Partiti e politici

Il paradosso dell’Italicum

29 Dicembre 2015

Tra gli addetti ai lavori se ne discute ancora, fino agli sgoccioli del 2015, e certamente ancora nei prossimi anni. La nuova legge elettorale italiana è tornata prepotentemente alla ribalta, dopo l’ambiguo risultato delle consultazioni spagnole. Lo so, non è materia che appassioni più di tanto i cittadini italiani, né gli stessi lettori degli Stati Generali. Ma è importante, perché è dalla sua applicazione, alle politiche che si terranno probabilmente nel 2018, che dipenderanno le sorti del nostro paese. L’interessante articolo pubblicato da Luca Ricolfi, sul numero di domenica scorsa del Sole24ore, cerca di mettere ordine sugli stretti legami tra trasformazione dei partiti, scelte elettorali e modalità di voto. E giunge ad una sorprendente conclusione: che l’Italicum funzionerebbe egregiamente in Spagna, ma non sarebbe al contrario particolarmente adatto alla nostra Italia.

Vediamo di capire il perché. L’argomentazione di Ricolfi parte dall’analisi del mutamento dei poli tradizionali (centro-destra vs centro-sinistra), cui si aggiunge quello pro/contro UE, articolato in versioni più nazionalistiche (Le Pen, Salvini) ovvero più “anti-tecnocratiche“ (Tsipras, M5s). In Spagna questo ha prodotto un ridimensionamento del bipolarismo, che oggi vale poco meno del 50%, ed un incremento delle forze non-tradizionali (Podemos e Ciudadanos). Queste ultime, peraltro, hanno un posizionamento abbastanza chiaro sull’asse sinistra-destra; in caso di ballottaggio tra popolari e socialisti, dunque, è altamente probabile che si riformerebbero i consueti schieramenti, con l’elettorato di Podemos più vicino ai socialisti, e quello di Ciudadanos più vicino ai popolari. In Spagna quindi un sistema di voto come l’Italicum sarebbe molto utile e solo parzialmente distorsivo della volontà popolare.

Il caso italiano, al contrario, appare altamente dissimile: da noi gli schieramenti principali sono tre, i classici centro-destra e centro-sinistra cui si aggiunge una forza non riconducibile a quell’asse politico. I 5 stelle sono una forza anti-Europa e rappresentano di fatto un terzo polo autonomo. Da qui il paradosso dell’Italicum: se ipotizziamo una lista di centro-destra unitaria, tutti e 3 i poli dovrebbero avere un livello di consensi abbastanza simile. Diciamo: Pd in prima posizione e M5s e centro-destra a giocarsi il secondo posto, per ora. Se il ballottaggio sarà tra Pd e M5s, gli ultimi sondaggi indicano una probabile vittoria del movimento di Grillo (appoggiato da elettori di centro-destra); se sarà tra Pd e centro-destra, la vittoria più probabile sarà per il Pd.

Dove sta il paradosso? Nel fatto che, ci dice Ricolfi, il vincitore delle prossime elezioni dipenderà sostanzialmente non dalla performance del primo arrivato, ma da quella manciata di voti che separano le forze che si giocano la seconda posizione. Il governo futuro viene quindi di fatto deciso dalla lotta per il secondo posto. Questo il maleficio dell’Italicum. Argomentazione stringente, che non si può non condividere.

Però. Facciamo un passo laterale. Cosa succederebbe se, al posto dell’Italicum, avessimo un altro sistema di voto? Con un proporzionale standard, non ci potrebbe essere alcun governo, con tre formazioni che si dividono il 90% circa dei voti, più o meno equamente. Con un maggioritario di collegio, anche a doppio turno, le probabilità che i tre poli si spartiscano equamente i collegi è anch’essa molto alta. In tutti i casi, avremmo un parlamento ingovernabile: non ci sarebbe alcuna maggioranza reale, se non attraverso strani apparentamenti, di cui l’unico possibile sarebbe quello tra centro-destra e centro-sinistra, vista la irriducibilità del Movimento 5 stelle.

Certo, la volontà popolare sarebbe rispettata appieno, ma il paese se ne starebbe immobile, aspettando che i gusti degli elettori cambino, orientandosi in maniera diversa. Se i cittadini scelgono tre poli quantitativamente simili, cosa è giusto fare? La risposta non c’è. Quanto meno, con l’Italicum avremmo un governo stabile. So che non è abbastanza, ma l’alternativa non c’è, allo stato dei fatti. Che dite, ci accontentiamo?

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