Partiti e politici

Il vero dilemma. Verso le elezioni legislative del 2018

22 Dicembre 2017

Negli anni della Guerra Fredda, lo scrittore spagnolo Max Aub scrisse dal suo esilio un interessante articolo intitolato «El falso dilema» [1]. In quell’occasione, Aub evidenziava come in realtà il mondo uscito dalla II Guerra Mondiale e polarizzato in due fazioni contrastanti era molto più complesso di come appariva. Ne conseguiva che il dilemma tra blocco comunista e blocco atlantico era, in realtà, un inganno e che un intellettuale poteva e doveva perseguire una posizione diversa; difenderla pubblicamente affinché l’opinione pubblica la notasse e la sposasse. Max Aub non era così ingenuo da pensare che uno scrittore, o un gruppo di scrittori, potesse muovere le masse. Ma sì che sapeva che il suo dovere era comunque provarci.

Nel mondo partorito dalla disgregazione dell’Unione Sovietica, poi, una strada alternativa al capitalismo e al neo-liberismo deregolamentato sembrava essere rappresentato da una terza via socialdemocratica che, per un periodo breve, è stata molto più che una realtà. Stiamo parlando dei governi di Helmut Kohl in Germania, Tony Blair nel Regno Unito, José Luis Rodríguez Zapatero in Spagna e, in parte, Romano Prodi in Italia. Declinata in maniera diversa a seconda della latitudine, la terza via socialdemocratica sembrava poter dare nuova linfa vitale al socialismo europeo adattandolo ai tempi. Ma non avevamo fatto i conti con la crisi economica del 2008 che ne dimostrò tutta la fragilità e i cui postumi sono ancora lontani dall’essere digeriti.

Ho fatto questa breve introduzione perché, a pochi mesi dalle prossime elezioni, molti cittadini italiani sono di fronte a un altro dilemma che, a differenza di quello di Max Aub e in maniera molto più tragica, non è per nulla falso. Se lo scrittore spagnolo aveva trovato nella socialdemocrazia una valida alternativa allo schema semplificato dei due blocchi, alternativa che vedeva delle applicazioni pratiche in giro per il mondo ma su cui gli intellettuali tendevano a non insistere, oggi molti cittadini italiani si vedono di fronte a un dilemma la cui soluzione appare tutt’altro che semplice. La domanda che una buona parte di noi si pone è tanto semplice quanto complicata è la sua risposta: chi votare?

Lo scenario politico italiano attuale sembra polarizzato su tre posizioni di maggioranza relativa: il Centrodestra unito, il Movimento 5 Stelle e il PD. Questi tre schieramenti sono quelli che hanno potenzialità elettorali al di sopra del 20% e, quindi, possono ambire a governare o ad essere forza di governo. Ma andiamo per ordine inverso.

Il PD sembra ancora lontano dall’uscire da un crisi d’identità che, in realtà, è la sua reale condizione esistenziale. Non si è mai ben capito se si tratti di un partito socialdemocratico, quindi apertamente di sinistra; o di un partito cattolico tendente a sinistra, una specie di correntone democristiano sulla rive gauche. Negli ultimi anni, poi, all’ambiguità ideologica si è aggiunta anche la forte personalizzazione dell’apparato che rispecchia in tutto e per tutto il suo segretario Matteo Renzi. Ciò che lascia perplessi del PD è l’assenza di una linea politica precisa e l’ostinazione a considerarsi un partito di sinistra in virtù della presenza di alcuni ex membri del PCI-PDS-DS come Piero Fassino e Matteo Orfini. Con un colpo a destra in materia economica (Jobs Act) e uno a sinistra in materia di diritti umani (unioni civili, biotestamento e il quasi Ius Soli), il PD è una forza potenzialmente maggioritaria, ma vaga. E con alleati, negli ultimi anni di legislatura, inaccettabili per un elettore di sinistra, come il centro di Alfano o i fuoriusciti da Forza Italia di Verdini. Insomma, il Partito Democratico dà l’idea di essere come Roma, che a un certo punto concedeva la cittadinanza a tutti purché riconoscessero l’Imperatore come Sovrano e Divinità.

Il Movimento 5 Stelle, invece, rappresenta una proposta politica molto concreta anche se debole dal punto di vista ideologico, per non dire ambigua. Forte del suo “né a destra né a sinistra”, ma in realtà trasversale, raccogliendo voti un po’ dappertutto, basa il suo discorso politico su pochi e iper semplificati punti: l’onestà, la trasparenza, un antieuropeismo viscerale e la guerra giurata alla casta. Il 14 novembre 2017, ospite a Di Martedì, Alessandro Di Battista dichiarava che il Movimento in questa legislatura ha dimostrato estrema coerenza, decidendo provvedimento su provvedimento la propria linea in base al programma presentato agli elettori. Una buona forza d’opposizione che ha dimostrato di essere molto meno immune al malaffare di quanto pensava e che, per assurdo, ha lo stesso difetto del PD, difetto che le impedisce di decollare: l’indeterminatezza ideologica (e una buona virata a destra). Mi spiego: si può essere post-ideologici, ma si devono avere delle basi di partenza. Che le ideologie classiche siano finite lo diceva già il filosofo spagnolo Francisco Ayala negli anni ‘70 [2], quindi Beppe Grillo non ha scoperto nulla né il suo discorso politico è così originale. Ma ciò non toglie che ci siano una serie di principi che guidano le nostre azioni e che si rifanno a una visione del mondo. Facciamo un esempio. Nel momento in cui si promette una legge che stabilisca un contributo welfare basato sulla cittadinanza (il famoso reddito di cittadinanza) e non sul lavoro (un ammortizzatore garantito a tutti coloro che restano senza lavoro senza distinzione di nazionalità) si sta promettendo una legge che è il risultato di una visione del mondo di destra, basata su un principio nazionalista, chiuso, e non una legge scaturita da una visione del mondo di sinistra, universale, basata sulla dignità del lavoro e del lavoratore, che poi fa parte di una famiglia. E la famiglia, indipendentemente dalla nazionalità dei suoi membri, è il cuore stesso della società italiana. Gli esempi sarebbero innumerevoli e non ultimo il recente voto contrario, questa volta a Strasburgo, sulla legge europea che cambierebbe le regole d’accoglienza e transito dei migranti, migliorando e sveltendo le pratiche di richiesta d’asilo, adducendo che la legge ha dei difetti. Ma la legge ideale non esiste, ogni provvedimento, ogni disegno di legge è per forza di cose frutto di un compromesso e scontenta in parte tutti. Ciò che conta è fare un passo avanti, poi che sia la mia falcata o quella di Usain Bolt ha un’importanza relativa.

Infine il Centrodestra, e qui devo fare una confessione di sincera invidia nei confronti dei suoi elettori. Loro, infatti, hanno la fortuna di avere una casa, un luogo, un punto sulla scheda elettorale su cui mettere la croce. E ce n’è per tutte le sfumature della destra: dal populismo pseudo-fascista leghista al liberismo nostrano di Forza Italia passando per i nostalgici del ventennio di Fratelli d’Italia. È una destra, meno centrista di quella delle elezioni del 2001 e 2006, ma è una destra vera con un programma di destra in tutti i settori. Trasparente perfino laddove sarebbe meglio non esserlo. Ecco, forse l’asse Berlusconi-Meloni-Salvini rappresenta la proposta elettorale più concreta dell’attuale panorama politico italiano. E non è un caso se sono in testa in tutti i sondaggi, seppur senza una maggioranza assoluta.

Rispetto all’inizio dell’articolo devo quindi correggermi. Il dilemma riguarda una sola tipologia di elettore, che è l’elettore di sinistra, socialdemocratico, con una forte vocazione per il sociale, il lavoro e l’uguaglianza. Senza considerare il PD, e dopo la retromarcia di Pisapia, resta una “cosa” alla sua sinistra, avvolta da una nebbia che non permette di distinguerne nettamente i contorni: il ‘movimento’, o l’aggregazione, Liberi e Uguali con alla testa Pietro Grasso. La novità a sinistra non è rappresentata da un insieme di idee comuni, proposte da mettere in campo per migliorare il Paese, ma da un ex magistrato di 72 anni, che è l’attuale Presidente del Senato. Al di là della stima e dell’ammirazione che si può provare nei confronti di chi ha lavorato al fianco di Falcone e Borsellino, ho la strana sensazione che quando mi arriverà la scheda elettorale a casa (risiedo all’estero) avrò di fronte a me un gran bel dilemma da risolvere.

 

[1] Max Aub. «El falso dilema». Hablo como hombre. Segorbe: Fundación Max Aub, 2002.

[2] Francisco Ayala. «El ocaso de las ideologías». España, a la fecha. Madrid: Tecnos, 1977.

Immagine di copertina: fotogramma del film Gli Onorevoli (fonte: wikipedia.org)

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