Partiti e politici
Il Pd? Un brand bruciato. Richetti si può ancora salvare ma dica tutto
Mesi di incontri, di correntismo critico al grido di Harambee. Mesi di autocritica dura, spietata almeno a parole, di dibattiti a mo’ di scout in sperduti Comuni della montagna. Mesi di cene tra fidatissimi e di sfoghi alla ‘basta lascio tutto’ nelle chat con amministratori-fan più o meno interessati. Mesi di sorrisi falsi o veri poco importa e di diete per non scalfire il fascino del bel ragazzo di parrocchia. Mesi di richiami evangelici e retorica commovente con famiglia al seguito gettata in pasto ai social. Mesi di assenze strategiche e di parole contro. Parole che sono costate anche isolamento all’interno del suo partito (ne è testimonianza il mancato invito alla Festa dell’Unità modenese). Il senatore modenese del Pd Matteo Richetti ci sta provando. A parlare, a ricostruire su macerie. A dire che esiste una alternativa al demenziale uno vale uno grillino e all’insensato prima gli italiani di Salvini. E a modo suo è uno dei pochi a provarci nel Pd e va detto.
Ma poi basta una foto a demolire tutto. Una foto con il vecchio Walter Veltroni, il padre del Pd, per cancellare il lavoro di mesi. Per far capire come il Pd oggi sia un brand che invece di catalizzare voti li respinge. Un partito antipatico, odioso, che rende odiosi anche i suoi esponenti più carismatici.
E’ così a livello nazionale e a livello locale.
I commenti sui social sono impietosi. Veltroni è visto come il male assoluto. Paga un prezzo ben superiore alle sue colpe, Veltroni. Ma così è. Paga per il Pd che tutti, ma proprio tutti odiano. Se non gli ultimi fedelissimi Pd stessi. Spesso fedelissimi interessati per le ultime pastoie rimaste, per gli ultimi interessi economici da portare a casa. E l’odio per Veltroni si diffonde come un’edera a chi gli sta vicino. Compreso Richetti il bello, l’unico (forse) a non essersi bruciato nel delirio renziano.
Ma se una foto basta a cancellare tutto quanto costruito in questi mesi da Richetti, allora forse è tempo davvero di cancellarlo il Pd. Di fare una autocritica basata su nomi e cognomi.
Ancora: a livello nazionale e a livello locale.
E se Richetti davvero vuole ripartire dal territorio, faccia una critica soprattutto locale.
Una autocritica che racconti di come a Modena il Pd abbia retto un Sistema odioso, in un intreccio perverso tra mondo imprenditoriale amico, partito e istituzioni, un Sistema che ha escluso una intera fetta di economia locale. Partendo dai nomi, quelli che si possono fare dicendo la verità.
Dica Richetti del ruolo determinante avuto per anni dal suo compagno e amico plurincaricato Massimo Giusti all’interno della Fondazione Crmo, dica del ruolo del commercialista delle coop Domenico Trombone, dica di quanto pesano le coop nell’informazione locale, compresa quella tv che censurò per anni chi, come Emilio Sabattini, votò la costruzione di un supermercato Esselunga a Soliera e che, dopo aver allontanato Mario Zucchelli, ha ancora come direttore della Tv il suo più volte intervistatore Ettore Tazzioli. Dica Richetti del ruolo giocato nell’economia modenese e nel Pd nazionale dalla Piacentini costruzioni di Dino Piacentini. Solo per fare qualche esempio. Racconti degli incarichi concessi da enti Pd a Enza Rando, leader di una antimafia che va salvata da tutto questo. A tutti i costi. Racconti Richetti della spartizione di poltrone e nomine tra mondo ex Ds e ex Margherita e degli appalti a senso unico. Racconti del modo in cui la banca Bper ha contribuito a reggere il Sistema per anni (41 milioni il credito con la Quadrifoglio Modena spa prima dell’intervento della Cassa depositi prestiti, circa 15 milioni con Cna per anni guidata da Maurizio Torreggiani). Sa tutto Richetti, lo racconti.
Perchè se il Pd è antipatico oggi i motivi sono questi, locali. E poi racconti anche quelli nazionali. In qualche modo simili, più grandi ma simili.
Dica tutto, prima che tutto crolli. Il momento è questo.
Potrebbe essere conveniente. Ancor prima che coraggioso.
Giuseppe Leonelli – La Pressa
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