Partiti e politici
Il tempo di Renzi, Salvini e Di Maio al cospetto del giovane Moro
Oggi sul “Corriere della Sera” Ernesto Galli della Loggia, con un editoriale di eccellente fattura, si poneva un quesito: il valore dei nostri leaders politici non è confacente al ruolo cui essi aspirano (Tre leader frutto dei tempi, Corriere della Sera del 9/5/2018).
Argomentava che dei tre, Salvini, Di Maio e Renzi solo quest’ultimo è laureato e nessuno tuttavia, prima dell’impegno politico, ha mai lavorato.
La politica può essere anche una professione, diceva Max Weber, ma comunque è un approdo di un processo culturale complesso, irto di difficoltà e sintesi di buone letture che richiamano conoscenze necessarie, soprattutto del pensiero della filosofia o di strutture di metodo scientifico che diano coordinate comportamentali.
Si può essere anche non laureati, ma c’è la rigorosa necessità di apprendere, soprattutto in ambito politico, quello che sia accaduto prima, di come si è giunti ad un dato risultato, quale sia stato il processo informatore dell’evento e per questo bisogna avere e possedere cultura.
Specularmente a Renzi, Salvini e Di Maio, il giovane Moro, di cui oggi ricorre il quarantennale della morte, si laureava a 23 anni ed assumeva prima la docenza universitaria di filosofia del diritto e di diritto penale poi.
I suoi studi lo portarono a diventare uno dei più giovani deputati dell’Assemblea Costituente ed a far parte della Commissione dei 75: Togliatti lo definì architetto della Carta Costituzionale e quando lui parlava ne erano affascinati Dossetti e Calamandrei.
Salvini e Renzi andavano in televisione partecipando come concorrenti a particolari trasmissioni (il primo al Pranzo è servito di Corrado, il secondo alla Ruota della fortuna di Bongiorno) ed apprendevano il linguaggio insulso della Comunicazione, fatto di frasi ad effetto,possibilmente di immagini a fumetti, di slogan e costituito da un periodo massimo di due frasi.
Renzi nasce come rottamatore ed ha portato il partito Democratico,alla sua più becera mutazione genetica, al punto che anche il mite Veltroni non sa che cosa abbia di sinistra il partito di Berlinguer.
Salvini ha cavalcato l’onda demagogica partecipando a tutte le trasmissioni televisive che avevano questo verbo: si ricordi quella di Paolo Del Debbio, Quinta Colonna.
Gli esperti di comunicazione e di flussi elettorali di Forza Italia si sono resi conto che hanno “pasciuto” il nemico in casa ed hanno giustamente bandito tutte le trasmissioni della medesima fatta: vedi anche quella di Maurizio Belpietro.
Di Maio non sa cosa volere e si comporta come il peggior doroteo: sembra di uscire dalla migliore scuola democristiana, perchè non ha un disegno ed un progetto e nemmeno lo sa illustrare, se non attraverso proclami della peggiore olocrazia.
Scrive Della Loggia: “Per i nostri tre leader le forme del comunicare sembrano di gran lunga più importanti dei contenuti. Evidentemente assistere da vicino alla performance di uno showman come Mike Bongiorno, mettere piede nel fascinoso mondo della tv o avere a che fare tutti i giorni con i like ed i vaffa, sono cose che lasciano il segno”.
Moro utilizzava il congiuntivo, come un visionario e tracciava disegni e progetti: gli attuali guitti si affidano alle slide. Questo passa il convento.
Ma meritiamo questa classe politica?
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