Partiti e politici

Il Pd nelle grinfie di Conte

20 Gennaio 2021

Le passioni di parte – siano essi amori o odi – rendono, troppo spesso, poco lucidi i protagonisti della scena politica pubblica e portano a commettere errori marchiani.

Il riferimento è all’attuale dirigenza del Partito Democratico e alle sue scelte seguite alla crisi apertasi con il ritiro, certamente non inatteso visto che era da tempo dell’aria, di Matteo Renzi e del suo “Italia Viva” dalla coalizione di governo. Una crisi apparentemente risolta col risicato voto d’Aula – al senato la fiducia al governo è passata con 156 voti alcuni dei quali raccogliticci – che ha confermato la coalizione giallorossa sconfiggendo le ipotesi di un governo di scopo o del ricorso alle urne.

Diciamo subito che il PD, facendo ponti d’oro all’uscita di Renzi dalla coalizione e confermando la fiducia a Conte, non si è accorto di correre verso un suo forte ridimensionamento elettorale e di consegnarsi alla sua componente post-comunista, snaturando l’idea di partito pluralista, dalla quale era nato.

Non si è infatti accorto che il problema era ed è il ruolo del presidente Conte, del suo rafforzamento progressivo come leader, del suo radicamento elettorale che la visibilità gli ha offerto. Condizioni che costituiranno una fenomenale capacità di attrazione dei moderati  in una futura formazione che, a bocce ferme, non potrebbe avere risultato peggiore di quello che ottenne Mario Monti con “Scelta Civica” nel non tanto lontano 2013.

Il partito di Conte, che certamente è già in corso di costruzione, qualunque sarà la sua denominazione, si collocherà infatti al centro e risucchierà quei consensi e quelle risorse che, oggi, fanno fatica a stare dentro un partito egemonizzato dalla componente post-comunista, che continua a guardare al passato piuttosto che, come sarebbe giusto, in avanti.

Piuttosto, infatti, che cogliere l’occasione per operare un chiarimento necessario per spezzare il disegno del cosiddetto “avvocato del popolo” come ama definirsi il presidente del consiglio, il Pd si è infatti attestato, sbagliando obiettivo, sulla difesa acritica del governo mettendoci del suo nell’alimentare la campagna di odio che si è, in questi giorni, moltiplicata , e parafraso un titolo di Curzio Malaparte, contro il “maledetto toscano”.

Non sappiamo come andranno le cose prima del fatidico inizio del semestre bianco – di sicuro ci troviamo di fronte ad un governo estremamente debole e soggetto a ricatti – certo è che un Pd autolesionista, rioccupato da ingombranti dinosauri come D’Alema e Bersani, sta offrendo oggi, forse senza accorgersene, un contributo non indifferente per alzare, e parafraso un fortunato titolo di un romanzo di Ferdinando Camon, “un altare” a un Giuseppe Conte che si è dimostrato uomo di grande furbizia e spregiudicato bluffatore.

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