
Partiti e politici
Il paradosso della sinistra tra Tesla e FIAT – Dalla rivoluzione alla borghesia elettrica
Dal sogno operaio alla borghesia elettrica: la rivoluzione senza il popolo
L’acquisto di una Tesla da parte di Nicola Fratoianni, leader di Sinistra Italiana, e di sua moglie ha scatenato un’ondata di critiche e ironie, culminate nell’articolo moralista di Massimo Gramellini. Il punto non è il semplice possesso di un’auto elettrica, ma l’implosione di un’intera narrazione politica.
Chi per decenni ha predicato la transizione ecologica, nel momento in cui ne diventa protagonista, subisce il linciaggio pubblico. Da una parte, la stampa di centrodestra lo accusa di incoerenza. Dall’altra, gli stessi compagni di area lo vedono come un traditore, un rivoluzionario che ha ceduto al capitale. Il vero problema non è la Tesla, ma il fatto che Fratoianni e sua moglie si affrettano a dissociarsi dalla scelta, giurando di voler vendere l’auto perché prodotta da Elon Musk, definito “pazzo” e “nazista”. Nel frattempo, la moglie del politico non si indigna per la polemica sulla loro incoerenza, ma per l’uso del termine “fighetta” con cui la stampa l’ha etichettata.
Ma il vero punto della questione è un altro. Non è scandaloso che un politico di sinistra acquisti una Tesla. È scandaloso che la transizione ecologica sia un lusso per pochi.
L’Unione Europea ha stabilito che dal 2035 non si potranno più vendere nuove auto a benzina e diesel. Ma oggi, una Tesla costa oltre 50.000 euro, fuori dalla portata di un operaio o di un giovane lavoratore. Negli anni ‘50, una Fiat 500 costava quanto 10 stipendi operai. Oggi, un’auto elettrica ne richiede tra 30 e 50. Se il futuro dell’automobile è elettrico, allora la domanda non è “perché un politico di sinistra compra una Tesla?”, ma “perché non tutti possono permettersela?”
La verità è che la transizione ecologica ha il sapore amaro di una rivoluzione che si compie senza il popolo, ma sulla pelle del popolo. L’auto elettrica è il nuovo feticcio di una borghesia progressista che parla di futuro ma ignora il presente.
Dalla Fiat alla Tesla: la disfatta della rivoluzione
Negli anni ‘50, l’Italia viveva una contraddizione esplosiva. Da un lato, il boom economico stava trasformando il Paese, permettendo agli operai di accedere alla proprietà privata. Dall’altro, nelle fabbriche si combatteva una guerra silenziosa tra capitale e lavoro. La FIAT, simbolo della rinascita industriale, fu il campo di battaglia di questa frattura. Da una parte, l’azienda produceva auto accessibili, come la Fiat 600 (1955) e la Fiat 500 (1957), portando la motorizzazione di massa nelle case di tutti. Dall’altra, nelle sue officine praticava una repressione feroce, isolando gli operai sindacalizzati nei famigerati reparti confino.
Valletta e la FIAT reazionaria
La FIAT dell’epoca era nelle mani di Vittorio Valletta, un uomo che, più che un industriale, fu un politico senza scranno, un ministro occulto dell’Italia conservatrice. Tra il 1952 e il 1957, l’azienda istituì i reparti confino, luoghi di isolamento per i lavoratori “scomodi”, in particolare quelli iscritti alla CGIL e ai partiti di sinistra.
L’Officina Sussidiaria Ricambi (OSR), ribattezzata dagli operai “Officina Stella Rossa”, divenne il simbolo di questa strategia repressiva. Chi finiva nei reparti confino veniva privato di ogni possibilità di avanzamento, costretto a lavori ripetitivi e dimensionanti, spinto alle dimissioni con metodi sottili ma implacabili. Valletta, appoggiato dalla Democrazia Cristiana e dagli apparati statali, perseguiva un obiettivo chiaro. Espellere l’influenza comunista dalle fabbriche per garantire alla FIAT una pace sociale imposta dall’alto.
La vittoria del capitalismo
Ma mentre la FIAT perseguitava i suoi operai, il miracolo economico italiano li trasformava. Nel 1955 nasce la Fiat 600, nel 1957 arriva la Fiat 500. Per la prima volta, gli operai possono permettersi un’automobile, simbolo di emancipazione. La classe lavoratrice non sogna più la rivoluzione, ma il garage sotto casa.
E non solo. Negli stessi anni, gli operai iniziano ad acquistare case di proprietà. Nascono le prime cooperative edilizie, gli alloggi popolari vengono abbandonati a favore di appartamenti acquistati a rate.
Questa è la sconfitta definitiva del dogma comunista. L’abolizione della proprietà privata non interessa agli operai. Vogliono possedere un’auto, una casa, costruire un futuro per i propri figli dentro il sistema, non contro di esso.
Tesla, FIAT e il sogno che non c’è più
Negli anni ‘50, la classe operaia rifiutò il comunismo e scelse la FIAT. Oggi, la sinistra radicale predica la transizione ecologica e poi si vergogna quando ne diventa protagonista.
La Tesla è il simbolo di questo nuovo scollamento tra ideologia e realtà. L’auto che dovrebbe incarnare la rivoluzione verde è un privilegio per ricchi, mentre il lavoratore medio è lasciato indietro.
La storia si ripete. Dove c’era la Fiat 500, oggi c’è la Tesla Model 3. Dove c’erano gli operai che compravano casa, oggi ci sono giovani che non possono nemmeno pagare un affitto.
Il capitalismo ha vinto ancora, ma stavolta non ha nemmeno dovuto combattere. La sinistra ha perso da sola.
Devi fare login per commentare
Accedi