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Il PD di Renzi è “In Cammino”, ma verso dove?
Lo slogan scelto da Matteo Renzi per il prossimo congresso del PD rischia di acuire una ferita già piuttosto profonda tra gli elettori del principale partito del centrosinistra
Nemmeno il tempo di deciderlo e il congresso del PD – et voilà – è alle porte. Anzi, è già cominciato, come si evince dai segnali che compaiono con sempre maggiore frequenza sui social network.
Il primo a mettere le carte in tavola è stato, ovviamente, Matteo Renzi. L’ex Premier ha scelto l’hashtag #incammino, che verosimilmente sarà il suo slogan congressuale a partire dall’appuntamento del 10 marzo al Lingotto.
Oltre alla tempistica, è decisamente degna di nota anche la scelta di merito, perché “In Cammino” non solo è uno slogan davvero poco originale (in Rete si trovano vari esempi di utilizzo anche da misconosciuti candidati locali), ma soprattutto perché è il titolo del notiziario che accomuna diverse parrocchie sparse per il Bel Paese.
Come si spiega una scelta di questo tipo, così divisiva nei confronti dell’eterogenea base del PD? Perché, proprio mentre ii democratici si spaccano, Renzi occhieggia in modo così evidente a una delle due componenti che dieci anni fa diedero vita al partito?
Ingenerosamente, Renzi è accusato dai suoi detrattori di pensare solo agli slogan e non alla sostanza. Sicuramente, è un politico molto attento alla comunicazione e lo ha ampiamente dimostrato con le sue precedenti scelte, ben più efficaci. Appare quindi fuorviante pensare ad un caso di distrazione di massa tra i suoi numerosi consulenti e collaboratori.
Se fosse davvero una posizione meditata, la si potrebbe interpretare in due modi: o l’ex Segretario ha rinunciato all’idea di convincere chi proviene da una tradizione di sinistra, oppure dà la sua vittoria come un fatto talmente scontato da indurlo ad anticipare un cambio di passo per il futuro prossimo del partito.
Lo capiremo meglio quando si entrerà nel vivo della discussione sui contenuti delle diverse mozioni.
Per il momento, entrambe le ipotesi paiono preludere ad una forte discontinuità nel confronti del passato e, al contrario di quella vecchia canzone di Zucchero, è difficile prevedere cosa possa salvare il PD da un cambiamento che rischia di essere così brusco da diventare traumatico.
E non certo solo a causa delle scelte lessicali di Renzi, ma anche e soprattutto per le stucchevoli vicende di una diaspora le cui reali motivazioni paiono distanti anni luce dalle reali esigenze del popolo che il PD si propone di rappresentare.
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