Partiti e politici
impressioni sul voto: saltare dalla finestra
All’alba delle quattro del mattino, dopo aver ascoltato le ultime proiezioni di voto, mi sorgono spontanee alcune considerazioni.
Si è ripetuto lo schema del 2013: invitati a mangiare un’altra volta la minestra delle larghe intese perché “il Paese è a rischio”, gli elettori italiani hanno scelto di saltare dalla finestra del voto di protesta (M5S e Lega). Il Partito Democratico ha ripetuto l’errore di un anno fa: ha trasformato le elezioni in un derby, stavolta tra il “sistema” (europeista come la Bonino, governista come Gentiloni, tradizionalista come la Lorenzin) e l’ “anti-sistema” incarnato da Salvini e Di Maio. Renzi &co pensavano che la maggioranza degli italiani avrebbe scelto la conservazione; invece, in questo modo hanno incentivato il “voto utile” a scardinare il sistema, cioè quello contro di loro.
Alcune liste “estreme”, decisamente anti-sistema, non sono riuscite a entrare in Parlamento forse proprio perché penalizzate dal “voto utile” a favore dei partiti più grandi; ma la loro presenza, sia a destra che a sinistra, testimonia che Lega e M5S potrebbero presto cedere il loro ruolo a qualcun altro.
La lista di Liberi e Uguali, al netto di diversi errori politici e di comunicazione, è soprattutto rimasta schiacciata in questa dinamica binaria, perché non era allineata né su un fronte, né sull’altro: non era né per la stabilità, né per la “rivoluzione”; era innovativa, ma con alcuni esponenti politici “storici”; è apparsa ondivaga, disposta ad allearsi con tutti e con nessuno. Ha lavorato insomma in una logica proporzionale, che per certi versi era quella corretta (in effetti il Rosatellum è per due terzi proporzionale e le coalizioni dei collegi uninominali erano del tutto farlocche), ma non era quella che stava passando nella “narrazione” politica generale.
L’affluenza dell’ultimo minuto, che come sempre ha stravolto i pronostici della vigilia, è comunque una buona notizia: significa che il “gioco democratico” torna ad essere attraente per elettori che se ne erano allontanati. Questo impegna chi fa politica a non “sedersi sugli allori” dell’elettorato che vota “per inerzia”, ma a imparare a conquistarsi la fiducia di persone che vogliono messaggi chiari, coerenti, concreti.
Nella destra c’è una prevalenza della componente leghista, ma a me ciò sembra dovuto da un lato alla carica anti-sistema di cui sopra, dall’altro alla stanchezza della componente berlusconiana. Lo spazio per un centrodestra moderno, “alla Macron”, potrebbe esserci ma ha bisogno di nuovi protagonisti: la parte meno estremista della Lega, i centristi più dinamici, una parte del Pd (ho però i miei dubbi che a Renzi riesca di diventarne il leader).
Per i Cinque Stelle è vitale adesso evitare una lunga palude, un interregno di reggenza di Gentiloni in cui il partito più votato si arrovella per eleggere i due Presidenti delle Camere, per formare le commissioni parlamentari e mettere insieme una maggioranza – insomma il bis delle figuracce della Raggi ai suoi esordi. Questo impone loro di scegliere velocemente a chi rivolgersi: a destra o a sinistra? Lanciare un appello a tutti e vederlo cadere nel vuoto sarebbe un modo per preservare la solita “purezza”, ma anche una dimostrazione plateale di impotenza che probabilmente non possono più permettersi. Capiremo quindi finalmente da quale parte pende la bilancia pentastellata: sarà un momento di chiarezza fondamentale per i tanti elettori di tutte le provenienze che li hanno votati.
Se invece i Cinque Stelle non riusciranno a superare le loro contraddizioni, ne seguirà una paralisi davvero devastante (anche un governo di “tutti gli altri”, dalla Lega a LeU, sarebbe paralisi, perchè le distanze politiche sono troppo grandi per fare altro che tirare a campare); allora il voto del quattro marzo si rivelerebbe un vero salto dalla finestra, perchè l’Italia non può indugiare in un immobilismo che diventerebbe cancrena.
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