Partiti e politici

Il vero Gentiloni nella lettera agli elettori: Renzi sfregiato col silenzio

27 Febbraio 2018

Qualche giorno fa, dal Cairo, a proposito di Paolo Gentiloni un uccellino mi soffiava al telefono un venticello malizioso: “Dai un occhio ai santini elettorali, dicono che abbia evitato qualsiasi riferimento a Renzi e al simbolo del Pd”. David Sassoli, vice presidente del Parlamento europeo, se la rideva, richiamando vecchie scorribande comuni ai tempi gloriosissimi del “Giorno”, che ancora oggi autorizzano, con un vecchio amico, qualche sapida presa per i fondelli. Con un richiamino lieve eppur preciso, il mio potente amico sollecitava alla riflessione: ma quanto potrà essere indigesto il segretario del Partito Democratico a quella parte che il Pd l’ha davvero fondato e che ancora l’altro giorno, al teatro Eliseo, ha richiamato la mozione degli affetti con il buon padre di famiglia Walter Veltroni?

Nulla di ciò che ascolti, che ti viene raccontato, che viene rimodellato per via cattivista, può essere efficace come la durissima realtà. Esattamente quella che ritrovi nella casella della posta e che prende la forma di lettera ufficiale ai cittadini elettori di PAOLO GENTILONI, CANDIDATO AL COLLEGIO UNINOMINALE LAZIO 1. Partiamo dalla fine, che per Matteo Renzi è terribile, anche considerando la bonomia con la quale l’attuale presidente del Consiglio ha sempre trattato, nelle occasioni pubbliche, il suo predecessore. Egli non viene mai (mai) citato, e se non fosse che l’educazione di Paolo Gentiloni Silveri è universalmente riconosciuta e apprezzata, qui saremmo nei pressi di uno sfregio personale di rara intensità. Uno sfregio istituzionale davvero gratuito, un marcare una differenza profonda, segnalare uno scollamento umano e professionale, che mal s’attaglia con quello stare “tutti insieme appassionatamente” che è stato il mantra di questo periodo finale che ci ha portato fino al fatidico 4 marzo.

Come avete letto, dunque, Matteo Renzi è escluso dalla narrazione gentiloniana di questo delicatissimo tempo elettorale. È come una rimozione cercata e voluta, neppure troppo dolorosa, è considerato un corpo estraneo sopportato, Gentiloni capisce perfettamente che richiamarsi a quel passato può essere persino controproducente per la sua corsa elettorale. Nella sua lettera, che potete leggere, in diversi passaggi avrebbe potuto attribuire a Renzi almeno il rispetto istituzionale che gli è dovuto, Invece nulla. Per esempio, quando ricorda che «da oltre un anno ho la responsabilità di guidare questo Governo. È una grande responsabilità – scrive il premier – oltre che un onore. Ho cercato di svolgere questo incarico nel modo migliore possibile, senza risparmiare mai le mie forze. Di una cosa sono soddisfatto: l’Italia sta lasciandosi alle spalle la crisi più grande del dopoguerra». Quale passaggio migliore per raccontare di un testimone raccolto da un compagno di partito – l’attuale segretario – riconoscendone i meriti? Invece niente, muto come Bernardo, il servitore di Zorro.

Ma tutta la lettera ai cittadini/elettori è una rimozione renziana. E del Pd renziano. Perché è francamente incomprensibile la scelta di non evidenziare neppure il simbolo del partito, quando è del tutto evidente che quella è e sarà comunque la casa comune anche dopo il 4 marzo. O si spera, nel profondo dell’animo, in un risultato così doloroso da rimettere tutto in discussione, a cominciare dalla segreteria? Renzi, sull’onda di un 4 dicembre storico, ha già detto che non schioderà, dovesse anche piovere a dirotto. Le parole che Gentiloni spende per questo nuovo Pd sono così poche e forzate, che persino in quelle poche parla del vecchio, rivendicandone una primazia: «La mia scelta politica, da anni, è con il centrosinistra. Dieci anni fa sono stato uno dei fondatori del Partito Democratico….» Stop, sul Pd null’altro.
Questa lettera agli elettori, al di là del suo valore intrinseco, proietta lunghe ombre sul futuro. Fa presagire uno scontro, prelude al sangue politico che probabilmente scorrerà nel Pd. Mai Paolo Gentiloni era stato così esplicito nella sua vita politica, rimanendo in silenzio.

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