Partiti e politici
Il piano B di Renzi: se vince il No, un Matteo-bis per rilanciare l’economia
Uno degli ultimi gossip vede Matteo Renzi dimissionario questa settimana, prima del referendum. Il sussurro arriva da Renato Brunetta, che ne ha parlato qualche giorno fa con alcuni deputati azzurri nel Transatlantico di Montecitorio. “Me l’hanno detto i parlamentari del Pd”, ha raccontato il capogruppo di Forza Italia ai suoi sbigottiti interlocutori. Fantapolitica. A meno di una settimana dal voto sul referendum costituzionale, nei corridoi del Palazzo le voci sul dopo si rincorrono e si accavallano come marosi in tempesta. Con qualche intervento esterno, come il nuovo “unfit” giunto dall’Economist e il suo endorsement per il No con suggerimento di governo tecnico. Ma se prima sembrava sullo sfondo, da qualche giorno ha ripreso fiato l’ipotesi di un Renzi bis, politico, con rimpasto, per arrivare alla fine della legislatura. Vediamo, dunque, tutte le ipotesi in campo, con l’orecchio bene a terra per ascoltare il tam tam che si diffonde da Montecitorio a Palazzo Madama, fino a Palazzo Chigi. Sgombrando subito il campo dalla vittoria del Sì: in questo caso il governo Renzi ne uscirà più forte che prìa e proseguirà baldanzoso fino al 2018, magari con qualche ritocco ministeriale per rafforzare la squadra. Concentriamoci, dunque, sull’ipotesi della vittoria del No.
Negli ultimi giorni, dicevamo, ha ripreso quota l’ipotesi di un Renzi bis. Il premier, però, ha messo bene in chiaro che non sarà disponibile a guidare “governicchi”. Ciò significa che Renzi, nel caso, vorrà un mandato pieno: un esecutivo politico forte, con radicali cambi nella squadra (qui Matteo potrà levarsi di torno ministri sgraditi come Marianna Madia e Stefania Giannini), con un preciso programma politico di tre o quattro riforme da portare a casa e la nuova legge elettorale, dato che l’Italicum risulterà obsoleto. Naturalmente è un’ipotesi dettata dalla mancanza di alternative e dalla volontà di evitare un governo tecnico. Con un Renzi bis potrebbe tornare in gioco anche Forza Italia. Berlusconi l’ha già detto: se vince il No ci siederemo al tavolo per decidere il da farsi. Così potrebbe nascere un nuovo esecutivo allargato a Forza Italia (un Nazareno 2), che cercherà di condurre senza troppi scossoni il Paese alle urne nel 2018. A rafforzare questa ipotesi il fatto che, anche dopo il voto, l’unica maggioranza possibile in Parlamento è quella attuale (Forza Italia sarebbe aggiuntiva). L’ex Cav ci starebbe? “Berlusconi avrebbe tutto da guadagnare, il suo appeal da statista ne guadagnerebbe e marginalizzerebbe il ruolo dei centristi di Alfano”, spiega una fonte bene informata di Forza Italia. Del resto, per Silvio “Renzi è l’unico vero leader sulla piazza”. A parte se stesso, ovviamente.
Questa stessa maggioranza potrebbe però optare anche per scelte diverse. In primo luogo un governo istituzionale: Sergio Mattarella, infatti, potrebbe incaricare Pietro Grasso o Piercarlo Padoan. Si tratterebbe di un esecutivo di alto profilo, con anche qualche ministro tecnico (Mario Monti?), con l’obbiettivo di rifare la legge elettorale, mettere in agenda qualche riforma e portare il Paese al voto a scadenza di legislatura. E’ una soluzione, però, che, nonostante l’Economist e forse proprio per quello, sta perdendo quota col passare delle ore, anche perché non c’è un Giorgio Napolitano che, da dietro le quinte, tenga le fila e porti per mano l’eventuale premier, come accadde col governo Monti. Insomma, dall’opinione pubblica sarebbe vissuto come un esecutivo dell’establishment pilotato da Bruxelles, con un gradimento popolare davvero molto basso.
La terza ipotesi è che l’attuale maggioranza dia la fiducia a un esecutivo politico di transizione: i nomi che si fanno sono Dario Franceschini, Andrea Orlando e Carlo Calenda. Questo permetterebbe a Renzi di concentrarsi sul Pd, vincere il congresso e ripresentarsi alle prossime elezioni come candidato premier con le mani libere da impegni governativi. Questo scenario, però, racchiude un duplice rischio per Matteo: l’avanzare di una figura a lui alternativa e un suo logoramento dovuto al fatto di “essere soltanto il segretario del Pd”. Insomma, l’ex sindaco di Firenze rischia di ritrovarsi coltivarsi un nemico in casa e restare con un pugno di mosche in mano. Senza contare che molti renziani della seconda e terza ora ci metterebbero assai poco a cambiare cavallo e rivolgere altrove i propri amorevoli consensi. “Le correnti del Pd sono tutte in subbuglio: bersaniani, area dem, giovani turchi, cuperliani, lettiani. Se Renzi perde si riapre tutto anche nel partito e al congresso ci divertiremo”, raccontano i sussurri dei deputati piddini. Proprio nelle ultime ore è avanzata un’appendice a questa ipotesi: un esecutivo guidato da Graziano Delrio, che farebbe le veci di Renzi e ad esso resterebbe molto legato. Ma la sostanza rispetto alle considerazioni precedenti non cambia: l’ex sindaco rischierebbe di veder crescere un nemico in casa.
Infine, la quarta ipotesi è quella di andare subito alle urne: incarico a un nuovo governo di scopo (Renzi o altri) che rifaccia la legge elettorale per andare al voto nella primavera del 2017.
Questi scenari si giocano molto intorno a due diagonali: quello che riterrà conveniente Renzi per sé e quanto Mattarella sia disposto ad assecondarlo. Gli ultimi boatos raccontano di un premier che, in caso di sconfitta, preferirebbe comunque restare a Palazzo Chigi per tentare di rilanciarsi, concentrando tutta la sua attenzione sull’azione di governo e sulle misure economiche. Sicuro che, ancora oggi, a lui non c’è alternativa. E Mattarella, in caso di vittoria del No e di un Renzi dimissionario, non potrebbe negargli un primo mandato esplorativo per formare un nuovo governo con l’attuale maggioranza.
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