Partiti e politici

Il più popolare contro il meno popolare

16 Gennaio 2021

“Non si può mandare via da Palazzo Chigi l’uomo più popolare del paese per fare un favore a quello più impopolare.” Parole di Massimo D’Alema, riferite ovviamente a Conte e Renzi. Come tutti i concetti piuttosto astratti, è complicato misurare la “popolarità” di qualcuno o di qualcosa, di un uomo politico o di un partito. È una sorta di mix tra il livello di conoscenza e il gradimento: per essere popolare una persona deve essere molto conosciuta e contemporaneamente molto apprezzata. Hitler ad esempio è certamente molto noto ma non si può certo dire che sia molto amato, almeno oggi, anche se in Germania negli anni Trenta si poteva considerare molto popolare presso una fetta considerevole della popolazione.

Tradizionalmente, per misurare la popolarità di un uomo politico si chiede dunque agli intervistati se lo conoscono e, se il suo livello di conoscenza supera una certa soglia (diciamo, l’80%), quanto lo apprezzano, su una scala da 1 a 10, come in pagella. Poi, di solito, si considera come indice di popolarità la quota di giudizi positivi (dunque da 6 a 10). È una sorta di convenzione, che come tutte le convenzioni non è detto sia del tutto corretta. Se un fidanzato chiede alla fidanzata quanto lo apprezza, ottenendone un misero 6, è probabile non sia molto felice, ma tant’è; per la classe politica, che sappiamo avere un livello di fiducia molto basso, superiore soltanto ai Rom, si fa un’eccezione, tenendo in considerazione tutti i voti che servono per venir promossi.

Ma torniamo ai nostri due uomini: Giuseppe Conte e Matteo Renzi, secondo le ultime rilevazioni Ipsos, hanno un livello di popolarità rispettivamente del 50-55% e del 10-15%. Tra i leader noti ad una vasta maggioranza della popolazione, sono dunque effettivamente l’uomo politico più popolare e quello meno popolare, come giustamente sottolineava D’Alema.

Tralasciando ovviamente l’orientamento di voto, chi sono quelli che li apprezzano maggiormente? In quali fasce socio-demografiche si trovano i loro sostenitori più convinti?

Intanto, una piccola scoperta: Conte ha più appeal in chi si considera di sinistra o centro-sinistra, mentre Renzi raddoppia i suoi consensi tra chi si dichiara di centro. C’è poi un tratto che curiosamente li accomuna: entrambi godono di maggior fiducia relativa tra i giovani, gli studenti e, in parte, tra le casalinghe. Ma mentre Conte regge bene in tutte le fasce occupazionali, Renzi appare nettamente sottostimato tra i lavoratori di qualsiasi tipo, e in particolare tra gli operai e gli autonomi, dove soltanto il 5% si fida di lui.

Dal punto di vista territoriale, l’attuale premier gode di maggior favore nelle aree centro-meridionali del paese, mentre Renzi è più amato in Umbria e Toscana e, forse perché “nemico dichiarato” dello stesso Conte, nel Veneto leghista, dove la fiducia in lui aumenta di 4-5 punti percentuali. Due dati infine mi paiono particolarmente interessanti per il leader di Italia viva: la sua popolarità risulta significativamente più elevata nei cattolici praticanti, assidui (+15%) e tra chi si informa politicamente non seguendo i media o i social, ma parlandone con amici e parenti (+18%), una sorta di “echo chamber” offline.

Università degli Studi di Milano

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