Partiti e politici
Il referendum in Catalogna nella nuova geografica della crisi
Il referendum per l’indipendenza della Catalogna è solo l’ultimo sintomo di un diffuso malcontento sociale che si manifesta in diversi modi in Europa e negli Stati Uniti, ma presenta una caratteristica comune e nuova: nasce nei territori, invece che nelle fabbriche o nelle università. La recente crisi finanziaria non ha colpito la società in modo trasversale e obliquo, bensì in verticale. E così non è una classe ad essere travolta, né un particolare settore o industria, né una regione specifica. La crisi ha dispiegato i suoi effetti dall’alto verso il basso e i suoi effetti si sono propagati come un frattale (un fenomeno che presenta le medesime caratteristiche a diverse scale di grandezza) all’interno di ogni paese, di ogni regione, di ogni città.
Entra quindi in crisi la geografia degli attuali stati, e i relativi sistemi economici, assetti istituzionali e identitari. Se la dimensione geografica entra in crisi, inevitabilmente, si rimettono in discussione le caratteristiche che la disegnano: i confini dei paesi e delle regioni, le relative competenze, e le identità.
E’ questo il filo rosso che collega la conformazione territoriale del voto di Trump e Brexit, le nuove spinte autonomiste in Scozia, i prossimi referendum in Lombardia e Veneto, e la vicenda attuale in Spagna; ma anche le recenti prese di posizione di alcune città americane che hanno deciso di ratificare il protocollo di Parigi sul clima nonostante il dissenso dell’Amministrazione Trump. E’ il punto di arrivo di decenni di accumulazione di diseguaglianze che hanno ridisegnato i territori, creando cluster mlto diversei tra di loro: la classe creativa delle città contrapposta alla segregazione ai margini delle stesse (vedi il fenomeno delle banlieue francesi), le regioni de-industrializzate contrapposte e quelle dell’alta tecnologia.
La pesante recessione ha messo a nudo le contraddizioni del modello, facendo esplodere le difficoltà di governare non più un territorio con una popolazione eterogenea al suo interno, ma tanti territori diversi e in competizione tra di loro, che le politiche nazionali non riescono ad affrontare nella loro necessaria sintesi. Ecco allora le tensioni di chi si sente dimenticato, trascurato, o peggio svantaggiato dagli interventi nazionali e sovra-nazionali, come nel caso del governo federale americano e dell’Unione Europea. Ma anche di chi vuole liberarsi di vincoli esterni per poter sfruttare appieno le proprie diversità e peculiarità, come nel caso della Catalogna, del Veneto e della Lombardia.
Dobbiamo abituarci all’idea di un crescente malcontento che nasce dai luoghi che si esprime attraverso diversi canali: voto populista e astensione, richiesta di maggiore autonomia dai governi centrali, o indipendenza da questi. La nuova politica di welfare dovrà tenere conto di questa nuova geografia che rischia di trasformarsi in una geografica del malcontento generalizzato ma mutevole, sempre meno gestibile con gli strumenti e le logiche tradizionali.
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