Partiti e politici
Il PD, il più grande disastro intellettuale di questi anni
La crisi, lo smarrimento e finanche lo squilibrio depressivo del PD ha avuto luogo anni addietro, allorquando la sua dirigenza scelse di rappresentare un partito di sistema, mandando a farsi benedire la storia e la tradizione comunista di una grossa fetta di lavoratori, e diventando il principale interprete delle privatizzazioni, della negazione dello stato sociale mediante l’introduzione di schifezze strategiche come la cancellazione dell’articolo 18 e il soffocamento civile delle leggi Minniti. Lo sbocco innaturale e la definitiva trasformazione in qualcosa di estraneo a ogni logica corrispondente a una cultura di sinistra si ebbe con Renzi, che spogliò il PD di ogni pretesa intellettuale in nome e per conto di un vago e dissennato liberismo. Il segno di scarsa incidenza culturale che ancora oggi ne caratterizza la linea di condotta è presente anche nelle dichiarazioni del suo segretario dimissionario, Nicola Zingaretti, che definisce il partito alla maniera di uno sciatto populista: “Il partito delle poltrone”. Quanta pezzenteria intellettuale! Nella denuncia del buon uomo vi è tutta la sua inadeguatezza per il ruolo che ha fin qui ricoperto. Vi è soltanto l’impulso grezzo e immediato dell’accusa banale, che avrebbe fatto venir la nausea a un filosofo esigente come Marcuse, convinto com’era che l’evolversi di un ragionamento conveniente, soprattutto laddove occorre stigmatizzare, va affidato alla ragione e non all’istinto. Ma, tant’è, Il Pd stava a Zingaretti come Zingaretti sta all’inutilità di questa politica. Oh, l’equazione non fa una grinza!
Si aggiunga che il governo Draghi ha finito per rendere superfluo il ruolo sistemico del PD, in quanto il medesimo sistema è stato chiamato a governare in maniera diretta. Con lo stordimento del PD, è finita l’epoca, dunque, dell’utilizzo dei partiti come strumento al servizio di un potere superiore. Che ridere, tutti gli osservatori concentrati sull’implosione del M5S, quando, sotto i propri occhi è avvenuta anche quella, ben più grave e sintomatica, del PD! Per forza, i critici che ci ritroviamo preferivano la facile lettura offerta dai grillini, scontata e inequivocabile. Quale modesto olfatto canile non avrebbe annusato l’adagiamento finale e risolutivo del pentastellati in un partito di “ordinamento” e di “struttura”? Ma, pochi, davvero pochi, e tra quei pochi il modesto scrivente, hanno evidenziato, in precedenza, come il PD non avesse ragione di esistere se non per la realizzazione della sua classe dirigente, che, legata da un filo diretto alla finanza mondiale, resta del tutto autonoma e totalmente distante da una base incredula e smarrita, ma mai interamente consenziente. Quando si è dovuto far fronte alla elezioni si è votato PD otturandosi il naso, o dandosi un pizzico sula pancia. Da anni, il PD non viene preferito, ma scelto per esclusione, in un ventaglio di offerte politiche scadenti e demoralizzanti. Alla fine, chi si è prestato a questo gioco ha finalmente scoperto che il naso otturato e la pancia pizzicata rappresentavano l’ideale gestualità dell’elettore feticista, non una scelta pienamente consapevole e ragionata.
A voler essere seri, onesti e coerenti con quello che si pensa, bisogna rimarcare che la crisi del PD, al di là del colossale disastro intellettuale che esprime, ripropone la necessità di uscire dall’andamento politico che ha portato il paese allo stato attuale di depressione. Siamo di fronte a un falso teatro tra gli schieramenti opposti, che, non a caso, oggi, governano insieme. Occorrerebbe una valida alternativa a questo schema desolante, sconveniente e penalizzante, che protegga dai mercati la vita delle persone e la natura. Fuor di metafora: un criterio di deselezione, a vantaggio di un ambito composto dai soliti notabili, sembra reggere il meccanismo che modella la vita pubblica del paese, facendone un laboratorio dilettantistico di acritici pensatori, disarmanti strateghi, impersonali dirigenti. Al suo interno, in tutti i comparti, dalla politica alla cultura, dalle arti alla comunicazione, mancano anime e menti in grado di rappresentare una larga fetta della popolazione, diventata ipercritica e cresciuta a dismisura rispetto al suo apice, sprofondato, ormai, in una sorta di sonnambulismo intellettuale che ha del grottesco. E, non meraviglia più di tanto che la sinistra italiana, quasi a compimento di un percorso perverso e deleterio, sia ridotta, ormai, a un residuo persuasivo di resistenza al cambiamento. Quanta tristezza e delusione nel constatare che una forza sentimentale e ideologica, originariamente proiettata verso i diritti e le esigenze delle masse, si ritragga, oggi, in un frangente storico quanto mai delicato, di fronte alla naturale possibilità di interpretare, responsabilmente, l’insofferenza popolare tanto tangibile, preferendo fungere da deterrente alla voglia massiccia di neutralizzare il sistema politico dominante e mettendosi di traverso sulla strada dell’innovazione. C’è così poca differenza sostanziale tra le diverse componenti dello schieramento politico, che penso siano maturi i tempi per farne un solo partito nazionale. Chi vuoi si scandalizzerebbe? Povera patria! Così, per dire.
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