come junior partner. Accadrà lo stesso a Berlino?

Quella che si consuma a Vienna è invece una lotta interna al centrodestra, che ha però un impatto devastante sui socialisti del Cancelliere Kern. La decisione del Ministro degli Esteri Sebastian Kurz di annunciare venerdì la fine della Grosse Koalition e, nella stessa sede, la sua intenzione di sfilare la guida del Partito Popolare alla vecchia guardia, è stata nei fatti “subita” dall’alleato di sinistra. Da oggi il trentenne Kurz, dopo essersi assicurato l’appoggio dei vari Governatori regionali e aver presentato una lista di condizioni (delle quali ha preteso il rispetto tramite adeguate modifiche nello statuto del partito), è de facto il padrone del Partito Popolare austriaco. In più, ha incassato l’appoggio ad una lista personale a lui intitolata, che si presenterà alle prossime elezioni politiche come “Nuova ÖVP”. Come se Matteo Renzi, dopo aver riconquistato la segreteria del PD, avesse preteso di lanciare un suo movimento per pescare voti al di fuori del bacino tradizionale dell’Ulivo. Il volto tirato del Cancelliere Kern, ospite oggi di un talk-show della Tv pubblica ORF, è esemplificativo dello stato d’animo in cui versano i socialisti austriaci: messi alla porta dopo aver giocato tutte le carte possibili (la linea dura sull’immigrazione con Faymann, uno stile di governo più dialogante con il tecnico Kern), devono ora riorganizzarsi alla svelta per un ritorno alle urne inaspettato e potenzialmente punitivo. Per non parlare del rischio dell’ingresso nel prossimo governo dell’estrema destra di Heinz-Christian Strache (la FPÖ è ad oggi il primo partito nei sondaggi), progetto che Kurz non nasconde di accarezzare per riconsegnare di nuovo la Cancelleria nelle mani dei Popolari.

Dal futuro politico di Germania e Austria dipende anche il contesto nel quale dovrà muoversi l’Italia nei prossimi mesi. Non a caso l’ex Ambasciatore d’Italia in Germania, Michele Valensise, ha scritto qualche giorno sul quotidiano Il Foglio che nel clima post-elettorale che si creerà a Berlino dopo la probabile riconferma di Angela Merkel ci sarà spazio, oltre che per un rapporto privilegiato con la Francia di Emmanuel Macron, anche per un rafforzamento delle relazioni con Roma. Al di là del Brennero la situazione potrebbe invece diventare più fosca: se a strappare la Cancelleria ai socialdemocratici sarà una riedizione della coalizione nero-blu dei tempi di Jorg Haider (con lo spregiudicato Kurz al posto dell’allora leader dei Popolari Schüssel) temi come la gestione dei flussi migratori potrebbero diventare motivi di scontro tra i due lati delle Alpi, come accaduto durante la temporanea chiusura delle frontiere decisa lo scorso anno dall’allora Cancelliere Faymann. Forse il sospiro di sollievo seguito alla mancata conquista della Presidenza della Repubblica da parte della destra nazionalista è stato prematuro. Tra pochi mesi i compagni di partito del candidato sconfitto Norbert Hofer potrebbero essere Ministri del nuovo Governo, o addirittura ambire alla Cancelleria.

 

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