Partiti e politici
Il NO stravince tra chi non conosce la riforma costituzionale
Secondo appuntamento settimanale, in avvicinamento al voto referendario del 4 dicembre, in cui cerco di rendere conto dello stato delle cose sulle tendenze di voto. Settimana scorsa abbiamo visto come sia fondamentale il “fattore partecipazione” sugli esiti finali della consultazione: un’alta astensione favorisce il SI, mentre una bassa astensione favorisce il NO. Quanti sono allora, attualmente, quelli che sono sicuri di recarsi alle urne?
Le stime presentate da alcuni istituti di ricerca non paiono del tutto verosimili, visto che si ipotizza un’affluenza vicina a quella che si registrerebbe in caso di elezioni politiche. Nel 2013 aveva votato circa il 75% degli italiani, mentre se si votasse oggi per il rinnovo del parlamento andrebbe circa il 70%. Impossibile quindi che al referendum vada una quota intorno al 65% degli italiani, come viene ipotizzato da qualcuno.
Secondo altre stime più credibili, oggi l’elettorato si dividerebbe in tre fasce: quelli sicuri di partecipare al referendum (il 39%), quelli incerti se partecipare o meno (il 23%) e quelli certi di non andare alle urne (il restante 38%). Vediamo di capire allora come sono fatti i primi due tipi di italiani, quelli che ci importano di più.
Tra i sicuri di partecipare, la battaglia tra il SI ed il NO è molto aspra: il SI è di poco sotto il 35%, il NO è di poco sopra il 35%, mentre il restante 30% non ha ancora deciso la propria scelta di voto. Una competizione serrata, come si vede, dove decisiva sarà la scelta di quel 30% di elettori che andranno sicuramente alle urne, ma ancora non hanno preso la propria decisione su quale parte appoggiare.
Tra coloro la cui partecipazione è invece incerta, le cose cambiano radicalmente. I NO prevalgono in maniera massiccia, sopravanzando i SI di almeno 15-20 punti percentuali, e confermando di fatto quanto si diceva la scorsa settimana: più votano, più il NO ne trae un vantaggio competitivo.
Ma ancora più interessante è l’analisi che si può effettuare prendendo in considerazione il livello di conoscenza della riforma elettorale che, come ho sottolineato, appare piuttosto bassino: soltanto poco più del 10-12% degli elettori si ritiene infatti ben informato sui quesiti, mentre un ulteriore 55% dichiara di conoscerne i contenuti soltanto “a grandi linee”.
Ebbene, tra chi conosce bene la riforma, la scelta tra NO e SI appare di nuovo in bilico, più o meno come tra chi è sicuro di andare a votare. Ma il dato più stupefacente riguarda coloro che la riforma la conoscono poco: una maggioranza nettissima tra loro (oltre il 60%) dichiara infatti che voterebbe NO, mentre solo il 30% propende per il SI.
Un dato che, ancora una volta, ci dimostra come la capacità comunicativa del governo sia altamente deficitaria. Così come era accaduto mesi fa per l’Italicum, pare che lo “storytelling” di Renzi non funzioni proprio: i cittadini italiani si mostrano infatti, quasi “a prescindere”, in netto disaccordo con le sue principali iniziative. Quando non le conoscono adeguatamente nel merito, non hanno dubbi e si dichiarano apertamente contrari. Per il governo, sarebbe probabilmente utile un’adeguata riflessione su questa costante alterità della popolazione nei suoi confronti.
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